Caterina Carannante

Ripartire dalle emergenze

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Affrontare situazioni a rischio e momenti di pericolo

La vita a volte cambia in un istante. Da un momento all’altro, quando meno ce lo aspettiamo, un evento imprevedibile può irrompere nel nostro quotidiano e sconvolgerlo drammaticamente, costringendoci a guardare in faccia la nostra paura più grande: la morte. È quello che succede nelle situazioni di emergenza quando, di fronte ad una circostanza tragica come un disastro naturale, un attentato terroristico o un incidente stradale, di colpo ci rendiamo conto che la nostra sopravvivenza o quella delle persone a cui vogliamo più bene è a rischio. Quel fantasma che da sempre tentiamo di esorcizzare prende corpo, entra prepotentemente nella nostra esistenza e scuote le nostre certezze.
Un terremoto può ridurre in macerie non solo le nostre case, ma anche i nostri punti di riferimento; in un incendio possono andare distrutti gli oggetti a noi più cari, e con essi i nostri ricordi e i nostri progetti per il futuro.
Rendersi conto all’improvviso che la morte è una realtà che può toccarci da vicino è un’esperienza lacerante. È una presa di coscienza che lascia una cicatrice profonda ed indelebile, segna dentro ciascun individuo un “prima” e un “dopo”, e difficilmente i giorni potranno tornare a scorrere allo stesso modo. Per quanto ci sforziamo di negare il dolore e di rimuovere, dimenticare è impossibile. Si può però, anzi si deve, reagire, superare e ripartire, perché un futuro diverso da quello che avevamo immaginato fino a quel momento non significa necessariamente un futuro peggiore. Al contrario, il trauma può persino diventare un fattore di crescita e aiutarci – anche se attraverso un percorso faticoso fatto di sofferenza e di dolore – a trovare un nuovo equilibrio, a ricostruire una nuova vita, qualche volta più vera, più profonda, più autentica.
È questo il punto di partenza della psicologia dell’emergenza, una disciplina recente che attraversa molteplici settori di interesse e di attività con un unico obiettivo: aiutare le vittime di un trauma a guardare avanti, trovare la forza di riprendere le redini della propria vita e sorridere di nuovo.

1. La psicologia dell’emergenza
La psicologia dell’emergenza è una disciplina che fa la sua comparsa in Italia negli anni Ottanta quando, all’indomani di alcune calamità dall’impatto devastante come il terremoto in Irpinia, comincia a farsi strada la necessità di una organizzazione più sistematica della protezione civile, non solo dal punto di vista legislativo ed operativo, ma anche dal punto di vista psicologico.
Di fatto bisogna aspettare il 1992 per l’istituzione del Servizio nazionale di protezione civile (vedi box a lato), mentre soltanto a partire dal 2000 vengono pian piano definiti con norme gli interventi psicosociali da mettere in atto nelle catastrofi.
È difficile tracciare confini nitidi della psicologia dell’emergenza, estremamente trasversale e ancora in espansione. In linea generale, viene considerata come l’area della psicologia che si occupa degli interventi psicologici necessari durante e dopo il verificarsi di circostanze critiche e delle misure da adottare per evitare potenziali ripercussioni sulla salute mentale delle persone coinvolte nell’emergenza.
Essa si rivolge quindi a popolazioni, gruppi e individui che sono potenzialmente esposti o che hanno subìto uno sconvolgimento di portata eccezionale – provocato da cause naturali (terremoti, alluvioni, eruzioni vulcaniche) o da azioni dell’uomo (incidenti stradali o aerei, attentati terroristici o atti di violenza) – con lo scopo di aiutare chiunque è stato colpito dall’evento traumatico ad individuare le strategie personali più adatte per gestire al meglio il momento di crisi e recuperare progressivamente la normalità. Nei casi di disastri che travolgono intere comunità, gli interventi non si focalizzano soltanto sul singolo individuo, ma cercano di ricostruire il tessuto sociale e culturale che è stato disgregato dall’accaduto.
La psicologia dell’emergenza inoltre si rivolge sia alle vittime dirette che a quelle indirette, perché un evento tragico rappresenta una minaccia seria dell’equilibrio psico-fisico non solo per chi ha vissuto l’evento sulla propria pelle ed è sopravvissuto, ma anche per i familiari delle persone decedute, per i testimoni e per i soccorritori che intervengono sul luogo.

