di Annalisa Bucchieri

I nuovi vampiri

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Il commissario straordinario antiracket e antiusura, Giosuè Marino, fa il punto sullo strozzinaggio attuale, su cui si allunga l’ombra della criminalità mafiosa

È una pratica antica l’usura. Dante la marchiò come uno dei peccati più ignominiosi, sprofondando nel suo Inferno gli strozzini sotto una pioggia di fuoco. Ma perché da colpa si passasse a considerarla reato ci sono voluti decenni. Ed ora quella che sembrava una delle tante forme di speculazione sulle disgrazie altrui, ascrivibile al sottobosco dei delinquenti comuni, assume i connotati di una strategia criminale più complessa. Il commissario straordinario antiracket e antiusura, Giosuè Marino, ha il delicatissimo compito di evitare che il fenomeno diventi la risposta patologica all’attuale sovraindebitamento di una fetta crescente di popolazione e al disagio economico di molte imprese. Lo fa in primo luogo aiutando le vittime, attraverso il Comitato di solidarietà, da lui diretto, che gestisce un Fondo al quale le persone colpite dallo “strozzo” possono chiedere di attingere. È il sostegno concreto dello Stato per ritrovare la via della legalità: senza questo soccorso monetario sarebbe impossibile spronare le vittime a denunciare. Ma non basta. La vera partita per il prefetto Marino si gioca sulla trasparenza e sulla prevenzione.

Qual è il volto attuale dello “strozzo” in Italia e quanto è cambiato in questi ultimi anni?
L’usura è oggi un reato particolarmente diffuso che si discosta nettamente dal modo in cui si caratterizzava  in passato. Persiste nel Mezzogiorno la figura del cosiddetto “cravattaro” di quartiere, così come al Nord, del piccolo impresario che racimola un po’ di soldi e si mette “a far banca”. Ma questi profili hanno progressivamente lasciato spazio al moderno usuraio collegato strutturalmente alla criminalità, soprattutto organizzata. È un reato funzionale al riciclaggio del denaro sporco, attraverso il quale la criminalità organizzata, più che a trarre vantaggio economico dal prestito, tende ad impossessarsi del patrimonio della vittima che, per far fronte ai debiti, è costretta a cedere i propri beni o quote della propria attività agli aguzzini.

In base alla legge 108 del ‘96 il reato di usura si configura ogni volta che viene concesso un prestito a un tasso superiore a quello lecito, cioè al tasso soglia, stabilito trimestralmente sulla media dei tassi praticati dalle banche. Oggi l’insidia può celarsi anche nelle forme di credito bancario?
Non proprio. Tuttavia uno degli aspetti di maggiore problematicità è che sovente le banche oltre al tasso d’interesse applicano numerose altre commissioni, tra le quali la commissione di massimo scoperto, che fanno lievitare di molto il costo del prestito. Ultimamente si stanno registrando richieste di ricorso al Fondo di solidarietà per la cosiddetta “usura bancaria” determinata dalla circostanza che la banca, con il sommarsi di svariate commissioni, arriva a praticare un tasso superiore a quello soglia.

Cosa si può fare per evitare che l’usura diventi l’espressione dell’incapacità del settore creditizio di rispondere alle richieste di denaro per investimenti e consumi?
Penso sia indispensabile in primo luogo sostituire la commissione di massimo scoperto con forme di remunerazione commisurate al fido. E non solo. Come più volte sollecitato dal Governatore della Banca d’Italia, si deve ridisciplinare l’accesso al credito, regolandolo in maniera chiara e trasparente proprio per evitare che solo a posteriori i clienti scoprano in noticine a margine, scritte in linguaggi criptici, che si sono sovraccarica

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01/02/2009