Gianluca Picardi

A caccia di pirati

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Viaggio nel mondo di chi scarica illegalmente materiale audiovisivo dalla Rete. Il ruolo e l’attività di contrasto della Postale per colpire i vertici della piramide

Cinquecentotrenta milioni di euro. Un dato, approssimato per difetto ma scritto per esteso, che provoca sicuramente attenzione e curiosità. Non è il solito numero che, leggendolo, passa quasi inosservato per tornare poi nella “freddezza” del computo matematico e statistico. A lettere resta più impresso e certamente lo resta ancor di più quando al numero viene affiancata la dicitura “fatturato perso dall’industria italiana dell’audiovisivo a causa della pirateria informatica”. Una cifra impressionante, come del resto lo sono sia i 320 milioni di euro “fatturati” da chi vende copie pirata dei film sia i 250mila posti di lavoro a rischio nell’industria cinematografica del nostro Paese.
Questi sono i dati emersi da uno studio affidato dalla Fapav (Federazione anti pirateria audiovisiva, vedi box pag. 13) all’istituto demoscopico Ipsos nell’aprile dello scorso anno. Uno studio approfondito del fenomeno pirateria, i cui risultati sono di certo allarmanti. Ma è necessario fare un passo indietro e cercare di capire che cosa si intende per “pirateria audiovisiva”.

Mp3 e DivX: inizia la rivoluzione
La storia può sicuramente partire dal 1999, anno in cui Shawn Fanning, uno studente americano di 19 anni, ispirato da un suo compagno di college sempre alla ricerca di canzoni da “scaricare” da Internet, passando nottate a scrivere righe di codice, inventò Napster. Il programma ideato da Fanning permetteva di ricercare in maniera molto semplice ed intuitiva canzoni o video presenti su vari server in Rete.
È però necessario introdurre un altro elemento per poter capire a fondo la vera e propria rivoluzione che Napster creò all’interno del mondo musicale, ossia l’avvento dell’ormai arcinoto mp3. Acronimo di Mpeg-1 audio layer 3, l’mp3 tecnicamente è un algoritmo di compressione audio creato per ridurre le dimensioni di un file. Ossia, per i meno avvezzi al linguaggio informatico, l’mp3 permette di inserire su un normale cd musicale più di un centinaio di canzoni, a fronte delle 11-15 tracce presenti solitamente sui dischi comprati in negozio. Inoltre, dopo aver rielaborato (in gergo “rippato”) le tracce di un cd con un apposito programma, è possibile (a seconda delle capacità in gigabyte dei lettori di file in formato mp3) portarsi appresso, come con un vecchio Walkman, addirittura intere discografie di autori che, fino a qualche anno fa, occupavano nelle nostre case interi scaffali pieni di dischi, cassette e cd. Ecco perché si può parlare di una vera e propria rivoluzione. Una rivoluzione che, secondo i “puristi” del suono, va a scapito della qualità musicale: infatti rippare una traccia in formato mp3, dovendone ridurre necessariamente le dimensioni, porta come conseguenza il “taglio” di alcune frequenze che, comunque, all’orecchio del consumatore “medio” non sono praticamente udibili.
Stesso discorso può essere fatto per i film; infatti anche per questi ultimi esiste la possibilità di ridurne le dimensioni e di registrarne più di uno su un dvd, tramite il formato divx, equivalente per il video dell’mp3 musicale.
L’invenzione di Napster fruttò al giovane Fanning la copertina di molte riviste specializzate, ma anche, nel 2001, una sentenza emessa da un tribunale statunitense che lo condannava ad un risarcimento danni, a favore delle case discografiche, di ben 26 milioni di dollari e di 10 milioni per le royalties future. Per poter far fronte alle multe inflittegli, Fanning chiuse Napster facendone un sito a pagamento. Si pensava così di stroncare definitivamente la pirateria musicale, invece fu solo il preludio di “una nuova era” per i corsari della Rete. Nacquero decine di altri software che, sulla scia di Napster, permettevano (e tuttora permettono) di scambiarsi via Internet file musicali, film, programmi per computer, videogiochi e qualsiasi cosa possa essere salvata su un pc.

