Antonella Fabiani

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Duemiladieci, il calendario della Polizia di Stato, rivolge ai giovani un messaggio di legalità. Dodici mesi ricchi di istantanee scattate da uno dei più grandi fotografi italiani, Giorgio Lotti

S traordinario, splendido, artistico. Il calendario della Polizia di Stato quest’anno ha fatto il pieno di complimenti nell’occasione della sua presentazione ufficiale. E a guardarlo si comprende il motivo. Il formato grande e le immagini mettono in risalto il prezioso lavoro di uno dei più grandi fotografi italiani: Giorgio Lotti. Ma il calendario Duemiladieci è anche un “messaggio di legalità”. La presenza di due ministri come Roberto Maroni e Mariastella Gelmini, oltre al capo della Polizia Antonio Manganelli e il presidente dell’Unicef Italia, Vincenzo Spadafora, ne hanno messo in evidenza tutta la valenza di strumento per trasmettere il valore della sicurezza, rivolto soprattutto alla popolazione dei ragazzi che frequentano le scuole. A riempire la bella sala della Scuola superiore di polizia a Roma oltre alle molte autorità istituzionali e agli ospiti del mondo dello spettacolo c’era anche una “pattuglia” (così come l’ha definita la giornalista Maria Latella moderatrice dell’incontro) di ragazzi della scuola media di Roma, “Luigi Settembrini”. Novità assoluta del calendario Duemiladieci è, infatti, il suo essere stato concepito per i giovani (saranno 3.342 le scuole secondarie sparse su tutto il territorio nazionale che riceveranno gratuitamente il calendario, curato dall’Ufficio comunicazione istituzionale del ministero dell’Interno e dall’Ufficio relazioni esterne e cerimoniale del Dipartimento della ps). Un tentativo di accorciare sempre di più le distanze con il cittadino e soprattutto con i giovani che con questo calendario – come ha sottolineato Maria Latella – avranno modo di imparare come un’immagine sia in grado di raccontare meglio di un articolo il concetto di sicurezza. Un concetto ribadito dal capo della Polizia Antonio Manganelli che ha spiegato come il calendario sia stato pensato immaginando «lo scorrere del tempo con foto della polizia nelle sue varie espressioni, a significare la presenza dell’istituzione nella vita dei cittadini. Da alcuni anni – ha continuato il capo della Polizia – stiamo lavorando molto sulla comunicazione per far conoscere alle persone il nostro operato in tutti i campi. Puntiamo all’integrazione con i cittadini, per mettere a fattore comune le energie e garantire insieme la sicurezza». A sfogliare i dodici mesi l’impatto visivo è forte, sottolineato dal progetto grafico dello studio Dal Verme-Tenti di Varese: scorrono le immagini dei Tiratori scelti, del Soccorso alpino, della Polizia scientifica, del Cnaipic (Polizia postale), del Nocs, dei rugbisti delle Fiamme oro, dei Cinofili, della Polmare - Squadra nautica, del Reparto volo, gli Artificieri, la Stradale, e di alcune campionesse del Gruppo sportivo che tracciano lo spazio operativo della polizia: dal controllo sul territorio e sulla strada all’intelligence, all’antiterrorismo, fino ai reparti che applicano l’utilizzazione della scienza al servizio delle investigazioni. Senza escludere il comparto sportivo delle Fiamme oro. Riferendosi ai recenti successi mondiali degli atleti della boxe, il capo della Polizia ha messo in evidenza come possano costituire «modello e stimolo per i giovani ad avvicinarsi allo sport, alla polizia, allontanandosi dal degrado di certe aree del nostro Paese».
Un calendario per vivere la “sicurezza insieme”. Ma esso significa anche solidarietà. Anche quest’anno i proventi della vendita andranno a realizzare un progetto di aiuti dell’Unicef nel Sud del Sudan. È il presidente dell’Unicef Italia Vincenzo Spadafora a ricordare la somma di un milione e 108mila euro raccolta in otto anni, e spesa in progetti realizzati in ben 8 Paesi. «Una collaborazione – ha osservato Spadafora – che mette in evidenza le similitudini di due istituzioni vicine negli obiettivi e nella continua azione nel cercare di realizzarli». Ad unirle in particolare l’attenzione verso le situazioni di emarginazione infantile che non esistono solo nei Paesi del terzo mondo ma anche nel nostro. In questo senso «l’attenzione della Polizia di Stato incrocia il lavoro dell’Unicef».
