di Anacleto Flori
C’è ancora un ragazzo che...
È sempre il “giovane” sessantenne che le mamme vorrebbero come figlio o come genero. Gianni Morandi ci racconta una carriera che dura da più di quarant’anni
Ogni sera entra in scena da solo, con la chitarra al collo, la sua inconfondibile voce e il suo contagioso entusiasmo per raccontare, attraverso le sue canzoni, un pezzo di storia del nostro Paese. E ogni sera, i 3.000 posti del teatro tenda che lo segue in giro per l’Italia sono puntualmente assiepati di gente. Lui è Gianni Morandi, l’eterno ragazzo della musica leggera italiana, ma anche un uomo che, dopo aver conosciuto il successo e l’oblio del pubblico, ha saputo rialzare la testa.
Una carriera strepitosa: 400 canzoni incise, 34 album pubblicati, 3.700 esibizioni in tutto il mondo e una tournée in giro per l’Italia, proprio in questi giorni, con il suo ultimo spettacolo. Qual è il segreto per continuare ad essere così creativo e così in forma, pur avendo già superato i 60 anni?
Il nostro è un mestiere fatto di passione e di voglia di mettersi in gioco, di migliorarsi giorno dopo giorno. E soprattutto è un lavoro dove non si finisce mai di imparare e dove non bisogna mai pensare di essere “arrivati”. Il segreto, se di segreto si può parlare, è che ancora oggi, dopo tutti questi anni, ho lo stesso entusiasmo di quando ho iniziato a cantare, la stessa voglia di lanciarmi in nuovi progetti. E poi cerco di tenermi in forma con le partite della Nazionale cantanti e con le maratone, soprattutto quella di New York: l’edizione del 2008 l’ho saltata perché ero in tour, ma quest’anno ci voglio tornare...
Lei è uno dei pochi cantanti degli Anni ’60 ad aver resistito all’arrivo del rock e dei cantautori. Eppure c’è stato un momento in cui ha rischiato di cadere nel dimenticatoio…
Ci sono caduto nel dimenticatoio, eccome. Negli anni Sessanta ho vissuto un periodo eccezionale, con milioni di dischi venduti; poi è arrivata l’era dei cantautori e l’irruzione sulla scena del panorama musicale delle cosiddette “canzoni impegnate”. Si trattava di una musica nuova, di testi completamente diversi da quelli che si erano ascoltati fino a quel momento. E così ho cominciato a trovare sempre meno spazi per le mie canzoni e per i miei concerti fino a sparire piano piano dalla circolazione. A un certo punto ho perfino pensato che non sarei più tornato a fare il cantante.
Come è riuscito a superare quel periodo di crisi?
Agli inizi degli anni Ottanta ho avuto la fortuna e l’occasione giusta per ricominciare a cantare: un giorno mi telefonò Mogol che, conoscendo la mia grande passione per il calcio, mi propose di entrare a far parte della squadra dei cantanti. Poi il discorso scivolò sulla mia assenza dalle scene musicali: allora Mogol, che in quel periodo aveva da poco interrotto la sua collaborazione con Lucio Battisti, scrisse per me una canzone (Canzoni stonate, ndr) che piacque molto alla gente: fu l’inizio della mia rinascita musicale.
Pochi artisti possono vantare un fan club ufficiale in cui si ritrovano insieme genitori, figli e perfino nipoti. Come lo spiega?
Credo che la maggior parte del pubblico che mi segue da anni si sia pian piano affezionato alla mia storia musicale, in cui può ritrovare le canzoni degli inizi, che in alcuni casi sono ormai entrate a far parte dell’immaginario collettivo, ma anche quelle più recenti, dal suono più moderno ed attuale. E poi spesso i figli imparano a conoscere le mie canzoni ascoltandole insieme alle loro mamme, alle loro nonne e così finiscono per venire tutti insieme ai miei concerti.