Non solo peer to peer
A monte di questi software c’è dunque il concetto di “scambio alla pari” tra i vari utenti in Rete, ossia il peer to peer, che mette a disposizione di tutti coloro che si connettono tramite un programma (il più famoso è E-Mule, ma ne esistono a centinaia) una porzione del proprio hard disk in cui sono memorizzati i file che si vogliono condividere con la comunità.
Ma quello dello “scambio alla pari” su Internet è solo una delle vie attraverso le quali si attua la pirateria audiovisiva che, infatti, può essere divisa in tre principali forme: digitale, fisica ed indiretta.
La prima a sua volta si può dividere in altre sottocategorie: il peer to peer, di cui abbiamo già parlato, il download (ossia la possibilità di scaricare direttamente da siti dedicati senza passare attraverso un software), lo streaming (musica o film completi visti in tempo reale sul pc senza doverne salvare i file sul proprio hard disk) e le copie digitali (ovvero film interi ricevuti in formato digitale su memory card, chiavette usb, hard disk portatili o masterizzati).
La seconda categoria, ossia quella definita come “fisica”, comprende l’acquisto di cd/dvd contraffatti da estranei (ad esempio per strada su una bancarella) oppure da amici, colleghi, parenti eccetera.
L’ultima tipologia di pirateria, forse la meno conosciuta, è quella “indiretta”, ossia l’aver ricevuto in prestito da terzi un dvd/cd pirata, ma anche la visione di un film, per esempio, a casa di amici che in precedenza lo avevano copiato, scaricato dalla Rete o acquistato.
Dallo studio commissionato dalla Fapav all’Ipsos risulta che più del 30% degli intervistati nell’ultimo anno preso in considerazione è entrato in contatto con film piratati. All’interno di questo campione, il 17% ha acquistato dvd contraffatti, il 21% ha scaricato materiale da Internet ed il 24% è entrato in contatto con quella che abbiamo definito “pirateria indiretta”. Dati che saltano subito all’occhio, come anche il fatto che il 32% degli intervistati ha dichiarato di aver praticato sia la pirateria diretta (fisica+digitale) che quella indiretta, e che nel campo dell’audiovisivo sono state ben 355 milioni le visioni di materiale illecito, di cui circa 60 milioni provenienti dall’acquisto di materiale contraffatto.
Un altro dato che desta stupore e curiosità è che, con una percentuale che oscilla tra il 20 ed il 25%, molti dei film “scaricati” dal Web entrano nel circuito del peer to peer ancor prima di uscire nelle sale cinematografiche. In questo caso si parla soprattutto di film stranieri sottotitolati con cura nella nostra lingua. Celebre è rimasto il caso di un famoso film d’azione che, addirittura, non aveva passato ancora la fase di postproduzione e di applicazione degli effetti speciali, e tuttavia era già disponibile su Internet. O ancora, come ha recentemente raccontato l’attore Carlo Verdone, ospite al programma di Fabio Fazio Chetempochefa, che ha trovato in Rete il suo ultimo film ancor prima che uscisse nei cinema. Cosa che spesso succede anche in campo musicale dove molti artisti (celebre fu il caso degli U2) vedono lanciato il proprio lavoro prima in Rete e poi nei negozi.

L’allarme arriva da Oltreoceano
Un danno enorme quindi per le principali major discografiche e cinematografiche, soprattutto quelle d’Oltreoceano (più di 20 miliardi di dollari è l’ammontare dei danni provocati a livello mondiale dai pirati del Web), che vedono nell’Italia allo stesso tempo sia un mercato cui non si può rinunciare sia uno dei Paesi in cui la pirateria audiovisiva è più radicata: dato che è confermato da un’indagine Eurispes, secondo cui il 25% degli italiani che hanno accesso ad Internet “scaricano” sistematicamente.
Le major discografiche e cinematografiche sono corse ai ripari inserendo nei cd e nei dvd delle protezioni per evitare che i propri film o dischi venissero rippati e immessi in Rete. Ma, come succede per l’antidoping nel campo dello sport, i pirati non si sono fatti trovare impreparati e, tramite nuovi software di decodifica, sono riusciti a scardinare quella che, secondo gli autori, sarebbe dovuta essere una sorta di porta blindata. È comunque necessario ricordare che scaricare ed immettere materiale pirata in Rete è un reato (vedi box pag. 10) e lo è ancor più se, per farlo, viene violato un software di protezione.

