Cristiano Morabito
La più amata dagli italiani
Ballerina, cantante, conduttrice, mamma. Lorella Cuccarini racconta le tappe della sua carriera e il suo impegno verso i deboli
Ci sono dei momenti che segnano la nostra vita. Quando, poi, si nasce il giorno della “notte delle stelle”, si può dire che il proprio destino sia veramente segnato. E così è stato per Lorella Cuccarini, stella di prima grandezza dello spettacolo italiano. Un’artista completa, come poche nel mondo dello showbiz nostrano, in grado di cantare, recitare, presentare, ma, soprattutto, di ballare: il suo sogno fin da piccola. Proprio da qui inizia la sua storia. Ce l’ha raccontata in un caldo pomeriggio romano, nella sede dell’associazione Trenta Ore per la vita di cui è testimonial.
Lei definisce il ballo come il sogno che ha sempre inseguito da quando era bambina. Perché?
Non ho mai nascosto le origini umili della mia famiglia. Fin da piccola sono stata abituata a conquistarmi le cose con la fatica e con l’impegno. E così è stato per il ballo. Da ragazza studiavo duramente, ballavo e, dovendo contribuire al bilancio familiare, lavoravo. Adesso sono fiera dei sacrifici fatti in gioventù perché hanno stimolato in me la grinta, la tenacia e la voglia di emergere. Invece oggi molti ragazzi sono abituati ad avere molto, forse troppo, fin dall’inizio.
Tutto questo è stato, quindi, fondamentale per la sua carriera.
È stato sicuramente molto utile. Non è un caso se poi, spesso, quando si vede la storia di tanti personaggi che ce l’hanno fatta, si nota che sono persone che vengono da ambienti molto umili o da parti di città o da province in cui sembra che non si sia mai al centro degli avvenimenti. Come me che abitavo nella periferia romana e avevo la sensazione che non sarebbe potuto mai accadere nulla. Ma ci sono altri esempi. Basta pensare a Michael Jackson, nato in una cittadina sperduta degli Stati Uniti (Gary, nell’Indiana, ndr) e diventato il King of pop.
Nel 1985 Pippo Baudo la notava ad una convention, e…
Partecipavo ad uno spettacolo con altre venti ragazze. Io facevo un paio di numeri da