Più certezze più sicuri

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La Sicurezza. Come distribuire questo bene prezioso, quali problematiche affrontare per renderla davvero fruibile, quali impegni prendere sul piano normativo e finanziario?
Su questo tema centrale si sono registrati da ultimo due interventi straordinari che, insieme, hanno catalizzato l’attenzione dell’opinione pubblica e della politica: il discorso del ministro dell’Interno Roberto Maroni e l’analisi del capo della Polizia Antonio Manganelli.
L’insieme degli interventi segnala un deciso cambio di visione strategica, influenzato dalle mutate condizioni della società e dagli impegni presi da Parlamento e Governo.
«Gli italiani non devono più avere paura»: il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha rilanciato da Napoli, attraverso un nutrito pacchetto di decreti e disegni di legge, la campagna nazionale per la Sicurezza. Una spinta propulsiva, hanno osservato i commentatori, che segna un discrimine rispetto al passato, dove pure e con forza è stato rimarcato lo straordinario impegno della Polizia di Stato nella lotta per la legalità.
Altri accenti di questo impegno si sono ritrovati, incontrando vasti apprezzamenti, nel primo discorso del ministro dell’Interno Roberto Maroni, che ha coinciso con le celebrazioni del 156° Anniversario della Polizia. A Piazza del Popolo, presenti le più alte cariche dello Stato, il ministro ha richiamato gli impegni dell’esecutivo: «Non si tratta di cavalcare la paura, ma di liberare dalla paura i cittadini, in particolare donne e anziani. Sul tema della sicurezza individuale si fonda il patto di unione dei cittadini e la stessa legittimazione del potere pubblico». Il ministro ha chiesto, nel segno dell’impegno comune, un grande sforzo corale.
La sfida lanciata dalle istituzioni vede le forze dell’ordine in prima linea e passa attraverso una visione moderna, culturalmente avanzata (segnata dal rigore ma anche dall’attenzione umanitaria), dei nodi da sciogliere. Accanto alle emergenze come quella infinita dei rifiuti a Napoli, la strategia si apre a ventaglio, include la riscrittura di numerose norme sull’immigrazione clandestina e va a ridefinire nel profondo il ruolo della magistratura, chiamata a procedure più rapide e a rendere possibile la piena certezza della pena.
Su questo aspetto si è intrattenuto il prefetto Antonio Manganelli nell’audizione davanti alla Commissione Affari Costituzionali e Giustizia del Senato. Le cronache evidenziano ogni giorno forme diffuse di illegalità. Proprio a partire da queste, il Capo della Polizia, riscuotendo calorosi consensi, hai affrontato il tema della “certezza della pena”, considerato uno dei mali endemici del sistema Sicurezza. Senza indugi, Manganelli ha parlato di un vero e proprio scandalo. Insomma: «La certezza della pena, che trova il consenso unanime di politica, magistratura e opinione pubblica, è quanto di più incerto esista: meglio una pena blanda oggi che non la promessa di un castigo che non arriva mai». «Non gioco a fare il giurista, né voglio entrare nelle prerogative del Parlamento, ma quella che abbiamo di fronte è una situazione vergognosa, una situazione che gli operatori delle Forze dell’Ordine vivono tutti i giorni: quando arrestiamo qualcuno per uno dei reati di cosiddetta criminalità diffusa e scopriamo che nell’ultimo semestre era già stato arrestato altre tre o quattro volte per lo stesso reato». Poche cifre descrivono poi la gravità del fenomeno dilagante dell’immigrazione clandestina collegata all’illegalità e al crimine diffuso: da gennaio a maggio «sono stati fermati 10.500 immigrati clandestini, per i quali è stata avviata la procedura d’espulsione, ma solo 2.400 di essi hanno trovato posto nei Centri di permanenza temporanea; un dato che io trovo inquietante, perché significa che oltre 8 mila clandestini sono stati “perdonati” sul campo, essendosi visti consegnare un foglietto su cui c’è scritto “devi andare via”, il che equivale a niente».
Ma c’è di più e su questo aspetto i commentatori hanno concentrato attenzione e analisi approfondite: il 30% degli autori di reati collegati alla criminalità diffusa sono immigrati clandestini. Così, se al Sud i reati commessi da clandestini incidono relativamente poco, al Nord ed in particolare nel Nord-est si toccano picchi del 60/70 %. Il che fare è chiaro, il come fare tocca il tema del bilancio: per innalzare il livello di sicurezza occorre procedere «ad un adeguato finanziamento e dotare di risorse le forze di Polizia, oltre che stipulare intensi accordi bilaterali con i Paesi dai quali provengono stranieri irregolari».
L’audizione ha avuto vasta eco e molti quotidiani hanno dedicato i titoli di apertura delle prime pagine. Quasi tutti hanno sintetizzato il grido d’allarme con lo slogan: «In Italia l’indulto è quotidiano, siamo impotenti con i clandestini, non c’è certezza della pena».
Insomma, ad ogni livello avanza con determinazione e nella consapevolezza generale l’impegno a largo raggio nei confronti delle mille piccole e grandi emergenze. Così, di fronte ad un quadro tanto complesso e nel riaffermare la necessità già operativa in molte parti del Paese di una “sicurezza partecipata”, il ministro Roberto Maroni s’è impegnato «a risolvere una volta per tutte il tema che ritorna periodicamente sul tavolo di ogni governo» e ripreso nell’audizione del prefetto Manganelli: «La necessità di garantire adeguate risorse  finanziarie a fronte delle accresciute esigenze». In sintesi, sostiene il ministro, «è evidente che non possono essere date risposte efficaci se non sono messe a disposizione risorse adeguate». La sicurezza è un bene prezioso, ma costa: cercare le risorse per finanziarla è il presupposto principale per vincere la grande battaglia che vuole sconfiggere il crimine e la paura.
01/06/2008