Un reato poco “sentito”
Appunto, si dice, è un reato. Chi non ricorda lo spot che va in onda prima della proiezione di un film al cinema che recita più o meno così: «Ruberesti mai un’automobile? Allora perché scarichi i film da Internet? Anche questo è un furto. Ricordalo!». Bisogna obiettivamente dire che lo spot non ha trovato molto seguito, anzi basta fare una ricerca su Youtube inserendo la chiave “Spot antipirateria” per ricavarne centinaia di parodie girate soprattutto dai ragazzi.
E purtroppo è proprio questo il problema. Come risulta dallo studio dell’Ipsos, a fronte di un 65% degli intervistati che dichiara di sapere che, in tutte le sue forme, la pirateria è un reato previsto nel codice penale, la maggior parte di chi scarica file pirata da Internet continua a farlo perché dice di non percepirlo come tale.
Ma anche tra chi non usufruisce di prodotti piratati risulta esserci una certa tolleranza nei confronti di chi lo fa. Non stigmatizzando il download illegale, ma dicendo solamente che non risponde al proprio modo di concepire l’esperienza della visione di un film essi, puntano quindi su una motivazione più legata alla qualità del prodotto che alla percezione, alla considerazione e alla condanna dell’illegalità.

Quando è legale?
Il problema della pirateria sicuramente nasce a monte ed è legato soprattutto ai costi che sostiene chi acquista o noleggia un prodotto audiovisivo. Infatti non tutti possono permettersi di acquistare un cd a 20 euro o un dvd a più di 30. E poi c’è chi (e sono una minoranza) ritiene Internet uno spazio libero in cui ogni azione sia legittima. A questo problema si è cercato di ovviare in campo musicale con il download legale a pagamento da siti specializzati (il più famoso è ITunes) che permette all’utente della Rete di scaricare, con una spesa esigua, solo le canzoni che interessano di più (e di una qualità audio nettamente superiore ai file che si trovano nei circuiti di file sharing), avendo anche la possibilità di ascoltarle prima di acquistarle dal Web, con il vantaggio di poter registrare delle compilation di più artisti senza dover incorrere in una sanzione penale. Certo, il gusto di andare in un negozio di dischi e di “toccare con mano” ciò che si vuole comprare si è perso, a vantaggio, però, della comodità (potendolo fare dal proprio computer a casa) e dei costi.

