Cristiano Morabito

Agenti mondiali

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In ogni parte del Globo contro la criminalità organizzata transnazionale. Chi sono e cosa fanno gli esperti italiani per la sicurezza all’estero

L’uomo si evolve nel tempo, come la tecnologia, i mezzi di comunicazione ed ogni cosa graviti intorno all’uomo stesso. Oggi si può comunicare da un punto all’altro del globo in tempo reale utilizzando un semplice computer ed una microscopica telecamera. L’evoluzione è dunque tipica dell’uomo, ma anche delle attività a lui collegate. In un mondo sempre più internazionale e globalizzato, anche la criminalità ha trovato una propria dimensione transnazionale diventando sempre più simile ad una holding finanziaria. Ed è proprio “transnazionalità” la parola chiave, ossia il coinvolgimento di più Paesi nella medesima attività criminale. Per spiegarci meglio, un esempio potrebbe essere fatto con il traffico degli stupefacenti dove, partendo dall’Afghanistan (maggior produttore di oppio mondiale) la droga passa attraverso molte altre nazioni, in questo caso Iran, Turchia, Balcani, per arrivare nei “mercati” di casa nostra, sfruttando gli accordi tra le singole organizzazioni criminali e, spesso, le connivenze con alcune autorità. Ed altri esempi potrebbero essere fatti parlando di prostituzione, immigrazione clandestina, pedofilia eccetera.
Si rende dunque necessaria una figura che, operando a stretto contatto con le autorità locali, sia di supporto a queste ultime nella lotta contro i reati che, solitamente, vedono coinvolti nostri connazionali o sodalizi criminosi costituiti da italiani e popolazioni autoctone.
Altra parola chiave da affiancare a quella della transnazionalità del crimine è “collegamento” con le autorità locali; anzi, per essere più precisi, “ufficiale di collegamento”. Ma chi è e in che ambiti opera questa figura particolare? Il pensiero potrebbe velocemente correre alle figure descritte nei romanzi di Ian Fleming dove l’americano Felix Leiter, tecnico dalle mille risorse della Cia, fornisce supporto in ogni dove all’agente segreto al servizio di Sua Maestà britannica, James Bond. Ma la realtà è diversa. Qui non ci sono tecnologie fantascientifiche, alberghi faraonici, caviale e champagne, ma persone che, vivendo a volte in condizioni difficili e pericolose, svolgono il proprio delicato lavoro.
Per quanto riguarda il nostro Paese, va subito fatta una distinzione. Parlare solamente di ufficiali di collegamento sarebbe parzialmente errato; infatti in Italia, così come in altre nazioni, esistono due figure ben distinte: l’ufficiale di collegamento vero e proprio e l’esperto nazionale.
Entrambe le figure sono composte da appartenenti alle forze di polizia (attualmente Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri e Guardia di Finanza) e regolamentate dal Dipartimento della pubblica sicurezza, che decide (in base alle esigenze ed a particolari situazioni all’estero) di inviare del personale in loco. Per quanto riguarda gli ufficiali di collegamento, la loro presenza è stabilita di volta in volta in base ad accordi bilaterali o multilaterali tra l’Italia e gli altri Paesi. La loro attività può essere idealmente divisa in tre categorie. Una operativa, che consiste nello scambio di informazioni, nell’assistenza o nell’affiancamento delle autorità di polizia locali, nell’ausilio in caso di estradizioni e nell’analisi di fenomeni criminali particolarmente presenti nei Paesi ospitanti. Un’altra relativa alla raccolta di informazioni su presenze di criminali “nostrani” sul territorio della nazione di competenza. Una terza più di carattere diplomatico, che si esplica nella partecipazione a riunioni internazionali, a convegni e, a volte, nell’istruzione delle polizie locali. Una fase, quest’ultima, di estrema importanza perché, a detta di tutti coloro che da anni svolgono questo particolare mestiere, utilissima per creare una rete di contatti sul campo che, in caso di bisogno, possono essere utili a velocizzare procedure che altrimenti, passando per i canali tradizionali, potrebbero risultare troppo lente e, a volte, pregiudicare importanti operazioni di polizia.
L’ufficiale di collegamento opera con un mandato triennale (prorogabile per un biennio), è alle dirette dipendenze del Servizio cooperazione internazionale di polizia (inserito nell’ambito della Direzione centrale della polizia criminale e attualmente diretto dal generale di brigata dei carabinieri Antonio Sessa), segue un corso di formazione presso la Scuola di perfezionamento per le forze di polizia, viene inviato a destinazione con un provvedimento emanato direttamente dal capo della Polizia. Inoltre il numero degli ufficiali è deciso di volta in volta in base alle risorse finanziarie assegnate.
Traffico internazionale di stupefacenti, contrasto all’immigrazione clandestina, criminalità economica e finanziaria sono invece le tre specifiche aree d’azione in cui operano gli esperti nazionali, una figura simile a quella dell’ufficiale di collegamento, ma con competenze specifiche, disciplinata in generale dall’articolo 168 del dpr 5 gennaio 1976 n. 18 e, per ognuna delle tre aree, da ulteriori decreti. L’esperto nazionale ha un mandato biennale (rinnovabile fino ad un massimo di otto anni) e dipende sia gerarchicamente che funzionalmente dal capo missione, ossia l’ambasciatore.
In tutto, dal Sud-est asiatico al Nordamerica, passando per l’Europa, l’Estremo oriente, l’Africa, la Penisola arabica e l’America latina, gli esperti nazionali e gli ufficiali di collegamento che operano all’estero sono attualmente cinquantuno: persone speciali per incarichi fuori dall’ordinario, che parlano più lingue e che, spesso e volentieri, si inseriscono a tal punto nelle realtà in cui operano da essere considerati quasi dei “connazionali”. Ne abbiamo sentiti alcuni ai quali abbiamo chiesto di raccontarci la loro esperienza. Queste sono le loro storie.

