Alice Vallerini*

Droga

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Tra vecchi e nuovi sballi. Rotte e mercato degli stupefacenti

Introduzione
Il numero dei consumatori di pasticche s’impenna, mentre cala in picchiata l’età di chi fa uso di droghe. I luoghi di scambio degli stupefacenti da “sballo” si diversificano, tanto da permettere agli acquirenti di reperire la merce non solo nei locali ma anche nelle scuole all’ora dell’intervallo e poi di consumarla nei bagni a pochi metri dall’aula nella quale l’insegnante fa lezione. Il profilo dello spacciatore si modifica, facendo sì che anche il 15enne abituato a fare uso sporadico di marijuana possa essere rapidamente annoverato dall’amico-pusher tra gli adepti allo smercio, da esercitare tra la sua ristretta cerchia di conoscenti grazie a poche istruzioni e piccole “dritte” dispensate proprio dal fornitore. È un mondo dalle mille facce e in continua evoluzione quello delle droghe: segue le leggi del mercato e della società che cambia, si modella secondo le novità che riguardano i rapporti internazionali tra gli Stati dove si producono gli stupefacenti, muta al variare delle tendenze socio economiche dei Paesi ma anche delle attività di contrasto delle forze dell’ordine, cui i trafficanti cercano costantemente di sfuggire studiando di volta in volta nuove strategie di trasporto e spaccio.

1. Policonsumo e boom delle sintetiche
Se i derivati della cannabis, come hashish e marijuana, continuano ad essere le droghe in assoluto più consumate (nel 2007 in Italia i chili di cannabis sequestrati dagli agenti di polizia e dalle dogane sono stati quasi 25mila mentre nel 2008 la cifra è salita a quasi 37mila), nell’ultimo periodo, a far registrare un vero e proprio boom non solo in Italia ma nell’intera Europa è stata la compravendita di droghe sintetiche, che ha spinto le forze dell’ordine ad alzare la guardia ed a rafforzare ancora di più il contrasto verso l’uso e lo smercio di questo tipo di stupefacenti dai nomi esotici come Shaboo, Ice, Cobret: solo nel 2008 i sequestri di amfetaminici in dosi sono stati più di 51mila (in polvere pari a quasi sette chili).
L’escalation del numero dei consumatori di pasticche emerge dai monitoraggi della Direzione centrale dei servizi antidroga (Dcsa), organismo interforze del Dipartimento della pubblica sicurezza guidato dal dirigente generale Stefano Berrettoni, è da addebitare a una serie di dinamiche sociali, in primis un nuovo desiderio di “sballo” che, con il passare del tempo, pervade target diversi da quello circoscritto ai frequentatori di locali e discoteche. Ma soprattutto a questioni economico-gestionali che riguardano da vicino l’attività di pusher e trafficanti: le droghe sintetiche si preparano infatti rapidamente, anche con il fai da te, ed è relativamente semplice reperire la materia prima. Per avere un’idea di cosa comporti la facilità di rifornirsi della “merce” è sufficiente soffermarsi sui metodi e le tempistiche di approvvigionamento di alcuni degli spacciatori incastrati lo scorso anno dalla polizia. Un esempio su tutti, quello del tunisino arrestato a Brindisi perché trovato in possesso di circa 20mila pasticche di Ecstasy: grazie agli accertamenti degli agenti è venuto fuori che l’uomo, nel corso di un anno, era andato a rifornirsi per ben 44 volte in Olanda, dove com’è noto il sistema sanzionatorio è più debole rispetto a quello di altri Paesi e il via vai di pusher da anni non conosce tregua.
Alla semplicità di acquisto dello stupefacente da rivendere al dettaglio si aggiungono gli incassi stellari per gli spacciatori, che costituiscono la reale spinta a buttarsi a capofitto nel business. I numeri parlano da sé: oggi l’Ecstasy Mdma, la più famosa delle sostanze sintetiche creata per la prima volta nel 1912 in Germania, ha un costo di produzione che si aggira sui cinquanta centesimi e un prezzo di vendita che può oscillare tra i cinque e i dieci euro a pasticca. I “vantaggi” della diffusione delle droghe sintetiche, quelle che gli inglesi definiscono Dance drugs (“droghe da sballo”), non riguardano però solo i venditori: grazie al boom delle pasticche oggi gli acquirenti hanno infatti la possibilità di comprare stupefacenti non solo nei locali, come accadeva fino a poco tempo fa, ma anche in una serie di altri luoghi di aggregazione tra cui le scuole medie secondarie dove sempre più spesso le droghe “da sballo” si consumano già in prima mattinata. Mentre si modificano le tipologie di narcotici maggiormente richieste e mutano i luoghi dello scambio, resta in piedi e si fortifica il fenomeno del policonsumo, la tendenza in voga già da anni a fare uso di più sostanze in modo combinato nell’ambito di un lasso di tempo breve, un’abitudine ben diversa dalla “tossicodipendenza da eroina” registrata negli Anni ‘70 : alcol, tabacco e farmaci vengono così assunti assieme agli stupefacenti in un mix diabolico che spesso può rivelarsi letale, esattamente come la mescolanza di droghe di vario tipo prese una dopo l’altra nella stessa serata. Il fumo e l’abitudine a bere, tra l’altro, sebbene siano leciti entro i margini del consentito, sono considerati da sempre fattori “di rischio” per l’avvicinamento al mondo delle droghe: gli esperti non hanno dubbi sul fatto che i non fumatori consumano in genere meno alcol di chi ha sempre in tasca il pacchetto di sigarette, e per una serie di motivi hanno oggettivamente meno possibilità di entrare in contatto con certi tipi di sostanze.

