Umberto Galimberti

Malattia

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Intermedia tra la vita e la morte, la malattia diventa ogni giorno di più l’oggetto specifico del sapere medico, per il quale ogni evento morboso ha una “causa”, un “decorso”, un “esito”, e mai un “senso”. E questo perché lo sguardo medico non legge nel corpo del malato una biografia ma solo una patologia, dove la soggettività del paziente scompare dietro l’oggettività di segni sintomatici, che non rinviano a un ambiente, a un modo di vivere, a una serie di abitudini contratte, ma a un quadro clinico, dove le differenze individuali, che si ripercuotono nell’evoluzione della malattia, scompaiono in quella grammatica dei sintomi con cui il medico classifica le entità morbose, come il botanico le piante.
Espropriato della sua malattia, che nonostante tutto è pur sempre un modo con cui, in circostanze sfavorevoli, un corpo cerca di sopravvivere, il malato si trova letteralmente “nelle mani del medico” che, agendo come funzionario della scienza, ignora il corpo perché conosce solo l’organismo. Ridotto a

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01/02/2010