Mauro Valeri

Per una sicurezza senza confini

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La cooperazione internazionale di polizia

I criminali non si fermano ai confini. Anzi sono sempre più diffuse le organizzazioni per delinquere che attraversano le frontiere regionali e nazionali per gestire i loro traffici anche all’estero; e la cooperazione internazionale di polizia è dunque sempre più indispensabile per arginarne l’espansione. Di fronte a una criminalità senza confini è difficile infatti che un singolo Paese, per quanto siano avanzate e incisive le sue leggi, possa sconfiggere alla radice gli interessi di una malavita organizzata e perseguire i criminali senza la collaborazione dei Paesi con cui condivide la minaccia. Per cooperazione di polizia s’intende, dunque, quell’insieme di strumenti (accordi, gruppi di lavoro, protocolli d’intesa eccetera) che permettono a più Stati di cooperare nella lotta ai crimini più diffusi e agli investigatori di sviluppare la propria azione al di là dei confini nazionali, ma sempre secondo regole ben definite. Verranno di seguito analizzati gli strumenti e le organizzazioni, a competenza generale, utilizzati nel contrasto alla criminalità transnazionale. 

L’Organizzazione internazionale di polizia criminale Interpol
L’Interpol, nata nel 1923, è la più grande organizzazione di polizia del mondo ed al suo interno sono rappresentati ben 188 Paesi. L’ultima adesione, quella delle Isole Samoa, è avvenuta il 13 ottobre di quest’anno. L’organizzazione è stata creata per migliorare la collaborazione transfrontaliera tra le diverse polizie e per supportarle ed assisterle nell’attività di prevenzione e repressione del crimine internazionale.
Una peculiarità dell’Interpol è quella di supportare la collaborazione di polizia anche tra quegli Stati che, tra loro, non hanno rapporti diplomatici. Tre sono i principi che, così come previsto dallo Statuto costitutivo, ispirano l’attività dell’Interpol:
qualunque azione intrapresa è soggetta al limite imposto dalle leggi in vigore nei Paesi interessati e segue lo spirito della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.
Non è consentito alcun intervento di carattere politico, militare, religioso o di carattere razziale.
Tutti gli stati membri godono degli stessi diritti indipendentemente dall’entità del contributo finanziario da loro versato all’Organizzazione.
Le quattro lingue ufficiali dell’Interpol sono l’arabo, l’inglese, il francese e lo spagnolo.
All’interno dell’Organizzazione, l’Assemblea generale, composta dai membri nazionali, svolge un ruolo di fondamentale importanza poiché determina i metodi di lavoro da seguire, le attività da svolgere e le modalità di utilizzo delle risorse finanziarie. L’Assemblea si riunisce una volta l’anno ed al suo interno ogni Paese ha diritto ad esprimere un solo voto. Tutti i voti hanno la stessa importanza. Essa elegge i 13 membri che compongono il Comitato esecutivo, presieduto dal presidente dell’Interpol, il singaporiano Khoo Boon Hui, il cui mandato è quadriennale. Il Segretariato generale, con sede a Lione, è operativo 24 ore al giorno, 365 giorni all’anno, ed è presieduto dal segretario generale, lo statunitense Ronald K. Noble. Il segretario sovrintende l’attività quotidiana di “cooperazione di polizia” e mette in atto le decisioni prese dall’Assemblea generale e dal Comitato esecutivo. Il suo mandato è quinquennale. Questi gli organi centrali che governano l’Interpol.
Un’importante funzione è assolta dagli Uffici nazionali Interpol che ogni Paese membro crea e mantiene operativi, dotandoli di personale che presta servizio presso le polizie nazionali. Questi rappresentano il punto di contatto tra l’Interpol e gli Stati membri e possono rivolgersi, in qualunque momento, al Centro di comando e coordinamento istituito all’interno del Segretariato generale e deputato alle ricerche negli archivi dell’Interpol, a fornire supporto nelle indagini sui ricercati ed a fronteggiare situazioni di crisi.
I principali compiti svolti dall’Organizzazione possono essere riuniti in quattro macro aree. La prima è rappresentata dalla gestione di servizi globali di comunicazioni di polizia ed è realizzata per mezzo del sistema denominato I-24/7: un portale internet, ad accesso ristretto, che permette alle forze di polizia dei Paesi membri di richiedere, sottoporre ed accedere a dati essenziali per l’attività di indagine in tempo reale. Attraverso il portale è possibile consultare una mole imponente di dati relativi a persone, documenti, impronte digitali, veicoli ed opere d’arte rubate nonché ad una serie di profili sul dna. Un database estremamente importante è poi quello relativo alle immagini degli abusi sessuali sui minori (circa 550mila caricate dagli Stati membri). Su queste vengono compiute indagini, per le quali ci si serve di particolari software, tese all’identificazione della vittima e del luogo in cui sono state operate le violenze. Grazie a questo strumento sono state identificate e sottratte a tale forma di abuso ben 870 vittime. La seconda macro area di intervento è relativa alla emissione delle così dette notizie, informazioni relative alle azioni da intraprendere su persone o cose (vedi box pag. IV). La terza è invece relativa alle attività di supporto offerte alle operazioni di polizia principalmente nelle attività di contrasto alla corruzione, al terrorismo, al traffico di esseri umani nonché alla ricerca dei latitanti. Tale attività è posta in essere principalmente dal Centro di comando e coordinamento, attivo 24 ore su 24. L’ultima area è quella relativa all’addestramento del personale delle forze di polizia; per svilupparla vengono organizzati specifici corsi e gruppi di lavoro che permettano di elevare la capacità degli Stati membri di contrastare il crimine transnazionale, introducendo standard comuni nell’attività d’investigazione.
L’Interpol, il cui nome completo è Oipc Interpol (Organizzazione internazionale di polizia criminale - Interpol), è finanziata con i contributi versati annualmente dagli Stati membri ed il suo budget per il 2009 è stato di 47,4 milioni di euro. Abbiamo detto che una importante funzione è svolta dagli Uffici nazionali Interpol (National central bureau). In Italia è il Servizio per la cooperazione internazionale di polizia (Scip), istituito nel 2000 all’interno della Direzione centrale della polizia criminale, a rappresentare (nella II e III divisione) l’ufficio nazionale dell’Interpol. Il Servizio, organizzato in 5 divisioni, ha accorpato in sé tutte le preesistenti strutture internazionali di cooperazione di polizia ed è oggi l’ufficio di riferimento per tutte le strutture del Dipartimento della pubblica sicurezza che trattano aspetti di cooperazione tecnico-operativa. Tra i compiti principali dello Scip c’è appunto la cooperazione internazionale con i Paesi esteri nella lotta al crimine organizzato; un reciproco scambio di informazioni e di strategie operative e procedure finalizzate a combattere i fenomeni transnazionali più preoccupanti: traffico di stupefacenti, riciclaggio, traffico di autoveicoli, falso nummario, criminalità informatica ed ambientale. Il Servizio comprende oltre all’Ufficio nazionale Interpol anche quello Europol (IV divisione) ed il Sirene (V divisione).