2. Come si comincia e perché
Curiosità, voglia di sentirsi parte del gruppo, di evadere dalla routine della quotidianità, ma anche desiderio di sentirsi più forti e di sfidare se stessi. I fattori che spingono i ragazzi, e non solo loro, ad avvicinarsi alle droghe sono da tempo sempre gli stessi. Se però fino a qualche anno fa lo spinello era considerato la più comune “via d’accesso” al variegato e vasto mondo degli stupefacenti, e l’ecstasy era limitato a circostanze particolari come le serate in discoteca, oggi non è più così: le droghe sintetiche sono diventate “sostanza d’ingresso”, tanto che sempre più frequentemente i giovani approdano direttamente alle pasticche senza passare per la marijuana. Una volta entrati nel circuito, poi, non è semplice né scontato riuscire a trovare la via d’uscita: sperimentate le sensazioni legate all’assunzione dello stupefacente, infatti, la voglia di riprovare il piacere provato nella prima occasione può diventare incontrollabile e spingere il consumatore a ripetere l’esperienza entrando così in uno stato di dipendenza fisica e psicologica dalla droga.
Il tipo di sostanza verso il quale ci si orienta dopo il primo approccio dipende da una serie di fattori personali ma anche sociali: ai tempi in cui l’eroina fece registrare il suo exploit, gli esperti rilevarono che la forte richiesta era per lo più dettata dalla ricerca del superamento di uno stato di difficoltà che si sperava di risolvere con l’assunzione di una droga capace di “abbassare” il livello di ansia e preoccupazione. Oggi si cercano sensazioni diverse, e la diffusione di cocaina e pasticche lo dimostra: si insegue uno stato di eccitazione, una percezione di sé “al di sopra delle righe” anche in situazioni differenti dalle serate del week end in cui imperversa lo “sballo”. Si vuole stare bene con gli amici, tenere lontani i problemi della vita quotidiana, non sentire la fame e il sonno, riuscire a “rispondere” al meglio alle sfide e ai ritmi frenetici moderni. Fermo restando che ogni persona “tara” il mix di stupefacenti da assumere in base alla circostanza specifica che si trova ad affrontare: nelle serate tra amici in casa – spiegano gli esperti – la polvere bianca o le pasticche vengono spesso abbinate ad eroina o ketamina, in modo da bilanciare i rispettivi effetti di eccitazione e calma e cercare di raggiungere lo stato “desiderato” attraverso un dosaggio dei componenti studiato ad hoc. Uno degli aspetti più inquietanti, nel quadro complessivo, è che i “policonsumatori”, abituati a fare uso di un numero consistente di pasticche, non si considerano in genere dei drogati: quasi sempre sono convinti di avere la capacità di poter riprendere in qualunque momento le normali attività scolastiche, lavorative o familiari una volta terminato l’effetto della droga. Un’idea puntualmente smentita dalla realtà: il più delle volte i consumatori abituali, appena terminato l’effetto della pastiglia sentono immediatamente la necessità di “calarsi” un’altra volta.

