Giosuè Calaciura
Uomini e treni
Uno scrittore, dopo aver seguito il lavoro dei poliziotti della Ferroviaria, fissa le immagini di un mondo difficile dove la generosità batte spesso la violenza e il male di vivere
Non stanno tra quelli che attendono. Una partenza, una coincidenza, il parente in visita. Non sono tra quelli in attesa che si spenga la giornata sui riflessi di via Giolitti, sui silenzi di via Marsala, e vanno dall’una all’altra trascinandosi, lasciando una scia di odori, di dolori, parole incomprensibili, canzoni che ricordano solo per la prima strofa e la ripetono sino alla follia, e oltre. Senza tetto, senza famiglia, i senza niente di Termini. Guardano piazza dei Cinquecento, perché è da lì che arriva la notte, finalmente.Questi non hanno tempo per le attese. In agguato, a caccia. I turisti sono il tesoro, il bottino. Predatori. Forse sono venti, duecento, o duemila. Due li hanno presi. Aspettavano che il personale di banchina abbandonasse il baracchino della Leonard Express, chiusura fine turno delle 19. Binari lontani per Fiumicino aeroporto, dal 25 al 28, gli ultimi di Termini. Hanno atteso che le livree verde bottiglia si perdessero tra la folla degli arrivi. Un occhio in testa di binario, l’altro sui passi perduti di Termini, si sono spogliati degli abiti civili e hanno indossato le loro personali livree. Verde bottiglia. Uguali. Le vendono a due passi da Santa Maria Maggiore. Chiedevano il biglietto ai turisti in arrivo dall’aeroporto, lo trattenevano. L’orario di scadenza prometteva un margine, ancora un viaggio, e lo offrivano a buon prezzo: il 50 per cento del costo intero. Denunciati. Truffe in via d’estinzione.
I nuovi affamati predatori sono tecnologici. Asettici. Dell’Est. Non zingari da borseggio. Gente che ha studiato, con il diploma. Gente pratica. Hanno smontato una biglietteria automatica. Per studiarla con più comodo, a casa. In piazza dei Cinquecento sono rimasti i supporti metallici.
C’erano stranieri che clonavano le carte di credito per acquistare biglietti. Lunghi, costosi, viaggi in prima. Il treno partiva senza di loro. E si presentavano allo sportello rimborsi. Hanno fatto un po’ di soldi. Una ventina denunciati.
Predatori. In media, ottanta arresti al mese. Quasi tutti parlano un’altra lingua. Dell’Est. Loro non aspettano. Non hanno tempo. La vita corre sui binari, sulla metro, sugli autobus che partono dai capolinea di Termini per traboccare in città il malumore dei pendolari, le nottatacce delle badanti, la fatica trascinata di chi si alza prima dell’alba e non torna prima del tramonto. Borseggiano un po’ di questa vita, per sopravvivere. Anche loro nomadi, conoscono la fragilità dei viaggiatori, la parentesi allucinata delle tratte, guardarsi dentro per non scoprirsi identici e soli nel compagno di fronte. Si scioglie l’attenzione sulla valigia, sul cappotto abbandonato nella rastrelliera, sul cellulare addormentato tra le ginocchia. Non perdono tempo. Sanno quando e dove mettere la mani. Non hanno distrazioni di sogni. Sono rapidi, indolore. A Termini, quasi 230 furti al mese.
Alcuni hanno cominciato a mostrare segni di ruggine. Si sono arenati su un binario morto di fronte all’ingresso del supermercato, in via Marsala. Cartoni di vino a prezzi imbattibili. Contano monetine di elemosina, una sull’altra. E ricontano perché hanno perduto il totale, con una memoria ubriaca. Affidano le sostanze a quello che sembra più presentabile, meno barcollante. E acquista per tutti. Ogni tanto una rissa al rallentatore, i colpi non affondano. Impantanati nell’oblio, gli agenti intervengono per tempo. Sono come i polacchi di una volta, negli anni di Solidarnosc. Vivevano di alcool a Termini. Così arrivarono e così se ne persero le tracce. Fuoriusciti, in fuga, confusi e travolti dalla Storia che voltava pagina troppo in fretta, senza pietà. Di loro rimangono scarne notizie in cronaca, il ricordo di qualche poliziotto. Una lite tra disperati, al coltello. Un uomo s’accascia lentamente in una pozza di sangue, l’altro, in uno stupore senza più rabbia, lo guarda morire. I polacchi non sono mai diventati comunità a Termini.
Dell’interesse dei nuovi europei per le attività ferroviarie si ebbe contezza un paio di anni fa quando si aprì la corsa all’oro del rame. Le indagini partirono da Napoli, ma i guai peggiori si scontarono qui, nelle tratte regionali. Epico il blocco di un convoglio a Ciampino. Improvvisamente il treno si fermò. Morto. Per cinque ore giacque sul binario insieme al microcosmo sconvolto dei pendolari. Avevano rubato l’anima alla strada ferrata, una treccia di rame lunga 200 metri. E poi ancora ...
01/08/2008