L’ACCADEMIA ANTICORRUZIONE
Rio de Janeiro, settembre 2006. I delegati presenti alla 75^ Assemblea generale votano unanimemente a favore della creazione di una Accademia anticorruzione. L’allora presidente dell’Interpol, Jackie Selebi, commenta così: «Nelle forze di polizia la reputazione è la cosa più preziosa che abbiamo, ma anche la più fragile. La corruzione uccide gli operatori di polizia e la società». Il segretario generale, Ronald Noble, rilancia: «La corruzione mina tutto il lavoro e gli obiettivi perseguiti dalle forze di polizia. Essa rende più povera l’intera società e minaccia la sicurezza e la tranquillità dei più a beneficio di pochissimi». L’Accademia, la cui apertura dovrebbe essere prossima, sarà la prima nel mondo dedicata al contrasto della corruzione e avrà sede in Austria, a pochi chilometri da Vienna. L’edificio, un convento del XVI secolo, è già stato messo a disposizione dal Governo austriaco. L’Accademia sarà considerata giuridicamente come un ente no profit ed i fondi necessari al suo funzionamento verranno offerti dalla comunità internazionale, dal settore privato e dalle fondazioni. Saranno ospitati nella struttura 50 studenti a sessione, provenienti dalle forze di polizia ma anche dal settore privato e dal mondo giudiziario. Ogni anno saranno formate circa 600 persone. Le materie insegnate andranno dalla lotta al riciclaggio di denaro alla ricerca di prove digitali, con particolare riguardo alla tracciatura di bilanci e patrimoni. Non mancheranno poi principi di etica e tecniche investigative. I corsi toccheranno sia l’aspetto teorico che quello pratico ed all’interno degli stessi saranno esaminati casi reali che riflettano le leggi e le culture dei differenti Paesi. Per supportare il lavoro dell’Accademia verrà istituito un Ufficio anticorruzione, anch’esso con sede a Vienna, che si porrà come punto di riferimento e supporto per le forze di polizia nelle iniziative tese a prevenire, scoprire e perseguire i casi di corruzione.