3. Smart drug: una questione spinosa
Quello della diffusione delle Smart drug, cosiddette “droghe furbe”, è un fenomeno relativamente recente verso il quale le forze dell’ordine faticano a prendere una posizione per via di un assetto legislativo che rende non perseguibili e dunque liberamente vendibili una serie di composti di origine naturale o sintetica che possono avere effetti nocivi sull’organismo se assunti in determinate dosi o modalità. Si tratta di sostanze ampiamente sfruttate in ambiti completamente diversi da quello degli stupefacenti, ad esempio il settore tessile, che contengono principi attivi di estratti vegetali come caffeina ed efedrina, vitamine ma anche allucinogeni. Possono essere assunte sotto forma di bevande energetiche, infusi, gocce o pastiglie all’apparenza innocue. Dal punto di vista della composizione chimica si distinguono in “stimolanti” e “vegetali”, come l’assenzio, un liquore ricavato dalla pianta Artemisia Absinthium, il cui uso prolungato può provocare convulsioni e serie difficoltà respiratorie. Gli esperti spiegano che la clientela degli Smart shop, i negozi in cui si vendono le “droghe furbe”, nei quali si trovano anche una serie di prodotti utili per la coltivazione e accessori per fumare come pipette e vaporizzatori, è vasta e trasversale: sbirciano tra gli scaffali studenti spinti dalla voglia di sperimentare qualcosa di nuovo senza il rischio di essere “pizzicati” dalle forze dell’ordine, adulti in cerca di pasticche con effetti simili al viagra o agli afrodisiaci, gruppi di amici con voglia di provare le “sensazioni psichedeliche” che alcuni funghi promettono.
A mettere in difficoltà le forze dell’ordine impegnate nel contrasto alla compravendita di stupefacenti è l’impossibilità di intervenire efficacemente per bloccare il business delle Smart drug, di fatto legali sebbene potenzialmente pericolose per la salute. Come spiegano alla Direzione centrale per i servizi antidroga, le sostanze in vendita negli Smart shop non sono infatti contenute nelle tabelle del ministero della Salute nelle quali è indicato il principio attivo presente in ogni droga. A rendere impossibile un intervento repressivo mirato è dunque l’assenza a livello normativo di definizioni precise in merito a questo tipo di sostanze: l’assetto legislativo relativo alle “droghe furbe” è in piena evoluzione (la Corte di Cassazione deve ancora pronunciarsi sul tema dopo i numerosi solleciti delle forze dell’ordine impegnate sul campo) tanto che gli “addetti ai lavori” continuano a lamentare l’esistenza di una “zona grigia”.
 

LA NORMATIVA
Risale al dicembre 2006 l’ultima novità di rilievo introdotta a livello legislativo nell’ambito della normativa relativa al contrasto al narcotraffico. Si tratta della modifica dell’articolo 93 dpr 309 del ‘90, che prevede la possibilità per le forze dell’ordine di avvalersi di ausiliari di pg per le attività sotto copertura nei servizi antidroga ed implica quindi in caso di necessità l’eventuale scesa in campo di esperti in vari settori non legati alle forze di polizia. L’operato di queste figure, che deve essere ogni volta autorizzato dalla polizia giudiziaria, si rivela spesso cruciale ai fini delle indagini: esperienze professionali “di ampio respiro” maturate in ambiti diversi possono riuscire a dare nuovo impulso agli accertamenti, grazie a saperi ed esperienze che si incrociano con quelle degli agenti.
Per quanto riguarda la normativa di base, con la legge 49 del 2006 è stato modificato il Testo unico in materia di stupefacenti (legge 309/90) e abolita la distinzione tra droghe pesanti e leggere. In base a quanto stabilito dalla norma, le sostanze vengono suddivise in due categorie: droghe illegali (eroina, cannabis, cocaina, eccetera) e farmaci. Il criterio che distingue lo spaccio dal consumo è quello della soglia minima: oltre al limite prefissato dalle autorità è possibile identificare il reato di spaccio, mentre le persone trovate in possesso di quantità ritenute per uso personale vanno incontro solo a sanzioni amministrative.