Cocaina e Farc
Secondo gli ultimi dati forniti dall’Unodc (United nations office on drugs and crime) il 60% della produzione mondiale di coca proviene dalla Colombia e l’Italia, dopo Spagna e Regno Unito, ne è il terzo Paese importatore. Qui, nella sede di Bogotà, opera Massimo Labartino che, dopo anni di esperienza maturata nella Dcsa (Direzione centrale dei servizi antidroga), è stato nominato esperto nazionale antidroga nel Paese sudamericano e da tempo opera insieme alla polizia colombiana nel contrasto al traffico degli stupefacenti tra i produttori colombiani (Farc, gruppi paramilitari, e cartello del “Norte del Valle”) e la ‘Ndrangheta calabrese, stabilitasi qui da anni e principale “broker” ed importatore verso l’Europa. «Il desiderio di provare questa esperienza – racconta Labartino – è stata talmente forte da farmi superare i preconcetti negativi sulla sicurezza di questo Paese. Non dimenticherò mai il giorno della liberazione di Ingrid Betancourt, ostaggio delle Farc per oltre sei anni, che avvenne nella base aerea di San José del Guaviare, posto in cui ero stato solo pochi mesi prima».

La Cina è più vicina
Fino a qualche anno fa gli stranieri per comprare qualcosa in Cina dovevano rivolgersi a negozi esclusivamente dedicati ai turisti e vedere un tipico esempio dell’imperialismo occidentale, come un fast food a Pechino, era impossibile solo da pensare. Oggi la Cina è profondamente diversa e la crescita esponenziale dell’economia cinese ne fa uno dei potenziali terreni fertili perché attecchisca anche qui la criminalità organizzata di casa nostra. «Attualmente – dice Giovanni Galasso, ufficiale di collegamento a Pechino della Dcpc – la criminalità organizzata italiana qui non sta operando, ma è lecito pensare che in un futuro prossimo, dato lo sviluppo economico locale, ciò potrebbe avvenire». Non facile il compito di chi lavora in un Paese così lontano sia geograficamente che culturalmente, ma sicuramente semplificato da una profonda conoscenza della lingua e delle usanze locali, nonché dall’aver sposato una cinese che, come dice Galasso, «fanno sì che qui mi appellino come nu xu, ossia “cognato”, perché ho sposato una “figlia della Cina”. Del resto anche il mio nome in cinese è Qiao Wan Li, che significa “ponte di diecimila chilometri”, più o meno quelli che ci separano dall’Italia».