IL SISTEMA DELLE NOTIZIE E DELLE DIFFUSIONI
Uno dei più importanti compiti svolti dall’Interpol è quello di rendere noti alle polizie dei Paesi membri i soggetti latitanti, i sospetti terroristi e le persone scomparse. Per fare questo viene utilizzato un sistema di notizie e di diffusioni. Le notizie, che sono dei veri e propri messaggi di allertamento su soggetti e cose, vengono redatte dagli uffici nazionali ed inviate al Segretariato generale che provvede alla loro diffusione in lingua araba, inglese, francese e spagnola agli altri Uffici nazionali. All’emissione di notizie partecipano anche i Tribunali criminali internazionali relativamente ai soggetti ricercati per genocidio e crimini di guerra. Le diffusioni sono invece dei messaggi, con oggetto similare a quello delle notizie, che vengono inviati direttamente da un Ufficio nazionale ad un altro senza passare per il vaglio del Segretariato generale. Nel 2008 sono stati operati circa 5.600 arresti sulla base delle notizie e diffusioni diramate. Sulla base del loro contenuto le notizie vengono suddivise in sette differenti tipologie ad ognuna delle quali è stato assegnato un diverso colore.

Notizie rosse: Relative a persone ricercate

 

Notizie gialle: Relative a persone scomparse

 

Notizie blu: Soggetti di interesse in relazione ad un crimine

Notizie nere: Informazioni su corpi non identificati

Notizie verdi: Relative a persone che hanno commesso un grave crimine e che potrebbero commettere lo stesso in altri Paesi

Notizie arancioni: Relative a materiale pericoloso o a eventi che pongono a rischio la sicurezza pubblica

INTERPOL- ONU: Notizie speciali. Riguardano gruppi ed individui oggetto di sanzioni Onu contro Al Qaeda ed i Talebani 