La vera novità del calendario Duemiladieci, rispetto alle precedenti edizioni, è l’ingresso nella scuola. Una iniziativa voluta dal ministro dell’Interno Roberto Maroni e portata avanti in collaborazione con il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Mariastella Gelmini. Un progetto che ha reso il calendario un ulteriore strumento di dialogo e riflessione tra polizia, insegnanti e ragazzi. Il ministro dell’Istruzione ha sottolineato il forte impegno condotto nelle scuole sul fronte della legalità e nel far conoscere ai ragazzi il lavoro delle forze di polizia, per «formare dei cittadini consapevoli non solo dei loro diritti ma anche dei loro doveri. Nel promuovere – ha proseguito – iniziative, in collaborazione con le forze dell’ordine, con la finalità di introdurre nelle scuole i principi del vivere in comune e della responsabilità rivolta non solo al piccolo nucleo individuale ma anche verso la collettività».
Un collegamento con il mondo della scuola ulteriormente ribadito dal ministro Roberto Maroni nel suo intervento. Perché è attraverso la famiglia e la scuola che passa la formazione dei ragazzi. Un legame a cui contribuisce anche il calendario, uno strumento in più di diffusione della cultura della legalità che può contribuire a cambiare la percezione del poliziotto. «Un calendario diverso dal solito – ha sottolineato Maroni mentre ne passava in rassegna le foto – un calendario artistico grazie al lavoro del maestro Lotti che ha valorizzato alcuni tra i più interessanti reparti della polizia, che fanno conoscere la reale attività svolta dall’operatore di polizia che non è solo lo “sbirro” che fa ordine pubblico ma è anche portatore di valori e operatore in settori altamente specializzati in senso tecnologico, scientifico e investigativo». Il ministro Maroni ha ringraziato il ministro Gelmini, il presidente Unicef Spadafora, il ministero del Tesoro, e tutti gli sponsor che spontaneamente hanno acquistato oltre 10mila calendari (le Poste italiane e molte aziende del gruppo Finmeccanica) mettendoli a disposizione delle scuole e dell’Unicef e ha promesso che i settori non inclusi nel calendario di quest’anno saranno compresi nei prossimi. Tra quelli scelti per il 2010 ci sono reparti più noti ma anche altri capaci di attirare la curiosità dei giovani come quello della squadra di rugby Fiamme oro, promossa quest’anno nella serie A. Un motivo di orgoglio per la polizia e «simbolo di valori come la lealtà e il rispetto che sono propri di questo sport».
Proseguendo il ministro ha sottolineato l’eccellenza anche di un altro settore, illustrato nel mese di aprile, il Cnaipic, centro specializzato, sempre attivo, dedicato alla protezione delle infrastrutture critiche a livello nazionale.
«La presenza del calendario nelle scuole – ha sottolineato – serve a trasmettere un messaggio di legalità e far conoscere la ricchezza e la complessità in cui si articola il lavoro del poliziotto, e di chi fa parte delle forze dell’ordine in generale. E chissà – aggiunge Maroni – che a qualcuno non venga la voglia di fare il poliziotto».
«Perché – come ha ricordato il capo della Polizia Manganelli – il mondo della sicurezza e il mondo della scuola devono continuare a lavorare fianco a fianco anche in iniziative come questa».
E guardando l’entusiasmo dei ragazzi in sala il successo è assicurato.


