Lucio Idro

L’unione fa la forza

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L’associazionismo degli enti locali, coordinati dai prefetti, può essere la risposta giusta alle difficoltà nella gestione dei beni confiscati alle organizzazioni criminali. Lo afferma Antonio Maruccia, commissario straordinario di Governo

L’azione di contrasto alla criminalità passa anche attraverso la confisca dei beni appartenuti ad esponenti delle organizzazioni di stampo mafioso, destinandoli a finalità pubbliche o di utilità sociale. In questa ottica il Governo ha istituito, presso la Presidenza del consiglio dei ministri, il commissario straordinario per la gestione e la destinazione dei beni confiscati ad organizzazioni criminali, quale Autorità centrale di coordinamento operativo delle diverse competenze, amministrative e giudiziarie, interagenti in tale procedura. Poliziamoderna ha rivolto al commissario straordinario Antonio Maruccia, magistrato di Cassazione e consulente della Commissione parlamentare antimafia, alcune domande sulla attività svolta in questo primo anno di incarico.

Le prime norme sul riutilizzo dei beni confiscati alla criminalità organizzata risalgano al 1965, ma si ha l’impressione che l’effettivo decollo operativo della procedura sia avvenuto solo in tempi recenti. Quanto ha contribuito, in questo cambio di rotta, l’istituzione della figura del commissario straordinario?

La legge 575/1965 – Disposizioni contro la mafia – ha previsto l’applicazione delle misure di prevenzione personali (sorveglianza speciale, obbligo di soggiorno ecc.) agli indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso. La legge 13 settembre 1982 n. 646 (la cosidetta Rognoni-La Torre) oltre ad estendere tali misure agli indiziati di appartenere alle altre associazioni criminali comunque denominate, ha istituito le misure di prevenzione patrimoniali (sequestro e confisca dei beni frutto o reimpiego di attività illecite).
Successivamente la legge 109/1996 ha introdotto la possibilità di utilizzare i beni immobili per fini istituzionali o sociali, ma le difficoltà sono apparse da subito rilevanti. Infatti già dal 2000 fu istituita la figura del commissario straordinario del Governo per la gestione e la destinazione dei beni confiscati alle organizzazioni criminali che, mantenuta fino al 2003, ha provveduto ad effettuare, principalmente, il monitoraggio dei beni la cui conoscenza era allora frammentaria e lacunosa.
Nel 2007 si è sentita l’esigenza di ricostituire tale figura istituzionale in quanto permanevano sulla materia in questione numerose criticità non risolte.
L’opera di coordinamento svolta finora dall’ufficio del commissario ha dato nuovo impulso all’attività degli enti preposti alla gestione e destinazione dei beni confiscati con un conseguente effettivo miglioramento del sistema nel suo complesso che ha portato all’aumento delle destinazioni e degli immobili sgomberati o comunque liberati dagli occupanti.

Quali sono state le difficoltà più rilevanti incontrate e quali i successi più significativi maturati in questo primo anno di attività nel ruolo di commissario straordinario per i beni confiscati alla mafia?

Le difficoltà incontrate riguardano principalmente l’occupazione degli immobili da parte dei prevenuti e loro familiari o di terzi con i conseguenti contenziosi giudiziari, le ipoteche che spesso gravano sui beni, i casi di confisca pro quota e la necessità di reperire risorse economiche per ristrutturare gli immobili. Per quanto riguarda gli aspetti positivi è stata avviata proficuamente la funzione di coordinamento dell’ufficio del commissario coinvolgendo anche le autorità giudiziarie al fine di raccordare la fase giudiziaria con quella amministrativa con “sperimentazioni” di assegnazioni a fini sociali già nella fase giudiziaria.

In tempi recenti in alcune città come Roma, Milano, Torino e Palermo sono stati costituiti, presso le prefetture, i cosiddetti “Tavoli tecnici istituzionali” al fine di velocizzare il procedimento di destinazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata. È questa la soluzione ottimale in relazione alla necessità di coordinare la pluralità di soggetti e di interessi che gravitano intorno al riutilizzo dei beni stessi?
Proprio il commissario ha proposto a tutti i prefetti la sottoscrizione di un protocollo nazionale tra tutti gli enti coinvolti nella materia dei beni confiscati che vede nei prefetti stessi la figura di coordinamento a livello provinciale e nel commissario la struttura di sostegno ed impulso del sistema a livello nazionale. Tale metodo è stato espressamente indicato quale esempio da seguire nel protocollo sull’utilizzo dei beni confiscati in Campania siglato dal ministro dell’Interno, dal presidente della Regione Campania e dal commissario stesso a Casal di Principe lo scorso luglio.