Europol, Ufficio europeo di polizia
L’idea di instaurare una collaborazione europea per contrastare i crimini transnazionali risale agli Anni ‘70 quando venne istituito il gruppo Trevi, formato dai ministri dell’Interno e della Giustizia dei Paesi dell’allora Comunità Europea. Tuttavia, il primo concreto riferimento ad un Ufficio europeo di polizia che potesse avere compiti ed attribuzioni simili a quelle dell’Fbi statunitense viene comunemente attribuito al cancelliere tedesco Helmut Kohl. Sulla scia di tale idea si sviluppò un intenso ed ininterrotto dibattito che portò poi all’istituzione dell’Europol, prevista nel Trattato sull’Unione Europea firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992. L’Ufficio europeo di polizia, con sede all’Aja nei Paesi Bassi (nella foto di copertina dell’inserto), nasce dall’eredità dell’Edu (Unità antidroga Europol) che aveva come sua sola competenza quella della lotta al traffico di sostanze stupefacenti. Le competenze, con deliberazioni all’unanimità del Consiglio europeo, sono state poi estese negli anni così da ricomprendere: il traffico di sostanze nucleari, la lotta all’immigrazione clandestina, il traffico di autoveicoli rubati, il riciclaggio, il traffico di esseri umani, il terrorismo e la falsificazione delle monete e degli altri mezzi di pagamento, i reati contro la persona nonché i crimini economici ed informatici. Affinché il reato sia di competenza dell’Europol occorre inoltre che lo stesso riguardi due o più Paesi membri. L’Europol, diventato operativo nel 1999, si pone come obiettivo quello di facilitare lo scambio di informazioni tra gli Stati membri, di raccoglierle e analizzarle, di trasmettere ai servizi competenti degli Stati membri, tramite le unità nazionali, le informazioni che li riguardano e di segnalare loro i nessi riscontrati tra i diversi fatti delittuosi. Il vero fiore all’occhiello è però costituito dal complesso sistema informatizzato, denominato Tecs, alimentato direttamente dagli Stati membri, rappresentati dalle unità nazionali e dagli ufficiali di collegamento. L’Europol provvede invece alla sua implementazione solo per i dati che siano stati forniti da Stati e organismi terzi, nonché per quelli risultanti da analisi condotte dall’Ufficio. È responsabile inoltre del corretto funzionamento tecnico del sistema. I dati, per poter essere memorizzati nel sistema, devono essere necessari allo svolgimento delle funzioni istituzionali dell’Europol e sono relativi ai soggetti sospettati, in base alla legislazione nazionale dello Stato membro che ha provveduto all’inserimento del dato, di aver commesso un reato o di avervi partecipato, o che siano stati condannati per lo stesso. La tipologia del reato commesso deve essere, inoltre, ricompresa tra quelle di competenza dell’Europol. Qualora venga ritenuto necessario, per assolvere ai propri compiti istituzionali, possono essere però creati altri archivi, contenenti dati personali e non, denominati archivi di analisi e relativi a persone sospettate, a persone che potrebbero intervenire come testimoni nel corso delle indagini o di procedimenti penali ad esse conseguenti, a persone che siano state vittime di reati nonché a persone che possano fornire informazioni sui reati oggetto di indagine. Lo scopo della creazione di questi archivi è quello di fornire un valido ausilio allo svolgimento delle indagini. A tal fine viene realizzato un progetto di analisi e costituito un gruppo specializzato cui partecipano gli analisti e gli agenti dell’Europol designati, gli ufficiali di collegamento e/o gli esperti degli Stati membri che hanno fornito le informazioni o che siano interessati ai risultati delle analisi. Allo stato attuale non bisogna pensare all’Europol come ad un super ufficio di polizia con poteri esecutivi come le forze di polizia degli Stati membri o come ad un Fbi europeo. Il personale dell’Europol, infatti, non procede a perquisizioni od interrogatori ma è, in via prioritaria, impiegato per facilitare lo scambio di informazioni, la loro analisi ed il coordinamento delle operazioni di polizia tra gli Stati membri. Europol, diretto dall’aprile del 2009 da Rob Wainwright e da tre vicedirettori di cui uno, Eugenio Orlandi, italiano, è cresciuto dalle 144 unità del 1999 alle più di 600 attuali ed è finanziato con i contributi degli Stati membri dell’Unione Europea. L’entità dei contributi versati da ciascuno Stato dipende dal prodotto interno lordo nazionale. Con Decisone del Consiglio europeo, però, a partire dal 1° gennaio 2010 l’Europol sarà finanziato esclusivamente con fondi comunitari. Anche la sede dell’Ufficio sarà spostata a breve. Quella attuale ha assistito a numerosi avvicendamenti. Prima collegio cattolico maschile poi, durante la Seconda guerra mondiale, usata dalla polizia e dai servizi segreti tedeschi. Finita la guerra fu occupata dall’intelligence olandese e, nel 2004, è diventata la sede ufficiale dell’Europol. La nuova sede, che dovrebbe diventare operativa nel 2011 ed essere usata per i prossimi 20 anni, sarà costruita nel quartiere dell’Aja di “Statenkwartier” rispettando i più avanzati dettami in tema di impatto ambientale e risparmio energetico.
Considerando però che tutti i Paesi membri dell’Unione Europea fanno parte anche dell’Interpol, l’Organizzazione internazionale della polizia criminale con sede a Lione (Francia), forse un dubbio potrà cogliere il lettore: qual è la vera differenza tra l’Interpol e l’Europol e, soprattutto, che bisogno c’era di creare un Ufficio europeo di polizia quando ne esisteva già uno mondiale? La differenza tra le due organizzazioni è di tipo formale e sostanziale. L’Europol infatti, a differenza dell’Interpol che è basata su accordi fra le autorità di polizia, si fonda giuridicamente su trattati ratificati dai Parlamenti nazionali degli Stati membri dell’UE. L’Interpol può essere considerata una rete delle polizie nel mondo, l’Europol, invece, principalmente fornisce supporto agli Stati membri dell’Unione nelle analisi dei dati con diretta influenza sul piano delle investigazioni. La convivenza tra le due organizzazioni è già stata prevista nella Convenzione istitutiva dell’Europol del 1995, in cui si trova infatti un chiaro riferimento all’Interpol con l’espressione del divieto, per le forme di cooperazione contemplate nella convenzione, di pregiudicare altre forme di cooperazione bilaterale o multilaterale esistenti. Tra le due organizzazioni, inoltre, dal 2001 vige uno specifico accordo di collaborazione.


Le Unità nazionali Europol e gli ufficiali di collegamento
L’articolo 4 della Convenzione Europol prevede esplicitamente che ciascuno Stato membro debba creare o designare una Unità nazionale (Une) che funga da organo di collegamento tra l’Europol e le autorità nazionali competenti e che le relazioni tra tali unità e le autorità competenti siano assoggettate alle norme previste dai singoli ordinamenti nazionali. Le Unità nazionali rappresentano l’unico collegamento tra l’Europol ed i servizi nazionali. Non è previsto, infatti, che gli organi investigativi nazionali si rivolgano direttamente all’Europol. Tale fondamentale punto di contatto fornisce all’Europol le informazioni necessarie per lo svolgimento delle sue funzioni, risponde alle richieste di informazioni e consulenza rivoltegli dall’Europol e, a sua volta, può richiedere ad esso consulenze, informazioni ed analisi. Trasmette inoltre all’Europol le informazioni da memorizzare negli archivi informatici ed assicura la legittimità di qualsiasi scambio di informazioni intercorrente fra l’Europol e le unità nazionali stesse. Ciascuna Unità nazionale invia all’Europol almeno un ufficiale di collegamento che rimane comunque soggetto alla legislazione nazionale dello Stato membro di origine. Compito degli ufficiali di collegamento è quello di difendere e rappresentare gli interessi delle singole Unità nazionali all’interno dell’Europol. Essi, inoltre, si attivano per facilitare lo scambio di informazioni tra le Unità nazionali da cui provengono e l’Europol e cooperano con gli agenti dell’Europol nell’analisi delle informazioni relative al proprio Paese di provenienza. I locali necessari per lo svolgimento delle attività degli ufficiali vengono forniti dall’Europol, all’interno della propria sede, senza alcun onere per gli Stati membri. Diversamente, ogni altra spesa relativa all’invio degli ufficiali di collegamento è posta a carico dello Stato membro di origine.


