di Lavinia Mari

Predatori di vite

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Intervista a Dacia Maraini. A dieci anni di distanza da “Buio”, parla di violenza sui più piccoli. E proprio da “Buio” pubblichiamo il racconto “Ombre”. Storia di una bimba e di una nonna. Cattiva

“Buio” ha compiuto dieci anni. È un libro forte e toccante che, ispirandosi a casi di cronaca, racconta di violenza e sopraffazione sui più deboli. Cosa è maturato in lei come scrittrice e come persona riguardo a questo delicato tema della violenza sui minori? Oggi aggiungerebbe qualcosa a quei racconti?
La violenza sui bambini è un tema che ho sentito sempre in modo molto forte. Quello che oggi aggiungerei al libro, oltre alla violenza sui bambini, è la violenza contro le donne che vedo crescere sempre di più e che mi inquieta.
In uno dei racconti una bambina albanese di dieci anni, Viollca, venduta dai genitori e avviata alla prostituzione, a un certo punto dice che, riportata in camera dai suoi “aguzzini“, nel buio, aspetta che il suo “corpo di sasso torni a farsi carne”. Cosa significa questa sorta di mineralizzazione del corpo?
Diventare come un sasso è una forma di strategia di difesa psicologica; l’unico modo di resistere alla violenza è quello di farsi insensibili creando una specie di immunità affettiva, è come crearsi un callo per non sentire più dolore. Creano uno spazio dove anche premendo non si sente nulla sono i calli del cuore, diciamo.
I dati dicono che la maggior parte delle violenze sessuali sui minori avviene in famiglia. Il “lupo cattivo”, insomma, è una persona conosciuta dalla vittima. Nel racconto “Ombre” che chiude il libro c’è una bimba di otto anni, Agata, che viene ceduta per soldi a un “signore” e alla fine, quando la nonna verrà arrestata, lei urlerà di volere la sua nonna, che l’ha venduta.
Questa è stata una notizia che mi ha molto colpita, soprattutto perché è una nonna. I nonni sono considerati dei protettori. È una storia vera che ho letto sul giornale e che non avrei avuto la fantasia di inventare. Il finale accenna al fatto che si crea un sentimento di protezione familiare che è una cosa molto commovente, cioè i bambini diventano difensori dei propri carnefici. Sentono che la famiglia è in bilico e verrebbe rotta, distrutta, e allora si fanno protettori sacrificando i propri sentimenti.
Come è possibile intervenire all’interno di famiglie in cui maturano questi rapporti deviati?
Credo che sia un fatto culturale. Bisogna cambiare l’educazione sentimentale, il rapporto tra i sessi che è influenzato da modelli culturali e non dalla natura. Anche i mass-media hanno la loro responsabilità nella formazione dei ragazzi: tanta violenza passa attraverso la pubblicità, alcuni tipi di fumetti e molti programmi. In alcuni spettacoli televisivi c’è proprio l’idea della “predazione dell’altro”: il più forte preda il più debole, se lo mangia, lo distrugge nel corpo e nei sentimenti. E poi, naturalmente, c’è anche la responsabilità degli adulti, dei genitori che dovrebbero dare l’esempio del rispetto, del riguardo, dell’attenzione verso l’altro. In molte famiglie invece prevalgono modelli educativi di illegalità, di prepotenza, di furbizia e astuzia che i ragazzi poi imitano.
Il ministro del Turismo Brambilla ha recentemente detto basta ai viaggi della vergogna, riferendosi a quelli per turismo sessuale che coinvolgono tre milioni di minori, con un affare da 100 miliardi di dollari. Ha sottolineato che tacere è connivenza.
Sono d’accordo. Quando vado nei Paesi asiatici ne vedo molti di bravi padri di famiglia italiani che arrivano in massa con gli aerei. Sono padri di famiglia di piccola o media borghesia che vanno lì per utilizzare questa prostituzione minorile a poco prezzo. È una delle pagine più brutte del nostro Paese.

01/02/2009