Frontiere aperte
L’adesione di nuovi Paesi all’Unione Europea ha consentito il libero passaggio di cittadini da una nazione all’altra, come anche, purtroppo, l’interscambio tra le organizzazioni criminali. Attivi soprattutto nel traffico di esseri umani, di minori destinati all’accattonaggio e nello sfruttamento della prostituzione, i criminali italiani e romeni hanno tratto il maggior vantaggio possibile dall’apertura dei confini. Qui più che mai si è quindi resa necessaria la presenza di un ufficiale di collegamento tra i due Paesi, anche perché è proprio in Romania che si nascondono molti dei latitanti ricercati in Italia. Una collaborazione strettissima e a doppio filo, culminata con il progetto “ITARO” che ha previsto l’interscambio di personale tra la polizia romena e quella italiana che, come ricorda Paolo Sartori, ufficiale di collegamento a Bucarest, «si rese necessaria in un periodo in cui in Italia l’etnia romena era particolarmente nel mirino dell’opinione pubblica di casa nostra (caso Reggiani, ndr) e che ha portato i propri frutti con l’individuazione dell’omicida».

Nel Paese delle aquile
«Sono circa 400 i latitanti albanesi ricercati, in ambito Interpol, in Italia», ricorda Anna Poggi, ufficiale di collegamento in Albania. Anche qui l’ufficio da lei diretto è attivo in indagini che vanno dal traffico di sostanze stupefacenti (l’Albania è un crocevia fondamentale della cosiddetta “rotta balcanica”) all’immigrazione clandestina (chi non ricorda i “boat people” di fine Anni ’90) dal traffico di veicoli rubati e di armi ai reati finanziari. Una situazione non facile da gestire, soprattutto se si pensa che nei paesi dell’entroterra albanese, dove trovano rifugio la maggior parte dei criminali, vige ancora la legge del Canun per la quale la vendetta è considerata legittima difesa e dove esistono le “donne-uomo”, ossia donne che, nate in famiglie senza maschi, sono allevate a vivere e comportarsi come uomini.

L’oppio afgano
Un Paese martoriato dalla guerra dove si vive nel terrore di attentati suicidi, con convogli militari che sfrecciano nelle strade, una marea di contractors e polizie private che di certo non rendono facile la vita a chiunque, senza dimenticare che qui si coltiva il 90% dell’oppio mondiale. Una vera sfida quella affrontata da Cristiano Congiu, esperto antidroga con una lunga militanza come analista presso la Dcsa, in cui, come ci ha raccontato «mi sono stati di grande aiuto la conoscenza della lingua e quel carattere italiano che ha reso possibile instaurare rapporti di sincera collaborazione con le autorità».

Nella terra di Gheddafi
Pattugliamento marittimo congiunto, scambio di informazioni, addestramento della polizia locale e fornitura di mezzi ed infrastrutture, sono alcuni dei principi cardine previsti nella legge “Bossi-Fini” del 2006 per contrastare l’immigrazione clandestina che vede nella Libia uno dei principali sbocchi marittimi verso l’Italia. Qui lavora Vincenzo Tagliaferri, esperto nazionale per l’immigrazione di stanza a Tripoli.

Tra fez e minareti
«L’idea di un confronto professionale con una realtà difficile ed affascinante come quella del Maghreb e del mondo musulmano, mi ha spinto ad accettare questo incarico». Sono le parole di Andrea Mainardi, esperto antidroga presso l’ambasciata italiana di Rabat, che non nasconde le difficoltà incontrate nel suo lavoro in un Paese come il Marocco in cui è predominante la produzione di droghe leggere ma che, negli ultimi anni, grazie all’azione di contrasto delle autorità locali e grazie anche alla collaborazione di esperti esteri, ha visto diminuire sensibilmente la produzione, riportando all’agricoltura tradizionale terreni prima utilizzati solo per coltivare la cannabis.