4. Contrasto al narcotraffico
Attività illegali di più tipi gestite con dimestichezza dalle stesse bande, per le quali il reinvestimento dei proventi nel redditizio mercato della droga è diventato ormai una prassi. Trafficanti che si specializzano in modalità di trasporto della merce sempre più sofisticate e che inventano nuove rotte per sfuggire ai controlli. È un lavoro complesso e in continua evoluzione quello della Direzione centrale per i servizi antidroga, l’organismo interforze che opera per il ministero dell’Interno in ambito nazionale e internazionale per contrastare il traffico di stupefacenti, e che è impegnato anche in una serie di programmi di intervento per la prevenzione della tossicodipendenza. La “missione” cui sono chiamati gli investigatori, come illustra il questore Sebastiano Vitali, direttore del 3° servizio dell’Antidroga, rappresenta una sfida: oggi più che mai la lotta alla droga implica una visione a tutto campo da parte delle forze dell’ordine, visto che la criminalità organizzata agisce sempre più spesso secondo sinergie.
Per colpire i trafficanti, in sostanza, gli agenti devono tenere conto delle diverse attività illegali commesse in contemporanea dalle bande, monitorare il modo in cui vengono investiti i proventi, e nel contempo vigilare sul coinvolgimento delle mafie nel business del narcotraffico dove le cosche affondano sempre più spesso i propri artigli, attratte da un margine di guadagno altissimo. Non è un caso se la Libia, da cui partono a scadenze fisse gruppi di immigrati che cercano di approdare clandestinamente in Italia, è diventata oggi un vero punto di riferimento per la compravendita degli stupefacenti. E non è per coincidenza se molte delle bande albanesi che anni fa cominciarono a specializzarsi nel trasporto di clandestini si sono poi attivate anche nel campo della droga: i gruppi criminali hanno capito che il metodo migliore per “ottimizzare” tempo e risorse è quello di agire su più fronti, parallelamente. Sfruttando gli stessi canali per tentare di mandare in porto traffici illeciti diversi.

5. Produzione, cambiano le strategie di mercato
Sebbene cocaina e pasticche sintetiche conquistino col passare del tempo fette sempre più consistenti di fruitori, resta la cannabis la sostanza più consumata al mondo: secondo le stime dell’Onu le persone che fanno uso ogni giorno di cannabinoidi oggi sono ben centosettantamila. Alla luce dei nuovi scenari, l’Afghanistan, paese leader nella produzione di eroina da cui proviene il 93 per cento di quella in circolazione, ha scelto di diversificare le proprie colture e di concentrarsi maggiormente sui cannabinoidi, la cui richiesta non conosce flessioni e la gestione risulta più semplice di quella necessaria per altre sostanze visto che non implica trattamenti speciali, laboratori ad hoc o costosi passaggi di trasformazione. D’altronde, come spiegano gli esperti del settore, se l’eroina “non va più” come una volta non è solo per le mutate esigenze del consumatore in cerca di sensazioni differenti da quelle che si inseguivano un tempo, ma anche per la complessità della produzione e i lunghi tempi tecnici necessari alle trasformazioni, cui vanno aggiunti i costi non da poco per la manovalanza.
Tra gli effetti recenti provocati dal drastico calo della richiesta di eroina rientra la mobilitazione di alcuni Paesi esportatori di stupefacenti in auge come la cocaina: preoccupati dall’abbassamento del costo della droga proveniente dall’Afghanistan, deprezzata dalla sovrapproduzione, i colombiani hanno infatti scelto un’azione “di forza” per evitare che sul mercato venisse immessa una grande quantità di eroina low cost. I trafficanti sudamericani di polvere bianca hanno così deciso di acquistare buona parte del raccolto Afghano per scongiurare il rischio che un netto calo dei prezzi dello stupefacente invenduto potesse rinvigorirne il mercato e far “migrare” alla concorrenza i nuovi consumatori di coca.

