Carla Massi*

Dentro il tunnel

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Abbiamo ormai perso la capacità di affrontare e sopportare le “grandinate” della vita: per questo cadiamo più facilmente in depressione

Il nome scientifico è stress o depressione post-trauma. Lo si associa, ormai, agli attacchi terroristici, alle guerre, alle bombe, agli incidenti aerei, alle inondazioni e ai terremoti. La pratica clinica, però, quindi gli psichiatri che quotidianamente visitano uomini e donne, parlano di depressione post-trauma anche per episodi molto più intimi, molto più privati. Ma, a sentire gli esperti, ugualmente devastanti. Ecco perché ci troviamo davanti ad un esercito di persone che soffrono, persone che non sanno raccontare il loro dolore, che non sanno più affrontare la vita di tutti i giorni. Né tanto meno provare piacere, fare progetti, desiderare o muoversi. Si tratta degli stessi sintomi della depressione che, però, spesso si attribuiscono ad un evento specifico. Che sia un lutto, una separazione o il disagio sul lavoro. Il confine, dicono ancora gli psichiatri, è comunque molto, molto labile. Così accade che, per molti, è più facile pensare di essere caduti in depressione per un evento specifico piuttosto che per una aspecifica reazione dell’organismo. Diciamo come una malattia, come è il diabete o l’ipertensione.
Così commenta Rocco Pollice, docente di Psichiatria all’università de L’Aquila: «Certo è che in molti casi esistono delle condizioni disponenti che prescindono dal fatto specifico. Questo vuol dire che la “porta della psiche” è debole e non si ha la possibilità e la capacità di affrontare l’emergenza. Va chiarita, inoltre, una cosa ...


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01/10/2008