Un turpe traffico
La conoscenza reciproca e i rapporti intessuti nel tempo, non solo a livello lavorativo, sono alla base di questo incarico e di questo ne è fermo assertore Andrea Vitalone, esperto antidroga a Bangkok, perché «pur nello spirito di reciproca collaborazione, ogni richiesta, in un Paese particolare come la Thailandia, deve essere formulata con estremo tatto, modulandosi anche sulle attitudini comportamentali del proprio interlocutore». Anche perché, in una nazione in cui, oltre al traffico di droga, uno dei reati principali è quello dello sfruttamento sessuale dei minori e del cosiddetto “turismo sessuale” che coinvolge numerosi nostri connazionali, spesso bisogna scontrarsi con realtà particolari al limite della legalità; non ultima «la collaborazione delle autorità locali – continua Vitalone – che spesso veniva bruscamente interrotta, quando veniva scoperto il coinvolgimento di tailandesi nel commercio di minori».

L’eredità di Khomeini
Pur non esistendo rapporti diretti tra criminalità italiana ed iraniana, l’interesse a mantenere un presidio fisso della Dcsa a Teheran è motivato dal fatto che l’Iran si trova sulla rotta del traffico degli oppiacei provenienti dall’Afghanistan. Carmine Corvo, esperto antidroga dal 2006 nella terra degli ayatollah, svolge un’attività di studio, osservazione, consulenza ed informazione, nonché di cooperazione e scambio di informazioni con gli organismi antidroga e le autorità locali, «i cui rapporti di collaborazione – dice Corvo – risentono molto dell’evolversi della situazione politica internazionale, che spesso porta alla ribalta questo Paese».

Nel Paese dei Cedri
In un Paese dove non esistono forme istituzionalizzate di scambio informativo con gli organi locali e dove l’assetto istituzionale è su base confessionale (il 70% della popolazione è di religione islamica), è ancora più importante la capacità di trovare modi e cercare strade diverse per intessere relazioni che permettano di svolgere il proprio compito al meglio. A Beirut da sette anni lavora come esperto antidroga Luigina Pagano, che non nasconde le difficoltà incontrate, non da ultima la diffidenza di un popolo che, sebbene molto più aperto rispetto ad altri, è pur sempre a maggioranza islamica. Uno Stato che negli ultimi decenni ha subìto numerose guerre e che ne porta ancora i segni ben visibili non solo sui palazzi bombardati, ma anche nella memoria delle persone: «Era due macchine davanti alla nostra – racconta così Luigina Pagano l’attentato ad un collega libanese – e l’ho visto saltare in aria. Un dolore che mi accompagnerà per sempre».