6. Le nuove rotte
È stata per anni una delle rotte più battute dai trafficanti di droga, ma nell’ultimo periodo la tratta America Latina-Spagna è stata “abbandonata” da molte organizzazioni: troppo alto il rischio d’imbattersi nei controlli delle forze dell’ordine, che in quest’area come in altre si fanno ogni giorno più serrati. Oggi le bande cercano di far approdare la “merce” a destinazione in modo alternativo rispetto al passato, scegliendo quasi sempre l’Africa come punto di stoccaggio per lo stupefacente, che dal Continente parte per i diversi paesi di destinazione solo dopo una tappa più o meno lunga. In auge la rotta “del sale”, che dal Senegal porta in direzione della Mauritania, del Mali e del nord Africa permettendo lo sbocco sul Mediterraneo, ma anche la tratta del deserto libico. All’Antidroga spiegano che a determinare un forte cambiamento nella scelta delle rotte, e ad ostacolare le attività dei trafficanti abituati a sfruttare metodi di trasporto “tradizionali”, ha contribuito in modo decisivo l’accordo stipulato nel settembre del 2007 da Italia, Francia, Spagna, Inghilterra, Portogallo, Irlanda e Olanda: due anni fa i sette Paesi hanno infatti dato vita ad un organismo denominato Maocn (Maritime analisis operation center narcotics) che grazie all’impegno delle rispettive polizie e marine militari controlla costantemente il traffico navale (a breve la vigilanza sarà estesa anche a quello aereo) dal Sud America all’Africa, permettendo di abbordare le imbarcazioni prima dell’avvicinamento alle coste. I risultati dell’attività d’équipe sono stati subito concreti: solo nel 2008 il Maocn ha posto sotto sequestro ben 35 tonnellate di cocaina.
Alla luce dei nuovi scenari e dell’opera di contrasto da parte delle forze dell’ordine che si fa sempre più mirata – spiegano all’Antidroga – i trafficanti hanno cercato di mettere a punto metodi di trasporto degli stupefacenti diversi rispetto a quelli utilizzati tempo fa.
Oggi sempre più spesso si sfruttano aerei bimotore dotati di serbatoi supplementari, che partono dal Venezuela e raggiungono l’area della Guinea (tra i velivoli approdati in questa zona lo scorso anno, anche un boeing 737 con a bordo otto tonnellate di coca che riuscì ad arrivare a destinazione grazie alla “collaborazione” di un aeroporto militare compiacente). In alternativa, si sfruttano semisommergibili che attraversano l’oceano trainati da grandi navi e che dispongono di un proprio motore grazie al quale possono navigare in autonomia una volta giunti nei pressi delle coste.

 

SEQUESTRI
Secondo i dati elaborati dalla Direzione centrale dei servizi antidroga sulla base delle attività di contrasto al narcotraffico svolte dalla polizia e dalle dogane, dal 1 gennaio al 31 dicembre del 2007 i sequestri di sostanze stupefacenti o psicotrope ammontano in tutto a 31.950 chilogrammi (eroina 1.897 e cocaina 3.929) mentre se si considerano i dodici mesi che vanno dal 1 gennaio al 31 dicembre 2008 la cifra sale a 42.196 (eroina 1.323,875 e cocaina 4.112) con una variazione percentuale del 32,07 % e una diminuzione da un anno all’altro nei sequestri di eroina del 30,22 %. Per quanto riguarda la cannabis nel 2007 sono stati sottratti ai trafficanti 24.584 chilogrammi di stupefacenti tra hashish e marijuana, mentre nel 2008 il dato sale a 36.487. Passando agli amfetaminici, le dosi requisite due anni fa sono state 388.053 e il quantitativo in polvere 15,25 chili, mentre nel 2008 le cifre sono rispettivamente 51.169 e 6,8 chili. Per i sequestri di amfetaminici in dosi, i monitoraggi attestano un calo quasi del novanta per cento da un anno all’altro mentre per la polvere si parla di un 55,08 %. Gli ultimi dati riguardano il numero complessivo delle operazioni antidroga e le persone segnalate all’autorità giudiziaria: le prime nel 2007 sono state 22.111 e nel 2008 22.470, mentre gli spacciatori finiti nel mirino delle forze dell’ordine nel 2007 sono stati 35.451 (10.750 gli stranieri e 1.038 i minori) e 35.097 nel 2008 (11.406 gli stranieri e 1.124 i minori).

