Angela Baglioni*
Un gioiello di città
L’Aquila e la sua estesa provincia con un basso indice di criminalità. Il profilo della città nelle parole di Bruno Vespa, aquilano doc
Alla vista del visitatore che giunge da fuori si offre con gradazioni di colore che mutano al susseguirsi delle stagioni, con colori che vanno dal verde intenso al giallo, al rosso, circondata com’è da boschi di conifere e latifoglie. Adagiata sulla conca del fiume Aterno e con lo sfondo del Gran Sasso, la montagna appenninica più alta d’Italia, la città de L’Aquila conserva al suo interno molte testimonianze dell’antica ricchezza legata alla pastorizia e alla coltivazione dello zafferano, importato da un frate della famiglia Santucci di Navelli direttamente dall’Oriente. Fondata intorno al 1230 per volere dell’imperatore Federico II di Svevia che avrebbe voluto farne una sorta di nuova Gerusalemme, raggiunse presto prosperità grazie al commercio dei tessuti di lana colorata con la preziosa spezia esotica. Secondo la tradizione sarebbero 99 i castelli che contribuirono alla sua edificazione e i cui abitanti si riunirono in 99 rioni costruendo 99 piazze, 99 chiese e la fontana monumentale delle 99 Cannelle.
Girando nei vicoli del centro, alcuni dei quali ancora lastricati in pietra locale, è facile imbattersi in cortili rinascimentali, bifore di incredibile bellezza, chiese con facciate barocche ricostruite dopo i vari terremoti che periodicamente devastarono la città. I “gioielli” sono rappresentati dalla basilica di Collemaggio, costruita da papa Celestino V sul finire del XIII secolo, la basilica di San Bernardino, il castello cinquecentesco, una vera e propria “macchina” da guerra edificata dagli spagnoli che in quel periodo dominavano la città. Dopo un passato agro-silvo-pastorale, il volto de L’Aquila e dell’intera provincia è cambiato. Uno dei segni della modernità è rappresentato dai Laboratori di fisica nucleare