ESPERTI ITALIANI PER LA SICUREZZA ALL’ESTERO: PRIMA RIUNIONE A ROMA
Sono finalmente tutti riuniti attorno allo stesso tavolo, fianco a fianco ed assieme ai loro colleghi delle Direzioni centrali per confrontarsi, discutere, chiarire le specificità dei loro impegni, dare ed ottenere consigli, offrire e ricevere idee. Ma, soprattutto, per armonizzare le loro procedure, ricercare le strade migliori per attuare la circolarità informativa, anche tra di loro, specialmente quando si trovano ad operare nella stessa area ma alle dipendenze di diverse compagini. Siamo nella Sala internazionale del compendio Anagnina dove lo scorso ottobre si è svolta la prima riunione degli esperti italiani per la sicurezza all’estero (foto in alto). Ed è stata la prima volta nella storia delle forze di polizia italiane che esperti ed ufficiali di collegamento, accomunati nella definizione di esperti italiani per la sicurezza all’estero, si sono seduti attorno ad un unico tavolo di lavoro.
Al meeting erano presenti 17 ufficiali di collegamento della Direzione centrale della polizia criminale, 18 esperti nazionali antidroga della Direzione centrale servizi antidroga, 6 esperti per l’immigrazione della Direzione centrale immigrazione e polizia delle frontiere, 3 funzionari dell’Ufficio coordinamento e pianificazione forze di polizia di stanza presso la Rappresentanza permanente d’Italia dell’Unione Europea, 2 esperti della Direzione centrale anticrimine ed uno della Direzione centrale polizia di prevenzione.
Alla riunione hanno partecipato il prefetto Antonio Manganelli, capo della Polizia direttore generale della pubblica sicurezza, il prefetto Francesco Cirillo, direttore centrale della polizia criminale vice direttore generale della pubblica sicurezza, il generale di corpo d’armata Leonardo Gallitelli, comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, ed il generale di corpo d’armata Cosimo D’Arrigo, comandante generale della Guardia di Finanza. «La riunione, prima nel suo genere – ha detto il capo della Polizia – offre la possibilità a tutti gli appartenenti al dipartimento della pubblica sicurezza, impegnati al di fuori dei confini nazionali, di condividere problematiche ed esperienze». Il tutto, ha aggiunto il prefetto Antonio Manganelli, nell’ottica di «un clima di straordinaria armonia e collaborazione tra tutte le forze di polizia che, nel loro insieme, contribuiscono alla sicurezza dello Stato».
Tra le tematiche trattate, il miglioramento della circolarità dell’informazione tra gli uffici del Dipartimento della pubblica sicurezza e l’istituzione di un portale per ufficiali ed esperti del Dipartimento. Il portale web, il cui progetto è in avanzata fase di realizzazione, sarà collocato nella rete multimediale del Dipartimento della pubblica sicurezza e sarà consultabile dagli esperti e dagli ufficiali di collegamento mediante appositi strumenti informatici quali notebooks e palmari. Sarà inoltre implementata la possibilità di accedere al portale attraverso linee esterne, non trascurando i necessari standard di sicurezza informatica a garanzia della sicurezza delle comunicazioni. Il portale potrà inoltre essere raggiunto anche utilizzando una apposita sim card che verrà fornita ad ogni operatore abilitato all’accesso. Quanto alla definizione dei servizi da offrire, i partecipanti alla riunione hanno evidenziato l’opportunità che il portale contenga:
una mappa interattiva, con le indicazioni, per singolo Paese, dell’ufficiale di collegamento o esperto competente e dei relativi compiti;
i punti di situazione divisi per Paese ed aree tematiche;
la normativa aggiornata di interesse;
i testi dei trattati e degli accordi;
gli organigrammi ed i relativi elenchi di Uffici e Direzioni centrali di riferimento.
Per comprendere appieno le necessità e le eventuali problematiche legate all’utilizzo del futuro portale, i cui accessi verranno operati da ogni angolo del mondo, è stato sottoposto all’attenzione degli esperti nazionali e degli ufficiali di collegamento un questionario finalizzato a conoscere le diverse tipologie delle postazioni di lavoro utilizzate, per sapere se in esse vi sia la possibilità di installare dei software, di che tipo di connessione ad Internet siano dotate e se vi sia un collegamento sicuro in grado di essere dedicato alla rete multimediale del Dipartimento della pubblica sicurezza.
Grande importanza è stata poi attribuita alle tematiche relative al raccordo ed al coordinamento degli esperti nazionali e degli ufficiali di collegamento con gli omologhi di altre nazioni ed ai rapporti con gli organismi internazionali e con l’Unione europea. Il quadro emerso dalla riunione ha permesso di evidenziare che il raccordo informativo si realizza in modi differenti a seconda delle caratteristiche del Paese dove l’ufficiale di collegamento e/o l’esperto è chiamato ad operare. È stato infatti citato il caso della Germania dove i rapporti tra gli ufficiali di collegamento ed il Paese ospitante vengono ulteriormente ottimizzati nel corso di incontri di lavoro programmati da organi istituzionali quali il Bundeskriminalamt, la Bundespolizei o le varie rappresentanze diplomatiche estere e di altre riunioni periodiche informali tenute al di fuori dell’attività lavorativa. Pienamente soddisfacente anche la situazione in Spagna. Qui si svolgono riunioni mensili con i rappresentanti dei servizi di Polizia dei Paesi dell’UE, nelle rispettive rappresentanze diplomatiche, al fine di creare contatti diretti e sviluppare problematiche di comune interesse. Inoltre, da circa un anno, con il patrocinio del direttore generale della Polizia e della Guardia Civil, è stato costituito un Club, per i rappresentanti delle forze di polizia estere presenti in loco, con lo scopo di favorire la conoscenza e lo scambio informativo anche con i Paesi non appartenenti all’Unione Europea. Ci sono però Nazioni dove realizzare un efficace raccordo informativo è più difficoltoso. Come, ad esempio, l’Afghanistan, dove vi è una preponderante presenza delle forze militari a comando statunitense che detengono in esclusiva le informazioni operative.
Il quadro generale emerso è risultato essere, quindi, particolarmente eterogeneo.
I partecipanti alla riunione hanno poi segnalato l’opportunità di realizzare procedure e strumenti conoscitivi che possano permettere loro di svolgere al meglio i compiti assegnati e di crearsi un background comune, un minimo comune denominatore di conoscenza su obiettivi, funzionamento e strumenti operativi degli organismi europei ed internazionali. Anche per far fronte a queste esigenze, è stata sottolineata l’importanza e la necessità della creazione di un portale comune dove, grazie anche a collegamenti diretti con analoghi portali di organizzazioni sopranazionali, gli esperti potranno trovare gli indirizzi globali dell’Unione Europea e degli organismi internazionali (Conclusioni dei Consigli, atti normativi comunitari che riguardano la loro funzione e le loro competenze) e gli strumenti giuridici (Regolamenti e Direttive UE; Risoluzioni Onu) che regolano, sul piano internazionale, le materie di loro competenza.
Mauro Valeri