7. I nascondigli per il trasporto
I cartelli internazionali della droga mettono in campo strategie sempre più aggressive ed espansionistiche nell’invadere nuovi mercati. Non è un caso se gli schemi di distribuzione sono in continua evoluzione e spesso altamente sofisticati: attraverso i loro contatti i trafficanti hanno modo di assumere i migliori cervelli nei settori giuridico, finanziario, logistico e chimico. Nei piani d’azione di alto livello di cui il più delle volte dispongono le organizzazioni, l’occultamento delle sostanze rappresenta uno degli elementi cruciali: un sistema di trasporto ingegnoso e studiato al dettaglio è indispensabile per il trasporto dei grossi quantitativi di merce illegale che a scadenze fisse parte dai luoghi di produzione per arrivare a quelli di trasformazione.
Specie nei lunghi tragitti, le tecniche utilizzate per nascondere la droga sono le più varie. Quasi sempre, nel tentativo di sfuggire ai controlli con le unità cinofile, lo stupefacente viene mischiato con altre sostanze come caffè, tè, benzina o profumi in modo che il suo aroma venga dissimulato. Contemporaneamente, si cerca di eludere i reagenti utilizzati dalle autorità per l’identificazione delle sostanze sospette.
Fra i nascondigli più ricorrenti i doppifondi delle valigie, i vani realizzati nei serbatoi e nei cruscotti delle auto, i containers, i barattoli per le conserve e la frutta sciroppata, i tubetti per i dentifrici e le creme, le intercapedini realizzate nelle suole e nei tacchi delle scarpe, ma anche i telai delle moto e delle bici, i portasapone, gli orologi a muro, le cavità ricavate in blocchi di marmo e perfino i pc portatili. Uno dei metodi più sofisticati è l’utilizzo di materiali assorbenti come stoffe, cartone e libri che attraverso specifici procedimenti chimici trattengono lo stupefacente, poi recuperato successivamente tramite un procedimento inverso. La droga, ad esempio, può essere disciolta in un solvente e il liquido ottenuto utilizzato per impregnare un capo di abbigliamento: facendo evaporare la soluzione, il vestito trattiene la sostanza che in seguito verrà estratta utilizzando il procedimento inverso. Tecnica originale è poi quella di realizzare manufatti di produzione artigianale come statuine e busti, impiegando la droga come materia prima e lavorandola come se fosse creta. Il sistema più pericoloso, invece, risulta ancora il trasporto di droga contenuta in ovuli ingeriti nello stomaco, micidiali in caso di rottura. Nel 2008 sono stati riscontrati 1.507 casi di occultamento che hanno visto come sostanza leader la cocaina in 845 casi (56%) seguita dall’hashish in 337 (22%), dall’eroina in 220 casi (14%), dalla marijuana in 82 (5%), da altre droghe 29 occasioni (2%), dalle piante di cannabis 14 casi (1 %) e infine dalle droghe sintetiche con 9 casi (meno dell’uno per cento).
 

DOVE FINISCE LA DROGA SEQUESTRATA
La destinazione delle sostanze stupefacenti sequestrate è regolata dalla legge 309/90. In qualche caso sporadico le droghe possono essere utilizzate, per esempio, per istruire i cani antidroga o destinate ai laboratori della polizia scientifica per motivi di ricerca. In linea di massima però la legge prevede che la droga sequestrata venga distrutta in appositi inceneritori con caratteristiche ben precise e sotto il rigido controllo di una commissione.

