Alice Vallerini

Vite rubate

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Uomini, donne, ragazze poco più che adolescenti e una schiera di bambini ridotti in schiavitù da gruppi criminali senza scrupoli. L’impegno e le strategie della Direzione nazionale antimafia contro la tratta di esseri umani

Carrette del mare cariche di disperati e di stracci che approdano senza più acqua potabile né viveri sulle coste siciliane dopo estenuanti viaggi della speranza. Ragazze poco più che adolescenti spesso portate in Italia con l’inganno, con la promessa di un lavoro, poi scaraventate sul marciapiede e date in pasto a  clienti in cerca di sesso a buon mercato.  Bambini sottratti all’infanzia e ai giochi, sfruttati per l’accattonaggio, impiegati nel lavoro nero o nel mercato della pedopornografia, anche virtuale. Ha mille volti la tratta di esseri umani, e si diversificano ogni giorno le forme di riduzione in schiavitù, incrementate dalle nuove povertà che prendono corpo mentre lo scenario globale cambia. Sebbene le operazioni di contrasto da parte delle forze dell’ordine portino a risultati sempre più mirati e incisivi, i vertici delle organizzazioni criminali diventano col passare degli anni più potenti, assumendo i caratteri di vere imprese del male.
È una fotografia dettagliata e nitida quella che emerge dalla relazione presentata dal Procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso al seminario sul traffico e sulla tratta di esseri umani organizzato in ottobre  a Perugia. Un dossier per mettere a fuoco, col chiaro linguaggio dei numeri, il dramma di chi finisce nella morsa degli aguzzini, ma anche le dinamiche dello sfruttamento, i possibili mezzi di contrasto, i punti di forza della legislazione relativa al fenomeno, le tendenze che oggi caratterizzano il modus operandi dei procuratori. 
Si parte dall’assunto che, secondo il capo della Dna, costituisce il cardine del lavoro dei magistrati impegnati nel settore: se si perseguono i responsabili dei reati, ma non si tutelano nel contempo le vittime, i risultati ottenuti saranno sempre insufficienti. «Mi piace ricorrere all’immagine di un carro a due ruote – scrive Grasso – se ne gira solo una il mezzo si muove ma non procederà mai in avanti». A guidare la mano di chi è all’opera ogni giorno per tentare di ostacolare le mosse dei trafficanti è la legge italiana sulla tratta, entrata in vigore nel settembre del 2003. Una normativa considerata dal procuratore «completa perché comprensiva sia a livello penale che processuale di tutti gli strumenti e le misure di contrasto già sperimentate nella lotta alle organizzazioni criminali di tipo mafioso». La legislazione tiene conto infatti di tutti i modi in cui la tratta può avere inizio e, oltre a dare la possibilità di contestare il reato di partecipazione a un’associazione responsabile di traffico di esseri umani e riduzione in schiavitù,  consente forme “speciali” di indagine, come le attività sotto copertura o la sorveglianza elettronica. In relazione all’assistenza alla vittima, inoltre, la normativa prevede il rilascio di uno speciale permesso di soggiorno allo straniero per motivi di protezione sociale.
È la Direzione nazionale antimafia a  coordinare il lavoro svolto dalle 26 procure distrettuali sparse sul territorio italiano. Dal suo osservatorio è possibile tracciare un quadro completo del fenomeno e formulare ipotesi sulle possibili  evoluzioni. Se i dati relativi al periodo settembre 2003-giugno 2008  costituiscono gli elementi concreti da cui partire per costruire il mosaico  (un numero di indagati che supera le 2.800 unità, una media di 200 procedimenti l’anno, un coinvolgimento di gruppi stranieri responsabili di sfruttamento che vede in testa i rumeni seguiti da albanesi, nigeriani e bulg ...


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01/12/2008