Al consorzio palermitano dell’Alto Belice va riconosciuto il merito di aver inaugurato, fin dal 2000, una strada più efficace nella gestione dei beni confiscati alla criminalità mafiosa. Può essere quella dell’associazionismo tra enti locali la strategia vincente per un effettivo riutilizzo a fini sociali di immobili sottratti a nomi importanti della gerarchia mafiosa?
I consorzi rappresentano la strategia vincente poiché gli enti locali mostrandosi uniti di fronte alle organizzazioni criminali che, sebbene colpite, sono ancora presenti sul territorio, riescono a fronteggiarle realizzando quei provvedimenti che da soli difficilmente avrebbero la forza di adottare.
I consorzi, costituiti mediante una convenzione ed uno statuto che ne disciplina gli organi, hanno spesso una durata ventennale (rinnovabile) che consente un’adeguata programmazione di investimenti sui beni conferiti con positivi effetti occupazionali.
In Sicilia operano il Consorzio sviluppo e legalità in provincia di Palermo, che è il primo organismo del genere costituito in Italia. Sui terreni e sugli immobili dei Comuni appartenenti a questo Consorzio operano con risultati eccellenti dal punto di vista economico e valoriale, le cooperative sociali facenti capo al progetto Libera Terra impegnate, tra l’altro, nella coltivazione e commercializzazione in tutto il territorio nazionale di prodotti agricoli che danno in concreto il senso – e il gusto – di una legalità riaffermata. Operano, ancora, il Consorzio agrigentino per la legalità e lo sviluppo in provincia di Agrigento e il Consorzio trapanese per la legalità e lo sviluppo in provincia di Trapani.
In provincia di Catania, la prefettura ha recentemente promosso la costituzione di un nuovo Consorzio tra Comuni finalizzato, dopo che quello denominato Libertà e Legalità, costituito nel 2003, su impulso dello stesso prefetto si avvia allo scioglimento. L’Ufficio è stato immediatamente coinvolto, sin dalla redazione dello Statuto, e parteciperà alle successive fasi della vita del nuovo organismo essendo forte la necessità che anche in questa parte della Sicilia si sviluppino strumenti di rafforzamento delle iniziative degli enti locali per l’utilizzo pieno dei numerosi beni confiscati presenti su quel territorio.
In Campania operano il Consorzio Sole, in provincia di Napoli ed il Consorzio Agrorinasce, in provincia di Caserta.
Si tratta di due realtà di grandissima rilevanza, protagoniste positive di una serie di importanti interventi di ristrutturazione e riconversione di beni confiscati realizzate attraverso Progetti pilota a valere sulle risorse comunitarie del PON Sicurezza 2000/2006. Il Consorzio Sole, poi, è attivo protagonista,come già si è detto, nella presentazione di idee e progetti di riconversione, di grande visibilità e valenza economica e simbolica, da realizzarsi nell’ambito dell’Obiettivo operativo 2.5 (ristrutturazione o riconversione di beni confiscati) del PON Sicurezza 2007/2013.

La procedura di restituzione alla comunità dei beni confiscati pur avendo un’alta valenza socio-economica, soprattutto per il nostro Meridione, si presenta ancora assai difficoltosa sotto vari aspetti. Su quali fronti è necessario intervenire per risolvere le problematiche di tipo amministrativo, finanziario e giudiziario che impediscono il celere e pieno recupero degli immobili sottratti alla malavita organizzata?

Nella parte del pacchetto sicurezza già entrato in vigore sono contenute alcune misure importanti quali la possibilità di continuare il procedimento di prevenzione patrimoniale anche in caso di morte del soggetto, la revoca dell’assegnazione del bene qualora lo stesso sia rientrato sotto il controllo del prevenuto anche per interposta persona ed altre ancora. Nel ddl 733-B, approvato dal Senato il 2 luglio scorso, sono previste norme di razionalizzazione del sistema di gestione dei beni confiscati tra cui principalmente quella che conferisce il potere di destinazione dei beni ai prefetti anziché al Demanio. Inoltre sono stati presentati alcuni emendamenti che prevedono una figura centrale (Agenzia o struttura presso la Presidenza del consiglio dei ministri) di coordinamento che si ritiene ugualmente necessaria.
Risultano altresì necessarie ulteriori modifiche normative compiutamente indicate nella relazione finale che abbiamo consegnato al presidente del Consiglio per le relative valutazioni.
A mio parere si tratta di provvedimenti necessari per giungere alla risoluzione delle problematiche che da troppo tempo gravano sulla materia dei beni confiscati impedendo l’effettiva restituzione alla collettività del maltolto.


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