8. Il lungo viaggio degli ovulatori
Tantissimi sono i corrieri che a livello internazionale si prestano, per poche migliaia di euro, al trasporto della droga, custodita sia nel bagaglio dell’auto su cui viaggiano che sul proprio corpo. Un sistema sfruttato prevalentemente lungo le rotte che hanno come punto di partenza il Sud America e l’Africa. I quantitativi variano da qualche centinaio di grammi, in genere non più di un chilo se trasportati sul corpo del corriere, a diversi chili (fino a 30-40) se sistemati insieme al bagaglio. Nella maggior parte dei casi chi s’imbarca col carico parte da Paesi diversi da quelli dove la droga viene prodotta, in modo da destare minori sospetti durante il controllo doganale una volta a destinazione.
I cosiddetti “ovulatori” sono persone che trasportano illegalmente droghe nascondendole nel proprio corpo: nella maggior parte dei casi viaggiano con cocaina, ma il sistema è sfruttato di frequente anche per l’eroina. I narco-corrieri, che emulano pratiche più antiche come l’occultamento rettale di diamanti da parte dei minatori del Transvaal o il trasporto di microfilm durante la guerra fredda, sono conosciuti con il termine anglosassone di body packers o mules o higher angels. I pacchetti ingeriti, preparati usando i materiali più diversi (cellophan, gomma, plastica, lattex, alluminio o nastro isolante ma anche i comuni condom in commercio) sono introdotti per via orale, rettale o vaginale e recuperati una volta superate le frontiere. I body stuffer, detti anche mini packer, invece, sono in genere piccoli trafficanti o consumatori che, giunti per una qualche circostanza in contatto con le forze dell’ordine, impulsivamente ingoiano la droga in involucri preparati furtivamente, sperando così di evitare l’arresto.
Anche se la pratica del trasporto intracorporale ha oramai raggiunto un’alta percentuale di successo sia per la progressiva sofisticazione nella preparazione dei pacchetti, confezionati sempre più spesso in maniera semi-industriale, sia per l’addestramento dei narco-corrieri prima della loro partenza, non è raro che gli involucri ingeriti possano rompersi durante il percorso provocando così gravi complicazioni come l’occlusione intestinale e l’intossicazione acuta che in alcuni casi può anche provocare la morte.
Nel tracciare il profilo dell’ “ovulatore-tipo”, all’Antidroga spiegano che in genere ci si trova di fronte soggetti di modesto livello socio-economico, per lo più maschi sui trent’anni, che spesso compiono il loro primo viaggio in aereo proprio in queste occasioni, forniti di nuovo passaporto o di passaporto falso. Guadagnano in media tra i mille e i duemila dollari per ciascuna tratta, e sono quasi sempre inconsapevoli dei rischi legali e delle complicanze mediche a cui possono andare incontro ingerendo droga. Gli speciali pacchetti che gli ovulatori trasportano, se introdotti nel tubo digerente per via orale, sono di piccole dimensioni, ma possono anche raggiungere proporzioni notevoli se assunti per via rettale. In questo caso i contenitori, introdotti anche con movimenti diaframmatici, sono spinti verso i tratti vicini all’intestino crasso in modo da renderne impossibile l’individuazione attraverso l’esplorazione rettale. Sono stati diversi nell’ultimo periodo anche i casi in cui pacchetti di droga sono stati trovati dalle forze dell’ordine nel condotto uditivo esterno dei corrieri o nella vagina, dove sono state rinvenute confezioni anche della lunghezza di sedici centimetri con dentro 1.700 grammi di stupefacente.
L’abilità nel confezionare ed ingoiare gli involucri senza entrare in contatto diretto con le sostanza nocive, appresa dai corrieri in alcuni casi in veri e propri campi di addestramento prima della partenza, rende molto difficile l’identificazione di “soggetti sospetti” attraverso il metodo della ricerca dei metabolici delle droghe nelle urine e nel siero.
Gli esperti spiegano anche che i corrieri non si muovono quasi mai da soli, tant’è che spesso sullo stesso volo ne possono viaggiare venti o trenta. Uno stratagemma utilizzato nella consapevolezza che il personale di controllo all’arrivo è a volte molto limitato: giocando sui grandi numeri, il narcotrafficante preferisce sacrificare uno o più corrieri con la sicurezza di veder arrivare a destinazione gran parte della sostanza stupefacente contrabbandata. Anche quando solo uno degli uomini riesce a superare i controlli, la quantità di droga che arriva a destinazione può essere considerevole: una sola persona può essere in grado di ingoiare anche 105 ovuli.
In tema di confezionamento dei pacchetti, le
tecniche più utilizzate sono due, oramai consolidate: la cocaina cloridrato in polvere (circa 10 grammi) viene chiusa in un sacchetto di polietilene sottile e avvolta con diversi strati di nastro autoadesivo plasticato, in modo da ottenere una forma allungata simile ad un uovo. In alternativa la coca cloridrato in polvere (circa 10 grammi) può essere inumidita con pochissima acqua e poi pressata per darle la forma di un ovulo, successivamente lasciato essiccare: il “pacchetto” viene poi avvolto in un film di polietilene sottile, quindi inserito in un tubo di lattice della dimensione di un dito, legato ad entrambe le estremità, nuovamente avvolto in un film di polietilene ed infine infilato in un tubo di lattice. L’ovulo in ultimo viene immerso in un bagno di paraffina fusa e, una volta raffreddato, è pronto per essere ingoiato.
Uno degli ultimi metodi di trasporto dello stupefacente è quello adottato da un’organizzazione di narco-trafficanti colombiani abituata ad utilizzare cani per il traffico di cocaina. Consiste nell’introduzione di cilindri di polvere bianca, ricoperti di lattex, nella regione addominale dei cani, attraverso una piccola incisione, chiusa poi con una sutura. Una volta cicatrizzata e ricresciuto il pelo (in un lasso di tempo variabile da uno a tre mesi), gli animali venivano spediti via aerea nel Paese destinatario della droga.