Il contrasto della Postale
Comunque, nonostante questa possibilità, il mercato “parallelo” dell’audiovisivo resta più che florido ed a contrastarlo sono proprio le forze dell’ordine che mettono in campo i propri esperti, come quelli della polizia postale che, ogni giorno, combattono, per propria competenza, i reati commessi sul Web, con le mille difficoltà che implica la Rete.
«Infatti, spesso i file sono contenuti in server residenti in Paesi dove è carente, se non del tutto inesistente, una legislazione in materia di pirateria informatica – dice Sabrina Castelluzzo, vice questore aggiunto del Servizio polizia postale – ma a volte riusciamo ad intervenire e a chiudere alcuni siti, soprattutto italiani che linkano (ossia costituiscono un collegamento, ndr) altri siti sui server dei quali è residente il materiale». Inoltre la legge italiana prevede sanzioni di natura penale ancora più pesanti quando il reato è compiuto con fine di lucro, come nel caso di chi, intestatario di un certo sito web, ospiti sul suo sito link con altre pagine web. «In un caso specifico – continua il funzionario della Postale – abbiamo individuato il fine di lucro di un sito nel fatto che l’owner del dominio (la persona fisica intestataria del sito, ndr) traesse profitto dalla pubblicità postata sulla sua pagina e visionata dagli utenti che vi si collegavano per scaricare del materiale».
Sono sempre i numeri, comunque, a parlare chiaro. Solo nel 2009 nel campo della tutela del diritto d’autore (che oltre a video e audio ricomprende anche software, pay tv, videogiochi ed opere letterarie), la polizia postale ha compiuto ben 2.199 monitoraggi sulla Rete, denunciando 30 persone ed elevando contravvenzioni per un importo di quasi 350mila euro. Numeri che sono indice di una certa strategia che le autorità italiane, ed in special modo la Postale, hanno messo in atto.
«Lo scopo principale delle nostre indagini – spiega Diego Buso, direttore della seconda divisione del Servizio polizia postale e delle comunicazioni – è quello di individuare chi, alla fonte, procura il materiale da immettere nei vari circuiti di file sharing. Senza, chiaramente, tralasciare il mondo di chi usufruisce di questi servizi, la nostra strategia si sta spostando verso l’individuazione di un target più elevato. Vogliamo, insomma, colpire il vertice della piramide. Individuare il semplice fruitore è pur sempre utile, come anche lo è individuare chi mette a disposizione sul Web per la prima volta un determinato materiale, ma è importante sapere chi, in che modo e con quali fini lo ha messo a disposizione del semplice uploader (colui che per primo carica in rete un file, ndr)».
A questo scopo la polizia postale e delle comunicazioni ha intessuto relazioni importanti con i maggiori enti operanti nel settore dell’audiovisivo (dalle case cinematografiche ed etichette discografiche agli enti che, come la Siae e la Fapav, salvaguardano il diritto d’autore). Ma, essendo quello della pirateria audiovisiva un problema che investe anche le più grandi major del mondo della celluloide, la Postale negli ultimi tempi ha intessuto una stretta relazione anche con la Mpa (Motion picture association), l’ente statunitense che raduna sotto di sé i produttori del cinema d’Oltreoceano.
Una lotta, quindi, difficile contro un crimine invisibile che di giorno in giorno diventa sempre più sofisticato e le cui conoscenze informatiche crescono di pari passo con l’evoluzione della tecnologia. Una lotta difficile anche contro il “sentire popolare” che, pur sapendo di commettere un reato scaricando da Internet, allo stesso tempo non pensa a ciò che quel semplice clic sulla scritta download può provocare a livello economico e anche, come abbiamo accennato, a livello umano, in termini di perdita di posti di lavoro. Pensiamoci bene.


