Antonella Fabiani

La società (in)vulnerabile

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Aumenta l’insicurezza degli italiani sebbene i reati siano in calo. È una questione di percezione, come spiega il sociologo Paolo Ceri

Paura e insicurezza sembrano essere divenute sempre più le parole chiave della nostra epoca. Parole che esprimono ansia e apprensione, che riguardano la vita delle grandi città ma anche dei piccoli centri urbani, che rivelano il timore della gente per i pericoli vicini, fatti di cronaca spesso gridati dai giornali e dalla televisione tanto da alimentare, a volte, il sentimento di incertezza. Ma non ci sono solo i reati a livello nazionale e locale. A contribuire a questo clima anche la globalizzazione che, se ha determinato maggiore libertà di movimento, ha però anche amplificato fenomeni come il terrorismo e la criminalità a livello internazionale. I dati dell’ultima indagine dell’Istituto Doxa sulla percezione del livello di sicurezza rispetto ai reati penali e alla piccola delinquenza nel nostro Paese parlano chiaramente: il 60% degli italiani intervistati ritiene che i reati siano molto diffusi. E i timori si riferiscono all’immigrazione clandestina, alla criminalità locale e a quella organizzata, ma anche ai problemi di carattere socio-economico (la povertà, la disoccupazione eccetera) e il terrorismo internazionale. Per misurare il livello di “paura e incertezze”, oggi, si ricorre sempre più alla “percezione”, una sorta di termometro che rivela lo stato d’animo dei cittadini rispetto all’ambiente in cui vivono. Ma fino a che punto questo strumento di indagine, che definisce la dimensione individuale della realtà, può essere attendibile e che ruolo hanno oggi concetti come “libertà” e “sicurezza” nella vita delle persone? 
A parlarne è Paolo Ceri, professore ordinario di sociologia all’università di Firenze e autore di numerosi saggi sull’argomento. Si parte subito dalla definizione del concetto fondamentale della sicurezza (come fatto reale e non come risultato della percezione), che il sociologo definisce come «uno stato dei rapporti sociali all’interno dei quali stanno gli individui, un’organizzazione o un gruppo». «In particolare – spiega Ceri – intendo la possibilità che può avere un individuo o una organizzazione di conservare  nel tempo la propria integrità specifica; se facciamo degli esempi, quindi,  per una banca potrebbe essere conservare la propria sicurezza informatica mentre per un individuo può essere mantenere l’integrità fisica o psicologica o economica». In realtà, quest’ultima, è una forma di sicurezza “passiva”, come spiega l’esperto, differente da quella “attiva” che consiste nella possibilità di agire, cioè di fare scelte prevedendo il comportamento altrui. Ed è questa possibilità di scelta che collega la sicurezza con l’ordine sociale.

Percezione: tra realtà e rappresentazione
Nuova spia sociale, è di grande aiuto nel campo delle ricerche per capire da cosa sia colpita la sensibilità di moltitudini di persone. «La percezione – spiega Ceri – è come l’individuo si rappresenta una certa situazione.  Diventa un fenomeno sociale non tanto quando molte persone condividono la stessa percezione, ma quando la condivisione ha cause sociali, vale a dire esterne ai singoli. Però questa rappresentazione può essere influenzata da numerosi fattori come l’informazione (che può essere realistica o manipolata dagli stereotipi) e i pregiudizi dei quali l’individuo

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01/08/2008