Il suo obiettivo ci vede così
(intervista a Giorgio Lotti)

A chiamarlo “maestro Lotti” risponde che non esiste nessun maestro, ma solo Giorgio Lotti. L’autore del ritratto più riprodotto nel mondo (oltre cento milioni di copie), quello del primo ministro cinese Zhou en Lai, ha firmato le immagini del calendario 2010 della Polizia di Stato. Collaboratore di grandi giornali e quotidiani come Epoca e Panorama, uno dei più famosi fotografi a livello internazionale, da bambino pensava di fare il disegnatore di gioielli, ma siccome passava tutto il tempo al cinema la mamma lo indirizzò verso la fotografia. Ed è stata una fortuna. Milanese di nascita ma varesino di adozione Lotti parla con entusiasmo dell’esperienza con la polizia e del suo lavoro grazie al quale non si è mai annoiato; nonostante l’amarezza per alcuni cambiamenti di oggi, che stanno intaccando la vera natura della fotografia e del giornalismo.
Nella sua carriera lei ha fotografato personaggi del mondo della politica, del teatro, della musica, della danza. Cosa ha pensato quando le hanno proposto di fotografare la polizia per il calendario del prossimo anno?
Era uno degli argomenti che non avevo mai affrontato e come tutte le cose che non conosco mi interessava. Anche se in generale sono contrario alle armi è stata una esperienza incredibile: penso che il calendario della polizia sia molto utile, può aiutare a veicolare i valori dell’istituzione. Soprattutto sono rimasto sbalordito dall’abilità di tutte le persone che ho incontrato ma soprattutto dalla professionalità della donne.
Nella polizia ci sono diverse specializzazioni, alcune di analisi e altre più operative. Come ha reso questi diversi aspetti?
Quando si fa una foto bisogna essere presenti al posto giusto e nel momento giusto. Nelle mie foto ho cercato di ricostruire la loro attività anche con il loro aiuto, non potendo vederli nella realtà operativa di ogni giorno. Il problema è sempre cercare di capire il significato di ciò che si sta per fotografare, altrimenti il rischio è di fare delle “orribili belle foto” come si vedono oggi purtroppo su molti giornali.
C’è una specialità che l’ha colpita maggiormente rispetto alle altre?
Devo dire onestamente che mi hanno molto affascinato i Nocs, mi ha colpito l’alto livello dei controlli dei tiratori scelti all’aeroporto, e poi anche gli atleti della polizia. Non sapevo che ci fosse anche una squadra di rugby delle Fiamme oro. Mi hanno anche invitato a giocare con loro ma ho declinato perché temevo che mi spaccassero tutte le ossa! (ride).
Pensa che nel nostro Paese ci siano ancora dei talenti?
Possiamo ritenerci fortunati a vivere in Italia. Ho girato il mondo e non ho mai visto un Paese così ricco di arte e cultura come il nostro. C’è un patrimonio fotografico che rischia di andare perduto o acquistato da stranieri. Sarebbe utile una fondazione della fotografia italiana: è strano che il mondo dell’imprenditoria non abbia capito l’importanza di investire in una fondazione che venderebbe il materiale in tutto il mondo, creerebbe posti di lavoro e un indotto che coinvolgerebbe anche le case editrici.
Cosa consiglierebbe a un ragazzo che volesse intraprendere il suo mestiere?
C’è ancora molto talento ma va tutelato e coltivato contro il dilettantismo dilagante. Una foto giornalistica non si improvvisa, deve dare delle informazioni: dove, come, quando e perché. Quindi occorre che giovani fotografi vadano all’università, studino le teorie del colore, se vogliono fronteggiare la grande concorrenza a livello mondiale. Purtroppo oggi mancano le scuole di fotografia. Il dilettantismo ha colpito molte professioni. Stessa cosa anche per il giornalismo. Una decadenza dovuta al fatto che non esistono più persone in grado di selezionare e individuare i ragazzi più bravi. Se si confrontano i giornali di una volta con quelli di ora si vede che c’è una forma di decadenza, nessuno ormai verifica più le cose che scrive sul posto e soprattutto si copia da Internet. Siamo caduti nelle mani del marketing e nella scarsa qualità. Molti giornali preferiscono risparmiare sulle immagini e comprarle a poco prezzo invece di allevare dei giovani per poi farli divenire un giorno dei veri professionisti.
In un periodo sociale complesso come il nostro, in cui molti valori appaiono sbiaditi, quanto è importante l’etica professionale?