Il diritto d’autore merita rispetto
di Giorgio Assumma*

Sebbene il compito principale della Società italiana degli autori ed editori sia quello di assicurare ai propri associati (ad oggi oltre 90mila tra autori ed editori) il compenso che ad essi spetta per legge per ogni utilizzazione delle loro opere, la Siae ha sempre contrastato le illecite riproduzioni, che sottraggono agli autori questi compensi, sin dagli Anni ’70, quando si manifestò il fenomeno della pirateria. Da allora la Siae affianca giorno per giorno le forze dell’ordine e l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, come previsto dalla legge sul diritto d’autore (633/1941), attraverso i suoi “Servizi antipirateria”, che operano in tutta Italia, mettendo a disposizione il proprio know how tecnico nelle varie fasi delle indagini. L’attività degli ispettori Siae si caratterizza come un’attività di intelligence, raccolta dati, verifiche e perizie che forniscono la prova certa della riproduzione abusiva e del livello tecnologico degli strumenti utilizzati, seguendo l’iter fino alle testimonianze nelle aule giudiziarie. Per prevenire ed accertare le violazioni della legge sul diritto d’autore sono conferiti alla Siae specifici compiti (art. 182 bis legge 633/1941), coordinandosi con le forze dell’ordine e con l’Autority, nella vigilanza sulle attività di riproduzione e duplicazione dei supporti, sulla proiezione nelle sale cinematografiche, sulla distribuzione, vendita e noleggio dei supporti e sui centri che mettono a disposizione di terzi apparecchi per fotocopie, con la possibilità per gli ispettori di accedere ai locali dove queste attività vengono svolte. Oggi, per una migliore e sempre più adeguata tutela delle opere dell’ingegno, il nostro impegno è orientato al contrasto del fenomeno anche su Internet e in questo senso la Siae collabora con la polizia delle comunicazioni nel costante lavoro di controllo della Rete, segnalando i siti italiani che pongono in essere condotte illecite. Già per i casi di brani scaricati da Internet, i nostri tecnici sono in grado di dimostrare la riproduzione illecita, in base all’esame della qualità sonora del supporto, effettuato con apparecchiature sofisticate. Ma non basta. Di fronte alle tecnologie che facilitano l’illecita diffusione delle opere è necessaria un’attività di educazione e sensibilizzazione del pubblico, soprattutto dei giovani, al rispetto del diritto d’autore. L’obiettivo è indurre tutti all’uso corretto della musica, facendo comprendere che quando un autore crea, lavora tanto per una sua soddisfazione personale, quanto per la propria sussistenza: per questo l’autore, come gli altri lavoratori, ha diritto al suo compenso. Compito non facile, ma non impossibile, nel quale ci hanno aiutato alcuni autori che sono intervenuti a centinaia di incontri in tutta Italia. È importante veicolare il messaggio che scaricando illegalmente canzoni e film da Internet o acquistando un cd pirata si toglie all’autore il suo giusto compenso. Per questo la Siae, con le associazioni di produttori e artisti, interpreti ed esecutori, ha aderito da qualche anno al progetto Emca (European music copyright alliance), che promuove nelle scuole la conoscenza e il rispetto della proprietà intellettuale. Con Emca, in quattro anni di attività, abbiamo incontrato 440mila ragazzi di oltre 1.200 scuole, a Roma, Milano, Palermo, Napoli, Torino e Bologna.
*Presidente della Siae


La Fapav, Federazione anti pirateria audiovisiva
Nata nel 1988 per proteggere la proprietà intellettuale, il diritto d’autore ed i diritti ad esso connessi, la Fapav è un’associazione senza scopo di lucro con sede a Roma. Il compito principale della federazione è quello di combattere l’illecita duplicazione delle opere cinematografiche ed audiovisive e di tutelare da questa il settore audiovisivo e dei dischi ottici nonché i propri associati tra i quali vi sono Sky Italia, Rai, Mediaset, Agis (Associazione generale italiana dello spettacolo), Anica (Associazione nazionale industrie cinematografiche audiovisive e multimediali), Twentieth century fox Italia, Medusa Video, Universal pictures Italia e Sony pictures Italia. Le azioni di prevenzione intraprese dalla federazione si concretizzano sostanzialmente in campagne di comunicazione ed informazione, rivolte agli operatori di settore ed al pubblico, nelle quali viene denunciata la vastità del fenomeno della pirateria audiovisiva, spesso realizzata da organizzazioni criminali, ed il suo effetto devastante sul settore cinematografico. La Fapav agisce in costante coordinamento con i referenti istituzionali e con le forze dell’ordine presenti sul territorio nazionale con le quali condivide numerose informazioni utili alla repressione del fenomeno e per le quali, da qualche anno, organizza seminari sulla pirateria con particolare riguardo alle problematiche derivanti dalle nuove forme di questa rese possibili dalle nuove tecnologie. Un numero verde, 800.864.120, è stato messo a disposizione di tutti coloro che desiderano ricevere informazioni o segnalare casi di pirateria audiovisiva.
Luca Montesi


