Annapaola Palagi
Le particelle invisibili
Il lungo e preciso lavoro del laboratorio di microscopia elettronica della Polizia Scientifica sui “residui dello sparo”
Avete presente quella nuvola di fumo con la quale, nei film o nei fumetti, si rappresenta lo sparo? Non è solo finzione ma anche verità. Quando un’arma fa fuoco esce sempre del “fumo” e lascia sempre qualche traccia. Si tratta dei cosiddetti “residui dello sparo”: particelle piccolissime, della dimensione di un batterio, non visibili ad occhio nudo ma sempre presenti sul luogo di una sparatoria o sulle mani di chi ha appena usato una pistola. Rintracciare questi residui, nel caso di un reato commesso utilizzando un’arma da fuoco, può essere molto importante per identificare l’autore o per intuire gli spostamenti fatti da chi ha usato una pistola o un fucile; insomma per trovare elementi utili alle indagini. Ma dimostrare il coinvolgimento di una persona in una sparatoria non è per niente facile anche perché molti elementi presenti nell’aria o nell’ambiente (come fertilizzanti, pesticidi, gas di scarico eccetera) potrebbero, se analizzati, confondersi con gli elementi contenuti nella polvere prodotta da un colpo di pistola.
«In poche parole, i residui dello sparo – spiega il direttore tecnico Federico Boffi, responsabile del laboratorio di microscopia elettronica del Servizio Polizia Scientifica – sono delle particelle che si formano per fusione». Al momento dello sparo, nell’esplosione di un’arma da fuoco, la temperatura e la pressione che derivano dalla detonazione dell’innesco e dalla deflagrazione della carica di lancio sono altissime (fino a 3.000 gradi). Si attiva così una serie di processi chimico-fisici che causano, prima, la disgregazione delle molecole presenti nei vari elementi costituenti la cartuccia (polvere d’innesco, polvere di lancio, bossolo, palla eccetera), poi la loro fusione casuale e il successivo, repentino raffreddamento. Infatti gli elementi, frammenti di molecole fuse insieme al momento dello sparo, nel loro processo di raffreddamento all’uscita del vivo di volata dell’arma da fuoco, tendono ad assumere una forma per lo più sferoidale dovuta al movimento rotatorio. Ma proprio per la loro modalità di formazione e perché tutti i componenti della cartuccia possono contribuire alla loro composizione «trovare due particelle uguali, per forma, dimensioni e composizione chimica è praticamente imp