È assolutamente necessaria. Ricordo ancora ciò che mi disse il mio professore alla prima lezione alla Columbia University e cioè che una macchina fotografica nelle mani di una persona che non se ne rende conto può creare una violenza inaudita. Oggi c’è una tendenza che penso vada fermata. Ultimamente ci sono stati esempi di non professionalità e di decadimento da parte di alcuni fotografi. Qui non c’è più responsabilità e rispetto della gente e della privacy della persona. Durante la mia professione mi è capitato di vedere personaggi famosi in momenti di intimità, ma non mi è certo saltato in mente di tradire il rapporto di fiducia che avevo con loro. E anche quando mi capitava di essere mandato a fotografare la gente che moriva per droga, soprattutto donne, davanti a certe scene ho risposto «io queste foto non le faccio». Non mi sembrava giusto.
In che modo può essere restituito un maggiore senso etico dei comportamenti?
Penso che anche la Polizia di Stato potrebbe dare un aiuto in questo senso, facendo delle conferenze su questo tema nelle scuole. Oltre a portare il calendario occorrebbe fare delle lezioni su alcuni principi.
C’è qualche episodio della sua esperienza lavorativa che le piace ricordare?
Mi ricordo una notte passata con il poeta Giuseppe Ungaretti, gli proposi di fotografarlo durante la trasmissione dell’uomo sulla Luna e per due ore decantò tutte le sue poesie. È stata un’esperienza incredibile.
Cos’è per lei la fotografia?
È stato un modo per capire meglio la realtà. Però ripeto è importante essere davanti ai fatti al momento giusto. Ricordo il colpo di fortuna che ebbi di stare davanti al figlio di Gandhi mentre di fronte a lui c’erano i Sikh che avevano ucciso la madre. L’importante è esserci nei momenti rilevanti della storia. Stesso discorso per l’alluvione di Firenze, ebbi la fortuna di entrare nel centro storico. Bisogna essere fortunati per fare questo mestiere.


Polizia e solidarietà
È ormai una tradizione consolidata il sostegno della Polizia di Stato ai progetti nazionali e internazionali di contrasto alla violenza e sfruttamento dei più deboli. Chi acquista il calendario contribuisce concretamente alla difesa dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Un impegno che anche per il 2010 ha il suo risultato nella raccolta di fondi grazie alla vendita di più di 38mila calendari, con cui si sosterrà un progetto dell’Unicef nel Sud del Sudan in aiuto dei bambini vittime della guerra e si finanzierà l’assistenza sociale e la formazione per la polizia locale sudanese, necessaria per la protezione di mamme e bambini. Un legame rafforzato con un protocollo di intesa siglato lo scorso anno tra il capo della polizia Antonio Manganelli e il presidente dell’Unicef Italia. Una collaborazione instaurata non solo con l’Unicef ma anche con altre associazioni benefiche e fruttuosa se si guarda alle cifre ricavate dalla vendita del calendario tra il personale dipendente e i cittadini. Prendendo in considerazione gli ultimi anni, quello del 2008 intitolato “Autoscatto - Noi ci vediamo così…”, realizzato con le fotografie scattate dagli operatori della polizia, ha permesso di destinare 166mila euro al progetto Unicef nella Guinea Bissau, 5mila euro all’Associazione Fiaba, 5mila euro all’associazione Andrea Tudisco Onlus per il progetto “La nuova casa di Andrea”, 2mila euro all’associazione di beneficenza “I diritti civili nel 2000” per il progetto Salvamamme - Salvabebè, e 3mila euro al Comitato Telethon. Mentre il ricavato del calendario del 2009 intitolato “Come eravamo, come siamo e come saremo” ha dato 161mila euro al progetto Unicef in Indonesia, finalizzato alla realizzazione di una rete di protezione contro le violenze e il traffico di minori e all’attuazione di programmi di formazione rivolti alle famiglie, agli operatori di polizia e ai giudici locali, e 4.500 euro all’Associazione Andrea Tudisco Onlus per il progetto “La nuova casa di Andrea”.

01/12/2009