Eroi dei nostri giorni

CONDIVIDI
«Beato il popolo che non ha bisogno di eroi», scriveva Bertold Brecht. Perché se non ce ne sono significa che non ci sono guerre da combattere e supremi sacrifici da compiere. E invece, in un settembre nero, tre uomini della Polizia di Stato proprio da eroi hanno sacrificato la vita per compiere fino in fondo il loro dovere. Questi tre nomi si aggiungono ad un elenco ormai troppo lungo di altri eroi che, negli anni, in ogni parte del Paese, protagonisti delle più diverse sfide, hanno lottato per la legalità e contro il crimine.
Così si muore, in uno schianto tremendo e assurdo, sulla provinciale Nola-Villa Literno, una striscia d’asfalto a schiena d’asino, sconnessa, infida: si muore per inseguire un uomo che ha forzato un posto di blocco, un controllo severo e rigoroso che è parte della “risposta” dello Stato alla guerra scatenata nel Casertano dai Casalesi, una delle punte più alte e feroci della guerra di camorra. Dovevano sapere chi guidava quell’auto i tre uomini in divisa. La caccia ai latitanti si è fatta serratissima e importanti, decisive nei giorni seguenti all’incidente si sono rivelate le operazioni per catturare gli autori della strage di Castel Volturno. Erano scesi dal Piemonte l’assistente capo Francesco Alighieri e il vice sovrintendente Gabriele Rossi, 41 e 32 anni, mandati a comporre le squadre di specialisti impegnati nella strategia contro i clan, diventati sempre più feroci e arroganti. Lacrime, dolore, rabbia, ma anche una fredda compostezza nell’inchinarsi della gente e delle autorità davanti ai feretri, mentre i colleghi raccolgono ricordi e parole per raccontarne l’impegno, il senso del dovere e del sacrificio. Non una morte, ma una intera vita vissuta, giorno dopo giorno, da eroi, dunque.
Così si muore a trentasei anni in un appartamentino di Pontedecimo, quartiere di Genova, messo a soqquadro da un giovane malato di mente, avvolto e travolto dal suo stesso male: così muore Daniele Macciantelli, assistente capo del Reparto prevenzione crimine, chiamato per arginare la furia di quell’uomo fuori di sé che minaccia di uccidere i genitori. All’improvviso accade il peggio e Daniele sente la lama di un coltello afferrato un attimo prima dal giovane penetrargli nel costato. Un lampo di follia che spezza il generoso tentativo di riportare la calma. Anche di lui i colleghi raccontano l’impegno, l’amore per lo sport, la passione per il mestiere ch’era quello stesso del padre.
Dolore, rimpianto, cordoglio, impegno a continuare la missione per la gente e con la gente: il ministro Roberto Maroni e il capo della Polizia Antonio Manganelli ricevono dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il senso di un lutto che ci coinvolge tutti.
Grazie ai nostri eroi. Ma noi avevamo bisogno di voi, e non del vostro glorioso sacrificio, del vostro perenne ricordo.
01/10/2008