2. Gli eventi traumatici
Un’emergenza è un avvenimento dirompente ed improvviso che non siamo psicologicamente preparati ad affrontare perché rappresenta una minaccia per la sopravvivenza. In fondo sappiamo che nessuno è immune dai pericoli e che in qualsiasi momento potremmo ritrovarci coinvolti in una situazione di rischio estremo, ma per fortuna è un pensiero relegato in un angolo della nostra mente. Possiamo anche avere conoscenze o informazioni sulle avversità cui siamo esposti e sui comportamenti più adeguati per difenderci, ma di fatto difficilmente siamo in grado di prevedere le ripercussioni emotive che un determinato evento potrebbe avere su di noi e abbiamo probabilità anche minori di riuscire a controllare le nostre reazioni in circostanze che in pochi istanti potrebbero determinare una trasformazione forzata del nostro scenario di vita.
Ma quali sono gli eventi che possono avere conseguenze più pesanti per chi ne è vittima e che gli specialisti riconoscono come traumatici? Da una parte ci sono i disastri naturali, imputabili alle forze della natura: terremoti, eruzioni vulcaniche, inondazioni, uragani e tutti quegli eventi dovuti essenzialmente ad alterazioni atmosferiche o idrogeologiche, che si abbattono su intere popolazioni. Dall’altra, ci sono i disastri indotti dall’azione umana, che possono essere provocati in maniera accidentale (ad esempio gli incidenti stradali), o intenzionale, come nel caso di violenze, atti criminali o attacchi terroristici.
In linea generale dunque un evento traumatico, potenzialmente capace di generare uno stato di stress acuto, presenta alcuni tratti comuni: è imprevedibile ed inatteso, è geograficamente e temporalmente circoscritto, comporta la percezione di una minaccia mortale, può causare perdite fisiche e/o emotive ed in ogni caso interferisce con lo svolgimento della vita di tutti i giorni. Esso ha un impatto negativo sulla salute e sulla sicurezza degli individui i quali, sprovvisti delle risorse necessarie a far fronte alla situazione di emergenza, si sentono vulnerabili e senza più alcun controllo sulla realtà.
Diversi addetti ai lavori sostengono che i traumi più violenti, più dolorosi e difficili da elaborare sono quelli indotti da eventi critici provocati dall’uomo, volontariamente e con determinazione. Si è colpiti da azioni attuate con crudeltà proprio per provocare sofferenza e dolore in altri esseri umani, e per questo difficili da comprendere perché in contrasto con il modello di naturale socievolezza umana al quale siamo abituati.
In alcuni casi, inoltre, chi viene traumatizzato da altri esseri umani può arrivare a nutrire il dubbio di aver in qualche modo causato il comportamento dell’altro. È un meccanismo che può scattare ad esempio nei bambini o nelle donne vittime di abusi sessuali, che si sentono in colpa per non aver impedito il crimine commesso contro di loro o addirittura si autoaccusano di averlo provocato.
È quasi impossibile valutare le possibili conseguenze di un evento prendendo in esame soltanto le dimensioni oggettive del fatto. La realtà è sempre filtrata soggettivamente sulla base del proprio vissuto, quindi non si può non tenere conto delle specifiche caratteristiche cognitive, comportamentali ed emotive delle persone coinvolte, del contesto socioambientale in cui sono inserite, delle loro relazioni interpersonali, delle posizioni occupate nelle famiglie o nelle organizzazioni e dei significati che vengono attribuiti collettivamente all’evento avverso.
La storia individuale di ciascuno determina il modo, unico e personale, di far fronte ad una situazione di emergenza. È possibile però individuare determinati modelli di comportamento che generalmente vengono messi in atto da chi cerca ad ogni costo di difendere la vita, la propria e quella degli altri.

3. La lotta per la sopravvivenza
Come ci comportiamo di fronte ad un pericolo? Quali reazioni scattano nella nostra mente e nel nostro corpo quando ci rendiamo conto di trovarci in una situazione in cui c’è in gioco la vita? L’evento critico inatteso, che siamo quasi sempre impreparati ad affrontare, causa una c

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01/11/2009