TE-SAT:il report Europol sul terrorismo
Il Te-Sat è un documento che viene redatto ogni anno dall’Europol e si riferisce all’attività terroristica posta in essere, durante l’anno precedente, nell’Unione Europea. Rappresenta una fonte di dati preziosa per le forze di polizia e gli analisti d’intelligence. L’edizione 2009 si apre con la differenziazione tra le diverse tipologie di terrorismo: islamico, separatista, di destra e di sinistra. Prosegue poi con l’elenco dei numeri relativi agli attacchi terroristici operati. Nel 2008, considerando anche quelli falliti o sventati, sono stati posti in essere 515 attacchi terroristici nell’Unione Europea, di cui 9 in Italia. Di questi, solo uno nel Regno Unito è stato attribuito al terrorismo islamico. Più di mille persone, di cui 53 in Italia, sono state arrestate per reati legati al terrorismo: finanziamento, fiancheggiamento, propaganda ed esecuzione materiale. Tra le persone arrestate le donne rappresentano una esigua minoranza pur ricoprendo una grande importanza nell’opera di supporto e propaganda alle organizzazioni terroristiche. L’età media degli arrestati è risultata essere di 35 anni, anche se va precisato che i terroristi islamici sono generalmente più anziani rispetto a quelli separatisti ed estremisti. L’uso di Internet è risultato essere di cruciale importanza in ogni tipologia di terrorismo. Diverse organizzazioni gestiscono infatti il loro sito web addirittura in differenti lingue. Le persone arrestate per il finanziamento di gruppi terroristici islamici sono risultate spesso attive nel campo delle frodi mentre quelle finanziatrici di gruppi separatisti ed estremisti di sinistra sono risultate maggiormente dedite alle estorsioni. Ben 187 processi per terrorismo, con 359 imputati, sono giunti al loro esito finale nel 2008. La pena media comminata è stata di 10 anni di reclusione mentre il 29% degli imputati è stato assolto.


Intervista/parla il direttore di Europol
Gallese, laureato alla “London school of economics”, sposato con tre figli e con alle spalle un incarico di capo sezione internazionale dell’Agenzia per il contrasto del crimine organizzato del Regno unito (Soca). Questo il profilo del quarantaduenne Rob Wainwright, direttore dell’Euopol dall’aprile 2009, intervistato in esclusiva per Poliziamoderna.

