Serenella Ravioli*

La regola del Kiss

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Gestire la comunicazione istituzionale in momenti di crisi è un lavoro complesso che ha i suoi rischi. Alcune regole ne garantiscono tempestività e semplicità

La comunicazione in stato di crisi è argomento di grande attualità. Esiste da tempo una sorta di scienza dell’organizzazione denominata crisis management che studia in sintesi la previsione, la programmazione, la comunicazione, la gestione del durante e del dopo crisi.
Comunicare in stato di crisi o comunicare situazioni d’emergenza non è raro per il ministero dell’Interno; anzi al Viminale è piuttosto frequente fronteggiare situazioni urgenti che richiedono uno sforzo di comunicazione particolare ed organizzato. Basti pensare a tutte le questioni che riguardano la sicurezza pubblica e più in generale la difesa civile; agli attentati terroristici, ai fenomeni di violenza nel calcio, ai terremoti, alle alluvioni, agli incendi.
Tenuto presente ciò, è facile comprendere quanto sia necessario ed insieme strategico mettere in relazione il mondo dei soggetti responsabili e operativi dell’emergenza con l’universo della comunicazione.
Al pari di quanto avviene da anni nelle organizzazioni aziendali complesse anche il settore pubblico dovrebbe portare a compimento quanto già intrapreso in materia per organizzare non solo uffici di comunicazione e di media relation, ma anche unità operative dedicate alla gestione dell’informazione nei momenti topici, magari all’interno di strutture particolarmente attrezzate, quali le unità di crisi, le task force o le cabine di regia. In sintesi, in tutti quei casi nei quali si rende necessario un rapporto integrato e sinergico tra l’attività dei tecnici, gestori delle emergenze, e quella dei professionisti della comunicazione istituzionale, sarebbe auspicabile la creazione di una struttura anche temporanea ad hoc, leggera e “libera” dalla tradizionale organizzazione gerarchica delle grandi strutture, specialmente nel settore pubblico.
Entrando nel dettaglio, quando sorge un problema (che può essere rappresentato dalla banale uscita di una notizia che compromette l’immagine dell’ente, fino alla diffusione di informazioni che scatenano il panico fra la popolazione) vi sono alcuni elementi da tenere presenti per fare della corretta ed utile comunicazione. Utile, ovviamente, è un aggettivo che useremo con una accezione diversa da quella della comunicazione normale o pubblicitaria.
In ambito istituzionale, quindi nell’ambito della pubblica amministrazione, vi è – o almeno dovrebbe esserci – una connotazione etica della informazione e della diffusione della conoscenza, basata sul fatto che il destinatario finale non è il “cliente”; non si tratta di convincere un potenziale compratore a scegliere un certo prodotto piuttosto che un altro. Si tratta invece di arrivare al cittadino per dargli notizie obiettive su fatti che potrebbero avere una più o meno grave incidenza sulla vita quotidiana, presente e futura.
Nelle circostanze più critiche la comunicazione, secondo i manuali di crisis management, deve essere: organizzata; tempestiva; pertinente; consapevole; aggiornata; centralizzata; trasparente; rivolta all’interno e all’esterno; diretta ai media prima che sul sito; aperta all’ascolto.
Sull’organizzazione: la prima “regola” da tenere a mente è che “la comunicazione in stato di crisi non si può improvvisare”. Ovvero per parafrasare due personaggi che hanno fatto la storia del XX secolo (Winston Churchill e Lenin) “nessun problema può essere risolto congelandolo” e “rinviare non è eliminare”.
Per comunicare l’emer

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01/03/2010