Annalisa Bucchieri
Arma bianca e cronaca nera
Da caccia, da pesca o semplicemente da cucina, il coltello nelle sue infinite versioni rimane il modo più facile ed economico per andare in giro armati
Negli ultimi mesi quando gli animi si accendono torna a luccicare la lama di un coltello, con esiti fatali quanto assurdi. La lite per un parcheggio, il battibecco tra condomini: motivi improbabili per rimetterci la vita. Quello che credevamo un ricordo da duello rusticano, legato all’immagine del bulletto di quartiere, quello che consideravamo ferro da malavita, da delitto d’onore lavato con il sangue, sorpassato e sovrastato dal rumore della stagione degli spari e delle bombe degli Anni di piombo, torna a riconquistarsi l’attenzione, diventando protagonista negativo di decine di casi di cronaca nera ogni settimana.
Per lungo tempo è stato il leit motiv degli ultras violenti: la puncicata al tifoso rivale, colpito con il coltello al gluteo in modo da far male senza rischiare di uccidere. Una pratica “medievale” che si rinverdisce ad ogni grande incontro di calcio, pur nel complesso perfetto, come l’ultima finale di Champions league nella Capitale.
Poi il campo di applicazione si è improvvisamente allargato. Sempre più giovani lo tengono nello zaino tra i libri di scuola per minacciare i compagni; sempre più risse tra italiani e stranieri, a Genova come a Palermo, finiscono con il sangue che scorre dai tagli; sempre più rapine in casa sono perpetrate serialmente spaventando gli inquilini con torce e coltelli. Lo agitano gli stupratori alla gola delle malcapitate vittime per immobilizzarle a Roma, lo usano psicolabili contro i genitori e contro i figli nei momenti di raptus omicida. Diventa coltello della vendetta per l’uomo depresso e abbandonato, come è successo davanti ad un asilo di Milano. E addirittura strumento di punizione tra dodicenni per uno sguardo di troppo lanciato alla fidanzatina di un altro durante la festa patronale a San Giorgio a Cremano, centro del napoletano dove l’uso del coltello è così diffuso che il cardinale Crescenzio Sepe ha invitato due anni fa a deporre le armi da taglio in una cesta sotto il crocefisso durante la Quaresima.
Succede dappertutto in Italia e per le ragioni più disparate. Telegiornali e quotidiani lo decretano già come un fenomeno allarmante. Ma in realtà facendo sfumare l’impatto emotivo che possano avere le notizie di accoltellamenti che rimbalzano da un media all’altro, i dati della Direzione centrale della polizia criminale parlano chiaro: l’andamento degli omicidi compiuti con l’arma bianca nel nostro Paese è costante dal 2006, attestandosi all’incirca su 140 casi annui. L’aspetto più sorprendente e preoccupante, rispetto al passato, è l’aumento di reati compiuti con il coltello dai giovani, anche minorenni, per estorcere soldi o telefonini, per intimidire i rivali in amore, per estromettere dal proprio territorio “gli stranieri”, per regolare qualsiasi diverbio, perfino quello relativo ad una maldicenza o ad un’interrogazione in classe.
Solo a scatto è fuorilegge
Per possedere un coltello, anche con lama superiore ai 4 cm di lunghezza, non c’è bisogno di procurarsi il porto d’armi, quindi spender tempo in pratiche burocratiche e trafile per richieste di autorizzazioni e nulla-osta. Unica eccezione è il coltello a scatto o a molletta di cui la legge, considerandolo “arma propria”, vieta sia l’acquisto che la detenzione, prevedendo il sequestro e pesanti sanzioni a chi lo porta addosso o nel vano portaoggetti dell’automobile. Ma tutte le altre infinite versioni delle lame, da quelle per intagliare il legno a quelle per preparare il sushi, comprese quella atta a scuoiare un orso o una sciabola da schermidore, son