L’Europol sta celebrando i suoi dieci anni di attività. Come giudica i risultati finora ottenuti?
L’Europol ha ottenuto molto nei suoi primi dieci anni di attività. È diventata una istituzione chiave all’interno dell’Unione Europea nella lotta contro il crimine organizzato internazionale ed il terrorismo. L’Europol ha capacità uniche nel contrasto al crimine e può contare su alcuni dei migliori analisti in Europa e su un importante e solido sistema di misure di sicurezza e di protezione dei dati. Scambiamo importanti informazioni ogni giorno, informazioni derivanti da vaste investigazioni che, il più delle volte, si concludono con lo smantellamento di reti criminali. Tuttavia siamo ancora relativamente giovani nella comunità delle autorità incaricate di far applicare la legge e sono richiesti nella nostra attività ulteriori miglioramenti.
Che cosa pensa del livello di cooperazione esistente tra l’Europol e gli Stati membri e, in particolare, di quello con l’Italia?
La cooperazione con tutti gli Stati membri, Italia inclusa, è buona ma, naturalmente, sta ancora migliorando. Una delle ragioni della buona cooperazione è la rete degli ufficiali di collegamento di tutti gli Stati membri che hanno uffici all’interno degli edifici dell’Europol. Quindi, tutte le autorità italiane incaricate di far applicare la legge possono accedere ai sistemi dell’Europol attraverso il loro ufficiale di collegamento, proprio qui all’Aja. Queste, in totale, hanno avviato nel corso dell’anno quasi 250 casi attraverso il canale Europol.
Come stanno cambiando le forme di criminalità in Europa?
Risulta difficile operare una distinzione sull’intensità della minaccia rappresentata dalle diverse forme di criminalità. L’attività dell’ Europol è tesa al contrasto di una serie di reati, il traffico di droga, il traffico di esseri umani, la frode e la contraffazione dell’euro nonché il terrorismo internazionale. Nell’insieme, la criminalità organizzata è un problema globale in crescita e rappresenta una minaccia reale e presente per la nostra società. Internet è diventato uno strumento di comunicazione chiave per criminali e terroristi e le possibilità di cooperazione tra gruppi di diverse etnie e nazionalità sono aumentate. Più i confini si aprono più è importante avere reti di protezione all’interno delle nuove frontiere. Nessun governo, da solo, può fronteggiare tale situazione. La cooperazione operativa internazionale tra le polizie, le dogane e le altre autorità incaricate di far applicare la legge è quindi della massima importanza per contrastare le organizzazioni criminali. L’Europol gioca un ruolo chiave nel facilitare tale cooperazione.
A partire dal 2010 l’Europol sarà finanziato con fondi comunitari. Cosa pensa che comporterà questo cambiamento?
All’interno della nuova cornice legale potranno essere introdotti cambiamenti più rapidi in risposta alle minacce portate dal crimine poiché le decisioni potranno essere prese con la maggioranza dei due terzi degli Stati membri. La capacità operativa sarà anche incrementata grazie all’estensione del mandato che permetterà all’Europol di supportare le indagini degli Stati membri relative a crimini rilevanti, non più necessariamente perpetrati da gruppi della criminalità organizzata, come, ad esempio, nel caso in cui un serial killer operi da solo in più Stati. L’Europol otterrà maggiore flessibilità per implementare il nuovo sistema informatico, oltre al sistema di informazioni ed all’analisi dei file di lavoro, e ciò rafforzerà la capacità di supportare e collaborare meglio con i 27 Stati membri. Finalmente, l’importanza ed il prestigio dell’Europol sarà maggiore, diventando, a tutti gli effetti, una agenzia europea.
Quali obiettivi intende raggiungere l’Europol nel prossimo futuro?
La mia visione è basata su tre principi: fornire il miglior servizio possibile agli Stati membri, cooperando pienamente ed attivamente con le altre autorità dell’Unione europea incaricate dell’applicazione della legge e fare realmente la differenza nella lotta contro il crimine internazionale. L’Europol fungerà da pionere nel cambiamento, identificando e rispondendo alle nuove minacce e sviluppando nuove tecniche utili nella guerra al crimine ed al terrorismo.
Qual è il vero punto di forza dell’Europol?
La nostra vera forza sta nella nostra capacità di analisi e nel fatto che i rappresentanti di tutte le autorità incaricate dell’applicazione della legge dei Paesi dell’Unione europea, così come quelli dei Paesi con cui abbiamo stipulato accordi di collaborazione, lavorano insieme sotto lo stesso tetto qui all’Aja. L’ottenere informazioni e notizie da parte di tutti gli Stati membri e dagli altri partner ci dà la possibilità di avere una visione generale che può essere utilizzata per fornire informazioni utili agli investigatori degli Stati membri.
Come pensa che potrebbe essere resa più efficace l’attività dell’Europol?
L’attività dell’Europol può essere resa più efficace migliorandone la sua conoscenza come organizzazione. Noi stessi dobbiamo diffondere meglio le operazioni coronate da successo a cui prestiamo supporto. Tuttavia, anche i soggetti degli Stati membri che lavorano con noi e che lavorano nelle operazioni internazionali, debbono ricordare di informare i loro colleghi sui servizi che l’Europol ha da offrire. I poliziotti, di tutti i livelli, dovrebbero essere consapevoli che l’Europol rappresenta una risorsa in più che può anche rendere più efficaci le loro indagini. In particolare, poiché l’Europol sta diventando il centro nevralgico delle informazioni criminali dell’Unione Europea, offrirà un servizio unico alle autorità incaricate di far applicare la legge in Europa: la capacità di identificare le più significative attività delle reti criminali in ogni parte del continente.