L’attività della Polizia di Stato
Il Servizio polizia postale e delle comunicazioni, diretto da Antonio Apruzzese, è inserito all’interno della Direzione centrale per la polizia stradale, ferroviaria, delle comunicazioni e per i reparti speciali della Polizia di Stato. Ogni reato che comprenda la vasta materia delle comunicazioni, inclusi naturalmente quelli perpetrati attraverso Internet, sono appannaggio della Postale, divisa in 20 Compartimenti con competenza regionale e in 76 Sezioni provinciali, coordinati a livello centrale dal Servizio. All’interno della polizia postale sono stati costituiti tre centri di coordinamento: il Cnaipic (Centro nazionale anticrimine informatico per la protezione delle infrastrutture critiche), il commissariato online ed infine il Cncpo (Centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia). Compito della Postale è difendere i cittadini da tutti quei reati che interessano anche la sfera economica (phishing, contraffazione di mezzi di pagamento come bancomat o carte di credito), la violazione del diritto d’autore (film, canzoni o addirittura libri disponibili in Rete gratuitamente o modico pagamento senza l’autorizzazione della Siae) o più semplicemente contrastare l’hacking, inteso genericamente come intrusione e/o danneggiamento informatico. I cittadini possono effettuare anche via Internet segnalazioni o denunce che riguardino reati di vario genere tra cui quelli specificatamente informatici. Inoltre, la Postale ha stipulato accordi con le principali aziende nazionali per garantire la difesa delle infrastrutture critiche fra cui i più recenti sono quelli con Poste italiane, Aci, Ferrovie dello Stato, Telecom, Vodafone, Abi (Associazione bancaria italiana) e Unicredit.
Irene Midili