Le missioni di altri Paesi

AUSTRIA
Dall’agosto 2001, il ministero dell’Interno ha disposto l’invio all’estero di ufficiali di collegamento dotati di competenza generale; il loro numero attuale è di 20 unità. Hanno sede presso le ambasciate austriache e, sebbene siano dipendenti ministeriali, sono dotati dello status diplomatico. Il mandato dura quattro anni rinnovabili per un analogo periodo ed il loro compito è relativo alla collaborazione internazionale di polizia, all’assistenza nelle relazioni bilaterali con il Paese ospitante eccetera. Gli ufficiali di collegamento di stanza in Italia, Russia e Polonia sono anche accreditati presso i Servizi di informazione e sicurezza del Paese ospitante.

BELGIO
Esistono due figure di funzionario operante all’estero: l’ufficiale di collegamento vero e proprio e l’attaché de police. La differenza tra le due figure consiste nel fatto che il primo ha funzioni di cooperazione operativa mentre il secondo solo strategiche (policy issues). Le due funzioni possono tuttavia cumularsi laddove una di esse sia assente nella sede estera. La loro sede è presso le ambasciate del Belgio.

FRANCIA
Sono state istituite diverse tipologie di ufficiali di collegamento a seconda del corpo di polizia di appartenenza (polizia nazionale, gendarmeria, addetti doganali). In relazione all’importanza del Paese di destinazione, possono essere inviati anche più ufficiali di collegamento presso una sede, pur se appartenenti alle diverse articolazioni, che hanno una specifica competenza (stupefacenti, immigrazione clandestina, terrorismo). Tuttavia, ad alcuni di essi può essere chiesta una flessibilità di impiego su più materie (esempio in Russia e in Cina).

