Raffaele Lupoli

Appetiti animali

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Centomila capi d’allevamento rubati e destinati ai macelli clandestini nel 2008. Torna a crescere il business illegale dell’abigeato. E ai clan mafiosi va la fetta più grande della torta

Altro che ladri di galline. Sarà la crisi o la redditività elevata rispetto ai rischi, ma il business del furto di bestiame – quell’abigeato tanto praticato dalle mafie italiane fin dalle loro origini – è particolarmente fiorente nel nostro Paese. Le stime degli animalisti della Lav e degli agricoltori di Coldiretti coincidono. Nel 2008 almeno 100mila animali sono stati rubati per essere destinati alla macellazione clandestina. A questi vanno poi aggiunti i capi (soprattutto cavalli di razza e tori) sottratti agli allevamenti per usarli come riproduttori o per chiedere il riscatto.

Affare agromafia
L’abigeato è una delle voci più rilevanti del fatturato della cosiddetta “agromafia”, l’insieme dei fenomeni malavitosi a danno delle campagne che secondo la Direzione nazionale antimafia produce un giro di affari di 7,5 miliardi di euro, tra furti di bestiame, attrezzature e mezzi agricoli, racket, estorsioni, il cosiddetto “pizzo” anche sotto forma di imposizione di manodopera o di servizi, danneggiamento delle colture, aggressioni, usura, macellazioni clandestine, truffe nei confronti dell’Unione Europea e caporalato.
Nell’ultimo anno il conto dei soli vitelli, mucche e bufale rubati ammonta a 12mila. Le cinque regioni più colpite sono state la Sicilia, con 2.900 capi scomparsi, seguita da Lazio (2.000) e Calabria (1.700), Sardegna (1.500) e Campania (1.200). «Un danno economico rilevante – sottolineano da Coldiretti – se si considera che un toro può valere fino a 2mila euro, una pecora attorno a 500 euro, mentre i cavalli da corsa possono superare i 100mila euro».

Tragedia nell’ovile
Numerosi i furti scoperti di recente dalle forze dell’ordine. Lo scorso marzo nelle campagne di Piana degli Albanesi, in provincia di Palermo, tre persone hanno tentato di rubare le pecore di un ovile. Due di loro sono entrate dalla finestra, mentre la terza ha aperto la porta. Il proprietario dell’ovile aveva collegato una corda dalla maniglia al grilletto di un fucile calibro 12. Il colpo è finito dritto nel petto del ladro. Pochi giorn

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01/08/2009