«Non piangerò mai sul denaro che spendo… ma piango l’amore di un’unica donna…» sono versi di una sua canzone di 40 anni fa, ma nella sua vita hanno contato di più i soldi e il successo o i sentimenti?
Venendo da una famiglia povera, i soldi sono stati importanti; con i miei primi guadagni siamo riusciti a comprare il nostro primo frigorifero, il primo televisore e poi un appartamento per me e i miei familiari. I soldi mi hanno permesso di avere una vita più agiata; poi con il passare del tempo ho scoperto che la molla che mi spinge a cantare, a stare in mezzo al pubblico, non è il denaro, che ci sono cose più importanti come la passione, l’amicizia, il rapporto con gli altri, il senso della ricerca di una spiritualità interiore, cose che vanno al di là di un bel vestito o di una automobile potente.
Recentemente lei si è esibito a Bologna assieme alla Banda della polizia in occasione della festa di San Michele Arcangelo. Come è nata questa collaborazione?
Quasi per caso. Qualche anno fa l’allora questore di Bologna, Francesco Cirillo, cercava un artista bolognese che potesse esibirsi assieme alla Banda della Polizia di Stato proprio in occasione della festa di San Michele, e così pensò a me. È stato l’inizio di una bella collaborazione che mi ha portato a fare molte cose assieme alla polizia: dal concerto Una nota di sicurezza all’incisione di un disco che conteneva la Preghiera del poliziotto, dall’esibizione a Bologna dello scorso 29 settembre alla partecipazione al Motor show assieme alla Stradale per richiamare l’attenzione sui rischi legati alla eccessiva velocità. Una collaborazione che in questi anni mi ha permesso di conoscere meglio la polizia, di entrare a stretto contatto con tanti vostri colleghi che, nonostante le difficoltà e le risorse economiche e di personale non sempre adeguate, aiutano noi cittadini a sentirci più sicuri nella vita di tutti i giorni.
Quello della vicinanza ai cittadini è un progetto su cui la polizia è impegnata da anni...
È una strada che bisogna continuare a percorrere, uno sforzo, anche di comunicazione, che comincia a dare i suoi frutti: una polizia che si avvicina al mondo della musica, dell’arte, che organizza concerti, mostre o altri eventi culturali, contribuisce a costruire un’immagine di sé più immediata e umana, più vicina alla vita di tutti i giorni di noi cittadini. Eppure molte volte non ci rendiamo conto fino in fondo di quello che i poliziotti fanno per noi, dei rischi che corrono, dei sacrifici che sopportano insieme alle loro famiglie per la nostra sicurezza. Aver avuto l’opportunità di lavorare, anche se musicalmente, con dei poliziotti, mi ha aiutato a capire che se noi cittadini abbiamo bisogno della polizia anche la polizia ha bisogno di noi, del nostro sostegno, della nostra fiducia e della nostra collaborazione.
Lei parla spesso di suo padre, degli insegnamenti e dei valori ricevuti. Ma che genitore è stato ed è oggi Gianni Morandi?
Ho cercato e cerco di trasmettere quegli stessi valori ai miei figli, non solo con le parole ma soprattutto con l’esempio: quelli grandi ormai (Marianna e Marco, ndr) hanno una famiglia loro, mentre per quanto riguarda il piccolo, io e mia moglie abbiamo sempre cercato di fargli capire l’importanza di alcuni comportamenti, del rispetto delle regole ma anche la difesa dell’ambiente. Il fatto di spegnere la luce quando esce dalla stanza, di chiudere bene il rubinetto dell’acqua o di non lasciare bottigliette di plastica o cartacce in un prato sono piccoli segnali che mi fanno ben sperare.
A proposito di giovani, è sempre altissimo il numero di coloro che, soprattutto nel fine settimana, perdono la vita sulle strade a causa dell’alcol o dell’eccessiva velocità. Come si può intervenire?