GERMANIA
All’interno del Bka (Bundeskriminalamt) è stata costituita la Divisione di cooperazione internazionale di polizia da cui dipendono la sotto-divisione per il coordinamento, quella per il supporto degli ufficiali di collegamento operanti in Europa e quella per gli ufficiali operanti in America, Asia ed Africa. La rete è stata avviata nel 1972 con l’invio dei primi ufficiali ad Istanbul e successivamente a Roma e Madrid e solo nel 1982 al di fuori dell’Europa (Bangkok). Nei primi Anni ’90 è stata estesa anche nell’Europa dell’Est. Attualmente gli ufficiali di collegamento del Bka sono 63, dislocati in 49 Paesi. Il loro mandato riguarda il supporto alle forze di polizia tedesche, il supporto e l’avvio di iniziative, la partecipazione ad analisi strategiche eccetera. Esiste inoltre una rete di ufficiali di collegamento delle dogane ed un’altra per la lotta al terrorismo.

REGNO UNITO
Sono tre le reti degli ufficiali britannici all’estero:
rete della Soca (Serious organized crime agency) che vanta la rete più estesa con più di 100 ufficiali all’estero competenti su criminalità organizzata e delitti gravi. La loro sede abituale è presso le ambasciate o, in particolari casi come in Germania presso il Bka, presso le locali forze di polizia. Presso gli organismi internazionali (esempio Europol) sono inviati anche ufficiali di collegamento delle dogane (Hmrc) e dell’Agenzia scozzese antidroga (Scdea) che però fanno capo al responsabile della Soca; l’Agenzia delle dogane ha una propria rete degli ufficiali di collegamento competenti sui reati fiscali, sul contrabbando eccetera, con sede presso le ambasciate; la Direzione antiterrorismo della Metropolitan Police ha anch’essa una propria rete nel settore della lotta al terrorismo internazionale, i cui funzionari operano presso le forze di polizia del Paese ospitante.
È prevista anche la figura dell’esperto, solitamente un senior officer con esperienza operativa specie in costanza di progetti di gemellaggio con Paesi candidati o appartenenti al Commonwealth, presso i quali hanno funzioni di addestramento o di ufficiale anziano. Per evitare sovrapposizioni, non esiste fungibilità di funzioni tra le tre tipologie, anche se si garantisce comunque un supporto operativo.

SPAGNA
Nel 2006 sono state costituite le Consejerias de interior en las misiones diplomaticas de España che, pur se inserite presso le ambasciate spagnole o presso le organizzazioni internazionali, dipendono operativamente dal ministero dell’Interno. La durata della missione estera varia tra 2 ed 5 anni. I 41 uffici di collegamento all’estero dipendono dall’Unità di coordinamento e cooperazione internazionale della Direzione generale della Policia nacional.

STATI UNITI
La legge statunitense attribuisce all’Fbi la competenza ad indagare su attività criminali al di fuori del territorio Usa, in accordo con le forze di polizia del Paese interessato. Per queste funzioni l’Fbi si serve degli Uffici degli addetti legali (Legal Attaché Offices-Legat), responsabili dello sviluppo dei rapporti con le forze di polizia locali, con competenza su un unico Paese o su un’area geografica. Tali uffici hanno anche la responsabilità dello scambio informativo e di assistenza dell’Fbi ove richiesto e dipendono dall’Ufficio operazioni internazionali (Oio) dell’Fbi. La collocazione dei Legat è strategica al fine di collegamento ed assistenza reciproca in caso di attentati o di gravi episodi ed ha anche funzioni preventive o di preallarme per attività criminali che potrebbero essere condotte contro gli Stati Uniti. La competenza dei Legat è molto articolata ed è in relazione al ruolo dell’ Fbi negli Usa. Ha anche competenza nell’ausilio e nella cooperazione per la ricerca di latitanti, nell’espletamento di rogatorie e nell’assistenza giudiziaria. Il numero dei Legat è di 74: 14 in Europa, 13 in Eurasia, 13 in Asia, 17 nelle Americhe, 7 in Africa, 10 in Medio Oriente.

M.V.

01/01/2010