Schengen e Sirene: libera circolazione e sicurezza
Dopo la firma dell’accordo di Schengen nel 1985 e il graduale allargamento dell’Area in base ai numerosi Paesi che vi hanno – di volta in volta – aderito, si è posta a livello europeo la necessità di continuare a garantire la sicurezza alle frontiere. L’accordo di Schengen prevede infatti la libera circolazione tra i Paesi aderenti senza più controlli doganali e di documenti alle frontiere. All’Accordo, che contiene un insieme di norme programmatiche tali da rappresentare quella che potremmo definire una dichiarazione di intenti, è seguita la Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen, composta da ben 142 articoli, la cui finalità è stata quella di definire e dettagliare concretamente gli impegni assunti con l’Accordo, con particolare riguardo alle modalità di compensazione del deficit di sicurezza venutosi a creare con la libera circolazione e l’abolizione dei controlli doganali. Risultava infatti evidente che ciascuno Stato doveva poter controllare e verificare, all’interno del proprio territorio nazionale, il transito in entrata ed in uscita di persone ricercate, auto rubate, armi e così via. Per questo motivo la Convenzione ha disciplinato la creazione di una banca dati comune denominata Sis (Sistema di informazione Schengen) composta da una struttura nazionale (N-Sis) e da un raccordo centrale (C-Sis). Qui vengono inseriti, da ciascun Paese, alcuni dati su cose e persone – tassativamente elencati in un manuale della Convezione – poi diffusi agli altri Paesi dalla struttura centrale di Strasburgo. Per inserire e consultare queste “segnalazioni” ogni Paese Schengen ha istituito un ufficio denominato Sirene (Supplementary information request at the national entries/Informazioni supplementari richieste agli ingressi nazionali) che rappresenta una sorta di rete di punti di contatto nata per trasmettere, 24 ore su 24 e in tempo reale, queste comunicazioni, soggette comunque a disposizioni molto rigorose di protezione dei dati personali. Lo scambio di informazioni avviene per il tramite di un organo centrale che in Italia è stato individuato nel Servizio per la cooperazione internazionale di polizia - V divisione Sirene. Tale divisione, a composizione interforze, rappresenta, inoltre, un importante strumento di raccordo con le strutture periferiche delle forze di polizia operanti sul territorio. È dotata di una sala operativa alla quale gli operatori di polizia possono rivolgersi, 24 ore al giorno e sette giorni alla settimana, nel caso in cui controllino, sul territorio nazionale, persone che risultino destinatarie di provvedimenti di arresto, inammissibili nel territorio dello Stato, a cui notificare provvedimenti dell’autorità giudiziaria o scomparse nonché da sottoporre a tutela o sorveglianza discreta.
La Convenzione ha inoltre dedicato un intero Titolo, composto da 53 articoli, alla cooperazione tra le forze di polizia, che si apre con la previsione che le forze di polizia si assistano, nel rispetto delle legislazioni nazionali, ai fini della prevenzione e della repressione dei reati, e nel quale sono previsti degli specifici istituti di cooperazione quali lo scambio di informazioni ed il distacco di funzionari di collegamento. È inoltre previsto l’istituto della sorveglianza oltre frontiera, che consiste nel continuare l’osservazione di un soggetto anche nel territorio di un altro Paese Schengen previa presentazione allo stesso di una domanda di assistenza giudiziaria, e dell’inseguimento oltre frontiera che permette agli operatori di polizia di continuare l’inseguimento in un altro Paese Shengen, valicando la propria frontiera terrestre, di un soggetto colto in flagranza di commissione di alcuni reati quali l’omicidio, lo stupro, l’estorsione, il traffico di sostanze stupefacenti o la fuga in seguito ad incidente che abbia causato la morte o ferite gravi. Tale “sconfinamento” può essere però operato solo quando le autorità competenti dell’altro Paese non abbiano potuto essere previamente avvertite dell’ingresso nel loro territorio o quando non abbiano potuto recarsi sul posto in tempo per riprendere l’inseguimento. Comunque, al più tardi al momento di attraversare la frontiera, gli operatori impegnati nell’inseguimento debbono avvertire le autorità competenti del Paese nel cui territorio avviene.
Dal 1° maggio 1999, con l’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, è stata sancita l’incorporazione dell’“acquis” di Schengen nell’Unione europea che è così diventato patrimonio comune di tutti i Paesi UE e non solo dei firmatari dell’Accordo. Questo comporta che tutti i Paesi che fanno parte dell’Unione Europea accettano integralmente quanto previsto dall’Accordo a meno che non vengano loro concesse particolari forme di deroga.