Oggi i ragazzi si sentono onnipotenti, invincibili, immortali: in auto sfidano la vita giorno dopo giorno, sprezzanti del rischio, provocando incidenti mortali e mettendo a repentaglio anche la vita di altre persone. L’inasprimento delle multe e delle pene può essere un deterrente, ma quello che serve è una maggiore coscienza civile, un’educazione al rispetto delle regole, ma anche e soprattutto di se stessi e degli altri. Si tratta di un lavoro da portare avanti giorno dopo giorno attraverso il dialogo, il confronto, e che dovrebbe partire dall’interno della famiglia ma anche della scuola. Purtroppo, invece, a causa della frenesia della vita di oggi, degli impegni di lavoro, le famiglie hanno sempre meno tempo da dedicare all’educazione e così i nostri ragazzi sono spesso lasciati soli, abbandonati a loro stessi.
Tra qualche giorno prenderà il via il Festival di Sanremo: pensa che rappresenti ancora la vetrina della musica italiana?
Sanremo è stato sicuramente un evento musicale che ha permesso di far conoscere ed esportare la canzone italiana in tutto il mondo, basti pensare a Volare di Domenico Modugno o ai successi di Eros Ramazzotti e di Laura Pausini, che proprio da lì hanno spiccato il volo. Forse rispetto al passato ha perso un po’ di appeal, ma rimane pur sempre un palcoscenico importante su cui sono passati quasi tutti i più grandi artisti italiani.
E poi quest’anno in gara c’è un progetto che in qualche modo la riguarda…
Quest’anno al Festival parteciperà una canzone, L’opportunità, scritta da Pupo e da Mogol e cantata, oltre che dallo stesso Pupo, anche da Youssou N’Dour e Paolo Belli. Si tratta di un tema attuale come l’immigrazione, dell’arrivo nel nostro Paese di tante persone di etnie diverse: da una parte c’è il bisogno di accoglierli, dall’altra la necessità che queste persone imparino ad essere rispettose delle nostre tradizioni civili e culturali. Se la canzone, come mi auguro, riuscirà a superare le eliminatorie, in finale, sul palco, ci saremo anche noi della Nazionale cantanti a dare una mano ai nostri amici.
Da anni ormai tutti i suoi concerti si chiudono sulle note di Uno su mille ce la fa, come mai questa scelta?
È la mia canzone simbolo, quando la canto mi rendo conto che il pubblico l’ascolta con grande partecipazione, si riconosce in quelle parole, perché capita a tutti di avere nella propria vita un momento di difficoltà, quando ti sembra che il mondo ti sia crollato addosso e pensi di non farcela. È un messaggio di speranza, un invito a non arrendersi, a rialzare la testa, perché se credi veramente in te stesso e nelle cose che fai, se lo vuoi veramente alla fine ce la fai.
I numeri di Gianni Morandi
Ha pubblicato 34 album di inediti
Ha inciso 413 canzoni, di cui 80 in 4 lingue e 59 arrangiate e dirette da Ennio Morricone
Ha firmato 42 brani come autore
Nel suo repertorio compaiono 193 autori e compositori
Ha tenuto 3.350 concerti in Italia e 320 all’estero (circa 30 nazioni)
Ha partecipato 6 volte al Festival di Sanremo, vincendo nel 1987
Ha partecipato 6 volte a Canzonissima (dal 1965 al 1972), con tre vittorie
Ha partecipato 4 volte al Cantagiro, vincendo due volte
Ha interpretato 18 film e 7 fiction per la tv
Ha interpretato un musical in teatro, Jacopone (183 repliche)
Morandi conta 412 presenze in campo con la Nazionale italiana cantanti in 26 anni di attività della squadra, di cui è uno dei fondatori
Appassionato podista, ha corso in 10 maratone (42 km), tra le quali quelle di New York, Berlino, Londra, Parigi, Milano
Ha corso anche in 41 maratonine (21 km), dal ’97 ad oggi