La legislazione italiana di contrasto
Il principale strumento legislativo utilizzato per contrastare la pirateria audiovisiva è rappresentato dalla legge n. 633 del 22 aprile 1941 titolata “Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio”. Questa legge ha subito negli anni numerose modifiche. Del resto, alcune specifiche fattispecie non erano neanche immaginabili 70 anni fa: basti pensare alle opere che vengono messe a disposizione del pubblico immettendole in un sistema di reti telematiche o alla possibilità di scaricare dalla Rete, con un semplice clic e pur essendo distanti migliaia di chilometri dalla risorsa di interesse, opere e programmi protetti dal diritto d’autore.
La legge n. 633 tutela le opere dell’ingegno di carattere creativo, che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro, al cinema. A venire tutelati sono, principalmente, due tipologie di diritti, quelli di utilizzazione economica dell’opera (diritti patrimoniali) e quelli a tutela della personalità dell’autore (diritti morali) che, insieme, costituiscono il diritto d’autore. Il titolare dei diritti d’autore è, in via originaria, l’autore dell’opera ed i diritti di utilizzazione economica durano fino a 70 anni dopo la sua morte. Trascorso tale periodo, l’opera diventa di pubblico dominio ed è liberamente utilizzabile senza alcuna autorizzazione. I diritti patrimoniali possono essere acquistati, alienati o trasmessi in tutte le forme e modi consentiti dalla legge.
Tale legge tutela, inoltre, i diritti connessi al diritto d’autore, che sono quei diritti che la legge accorda non all’aurore di un’opera, ma ad altri soggetti, comunque collegati. È questo il caso dei diritti riconosciuti agli artisti, agli interpreti, agli esecutori, ai produttori di dischi fonografici o supporti analoghi, ai produttori di opere cinematografiche o audiovisive nonché dei diritti riconosciuti alle emittenti radiofoniche e televisive.
Gli articoli che determinano le sanzioni da applicare alle violazioni dei diritti d’autore sono quelli che vanno dal 171 al 174. Nel particolare, l’articolo 171 punisce con la multa (sanzione penale comminata per i delitti) da 51 a 2.065 euro coloro che, senza averne diritto, a qualsiasi scopo e in qualsiasi forma, pongono in essere una serie di condotte tra le quali la riproduzione, la trascrizione, la diffusione, la vendita nonché la messa a disposizione del pubblico, per mezzo di reti telematiche, di un’opera dell’ingegno protetta. Punisce inoltre chi, senza averne diritto, rappresenta, esegue o recita in pubblico o diffonde un’opera altrui adatta a pubblico spettacolo o una composizione musicale, specificando che la rappresentazione o esecuzione comprende la proiezione pubblica dell’opera cinematografica, l’esecuzione in pubblico delle composizioni musicali inserite nelle opere cinematografiche e la radiodiffusione mediante altoparlante azionato in pubblico. L’articolo 172 specifica però che se i fatti preveduti nell’articolo 171 sono commessi a titolo di colpa (e non di dolo) la pena è della sanzione amministrativa fino a 1.032 euro. La tutela dei programmi per elaboratore è invece affidata all’articolo 171 bis il quale punisce, con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 2.582 a 15.493 euro, la condotta di colui che abusivamente duplica, per trarne profitto, programmi per elaboratore o, ai medesimi fini, importa, distribuisce, vende, detiene a scopo commerciale o concede in locazione programmi contenuti in supporti non contrassegnati dalla Società italiana degli autori ed editori (Siae). Le condotte della riproduzione, della duplicazione, della diffusione in pubblico e della trasmissione di un’opera dell’ingegno destinata al circuito televisivo, cinematografico o della vendita o del noleggio, di dischi, nastri o supporti analoghi sono punite, se il fatto è commesso abusivamente, per uso non personale ed a fini di lucro, con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 2.582 a 15.493 euro (art. 171 ter). La concessione in noleggio o, comunque, in uso effettuata a qualunque titolo di originali, copie o supporti lecitamente ottenuti di opere tutelate dal diritto di autore è punita, invece, se effettuata abusivamente ed a fini di lucro, con l’arresto fino ad un anno e l’ammenda da 516 a 5.164 euro (art. 171 quater). L’utilizzo, la duplicazione e la riproduzione di opere protette, se effettuati abusivamente, sono puniti, così come l’acquisto o il noleggio di supporti audiovisivi, fonografici, informatici o multimediali non conformi alle prescrizioni della legge, con la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 154 e con le sanzioni accessorie della confisca del materiale e della pubblicazione del provvedimento su un giornale quotidiano a diffusione nazionale (art. 174 ter). In caso di recidiva o di fatto grave per la quantità delle violazioni o delle copie acquistate o noleggiate, la sanzione amministrativa è aumentata sino ad euro 1.032. Ai sensi dell’articolo 71 sexies è, comunque, consentita la riproduzione privata di fonogrammi e videogrammi, su qualsiasi supporto, effettuata da persona fisica e per uso esclusivamente personale, purché senza scopo di lucro e senza fini commerciali e nel rispetto delle misure tecnologiche poste a protezione dell’opera (la così detta copia privata). La riproduzione non può, però, essere effettuata da terzi. Inoltre, la copia privata di opere o materiali protetti messi a disposizione del pubblico in modo che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente, quando l’opera è protetta dalle misure tecnologiche o quando l’accesso è consentito sulla base di specifici accordi contrattuali, non può essere realizzata. Gli autori ed i produttori di fonogrammi, nonché i produttori originari di opere audiovisive, gli artisti, interpreti ed esecutori, ed i produttori di videogrammi hanno diritto ad un compenso per la riproduzione privata, da parte di chi fabbrica o importa nel territorio dello Stato, allo scopo di trarne profitto, apparecchi e supporti atti alla registrazione/riproduzione di opere protette dal diritto d’autore.
La legge n. 633 specifica quando è necessaria la finalità di profitto e quando quella di lucro affinché la condotta possa essere punibile. Il concetto di profitto, inteso come vantaggio, è sicuramente più ampio di quello di lucro che si concretizza, invece, con l’ottenimento di un guadagno economicamente apprezzabile o di un incremento patrimoniale da parte dell’autore dell’illecito.
Anche il Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza contribuisce a combattere la pirateria audiovisiva vietando, all’articolo 85 bis, l’introduzione, l’installazione e l’utilizzo abusivo, nei luoghi dove si tengono pubblici spettacoli, di dispositivi che consentano la registrazione, la riproduzione, la trasmissione delle opere d’ingegno che vengono in tali luoghi realizzate o diffuse.
Mauro Valeri


L’Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale (WIPO)

01/02/2010