Frontex: l’agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne
La libera circolazione delle persone prevista dall’Accordo di Schengen portò alla realizzazione di una serie di accorgimenti tesi al miglioramento del livello di sicurezza interna previsti dalla Convenzione di applicazione dell’Accordo. Rimaneva però da garantire un adeguato livello di sicurezza anche alle frontiere esterne dell’Unione Europea. Tale deficit di sicurezza non assumeva solo proporzioni nazionali giacché la debolezza di una singola frontiera esterna dell’Unione poteva rappresentare un punto di ingresso verso tutti i Paesi componenti la stessa. Per tali motivi, nel 2004, fu creata l’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione Europea, avente sede a Varsavia. L’Agenzia gestisce la cooperazione operativa tra gli Stati membri nella gestione delle frontiere esterne e, oltre ad assistere questi nelle formazione delle guardie nazionali di confine, fornisce loro il necessario sostegno per organizzare operazioni di rimpatrio congiunte. Frontex dispone di autonomia di budget ed è governata da un Consiglio di amministrazione composto da un rappresentante per Stato membro, dal capo operativo del servizio nazionale responsabile della gestione delle guardie di confine, e da due rappresentanti della Commissione europea. Il Consiglio nomina, su proposta della Commissione, il direttore esecutivo a capo della struttura che, dal 2005, è il finlandese Ilkka Laitinen.


Accordi bilaterali e multilaterali
L’obiettivo di unirsi per contrastare le più pericolose e minacciose organizzazioni criminali e la loro dimensione transnazionale è perseguito anche con la fitta rete di accordi bilaterali e multilaterali stipulati dall’Italia con numerosi Paesi europei e extraeuropei per rafforzare la lotta ai traffici illeciti. Accordi in base ai quali due o più Stati si impegnano ad applicare – ognuno nel suo territorio – disposizioni concordate per combattere insieme uno specifico fenomeno criminale. Una volta ratificati, gli accordi valgono solo per gli Stati firmatari e sono autonomi rispetto ad altre convenzioni. Emblematica in tal senso la visita di gennaio a Tirana del prefetto Antonio Manganelli per partecipare ad una serie di incontri operativi con i vertici delle polizie albanese, kosovara, montenegrina e macedone, tesi a sviluppare la collaborazione per il contrasto della criminalità organizzata transnazionale nell’area balcanica. Il capo della Polizia in quella occasione si è reso portavoce della necessità di istituire squadre congiunte di investigatori specializzati nella lotta ai più gravi fenomeni di criminalità da impiegare nei rispettivi territori – sul modello dei team sperimentati con successo grazie al protocollo d’intesa “Ita.Ro”, già stipulato dall’Italia e dalla Romania. La creazione di tali task force avrebbe permesso di attribuire a Tirana ed a Bucarest le funzioni di capimaglia della rete dei punti di contatto relativamente all’area dei Balcani occidentali ed orientali. Per contrastare lo sbarco di clandestini dalla Libia, invece, è stato firmato nel febbraio 2009 a Tripoli un accordo che prevede il pattugliamento congiunto delle coste libiche. Tra i più significativi protocolli d’intesa sottoscritti dal capo della Polizia italiana Antonio Manganelli ricordiamo anche quello firmato ad Algeri a luglio per rafforzare la collaborazione in materia di immigrazione così come quello stipulato con la Nigeria – firmato a febbraio e patrocinato dall’Interpol (foto a destra) – per un’azione più efficace di contrasto al traffico di esseri umani e all’immigrazione clandestina. L’accordo si è concretizzato con la creazione di squadre di polizia miste con i nigeriani impegnati per un periodo di dodici mesi in aeroporti internazionali, porti, e in alcune città italiane. «Una giornata storica – l’ha definita Antonio Manganelli – che segna la nostra voglia di affrontare insieme il male». A marzo invece a Belgrado – nell’ambito della conferenza sulla cooperazione per la sicurezza delle frontiere dell’Est Europa – il ministro dell’Interno Roberto Maroni, assieme al capo della Polizia, ha stretto accordi bilaterali con i colleghi di Serbia, Bosnia, Macedonia e Montenegro per allineare i sistemi di sicurezza alle frontiere e avere strumenti più efficaci di contrasto ai traffici di droga, di armi e di persone. «Siamo pronti – aveva dichiarato in quell’occasione il prefetto Manganelli – a costituire squadre investigative miste assieme ai Paesi dell’area balcanica per contrastare la criminalità organizzata, il traffico di esseri umani e, in Bosnia, il terrorismo». La raccolta degli accordi bilaterali e multilaterali, stipulati dall’Italia nel settore della collaborazione di polizia, spetta al Servizio per le relazioni internazionali dell’Ufficio per il coordinamento e la pianificazione delle forze di polizia. Il Servizio si occupa inoltre di verificare l’attualità e l’esecutività degli accordi. Finora sono stati sottoscritti accordi di cooperazione in materia di polizia con 50 Paesi.

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01/12/2009