 

INIZIATIVE DI PREVENZIONE
La Direzione centrale per i servizi antidroga non si occupa solo degli aspetti legati alle attività di contrasto al narcotraffico ma mette in campo anche diverse iniziative in tema di prevenzione. In quest’ottica l’organismo interforze ha da tempo avviato una collaborazione con il Dipartimento politiche antidroga della Presidenza del consiglio dei ministri nel testare il Progetto denominato Sapd. (Sistema di allerta precoce e risposta rapida per le droghe) che punta all’identificazione delle sostanze stupefacenti in circolazione sul territorio nazionale, all’individuazione dei possibili rischi sanitari legati all’utilizzo delle sostanze e alla successiva individuazione dei potenziali utenti-consumatori. Sempre in ambito di prevenzione, di recente è stato anche avviato un progetto già delineato tra gli obiettivi programmatici contenuti nel Piano italiano di Azione sulle droghe per l’anno 2008: un’iniziativa finalizzata alla formazione di docenti ad hoc da impiegare in una campagna informativa destinata alle scuole.

 9. La cooperazione internazionale
Nel complesso lavoro delle forze dell’ordine impegnate nella lotta al narcotraffico, un ruolo chiave è costituito dalla cooperazione internazionale senza la quale un efficace contrasto alla compravendita di droga sarebbe irrealizzabile.
Come spiegano alla Direzione antidroga, negli ultimi anni l’Italia ha stipulato diversi accordi per mettere un freno al traffico di stupefacenti, tanto da aver assunto nel tempo un ruolo da protagonista nel settore: oltre a far parte del Maocn, il nostro Paese è membro del Ceclad-M (Centre de coordination de la lutte anti-drogue en Mediterranée), un organismo, istituito a dicenbre scorso, con sede in Francia impegnato in particolare nel controllo del Mediterraneo, dove transitano e approdano grandi quantitativi di droga. L’Italia è inoltre responsabile di un progetto fortemente voluto dai capi delle polizie europee, nato nel 2001 con lo scopo di ostacolare le organizzazioni criminali che dall’Afghanistan cercano di portare eroina in Europa attraverso la rotta balcanica. Parallelamente, con Spagna, Inghilterra e Francia si sta da tempo lavorando per creare una piattaforma africana di intelligence che avrà sede in Senegal e verrà finanziata dalla Commissione Europea, mentre sono in via di completamento accordi con la Russia e con la Black sea organization, con sede sul Mar Nero, e con altre organizzazioni di polizia dei paesi arabi con base operativa a Dubai.

*con la collaborazione della Direzione centrale per i servizi antidroga
 

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01/04/2009