Andrea Fontana* e Domenico Russo**

Per causa di servizio

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Tutto su equo indennizzo e pensione privilegiata

Prima parte: la causa di servizio

  1. Evoluzione storico-giuridica
  2. La causalità di servizio: causa-concausa e concorso di cause
  3. Il riordino procedurale. Il dpr n. 461/01
  4. Il ruolo della Commissione medica ospedaliera
  5. Il ruolo del Comitato di verifica
  6. Accertamenti di idoneità al servizio
  7. Trattamenti “speciali” per gli appartenenti a forze armate e di polizia

Seconda parte: l’equo indennizzo e la pensione privilegiata

  1. Considerazioni generali sull’equo indennizzo
  2. Fondamento normativo ed elementi costitutivi
  3. Il procedimento accertativo per la concessione
  4. Procedura per la liquidazione
  5. Revisione per aggravamento e cumulo di indennizzi
  6. Ricorsi in materia
  7. La valutazione del danno
  8. Fonti e presupposti normativi per il riconoscimento della pensione privilegiata ordinaria
  9. Aspetti peculiari per la concessione
  10. Ricorsi in materia
  11. Procedura per aggravamento, rivalutazione e interdipendenza
  12. Misure di sostegno e tutela
  13. Appendice

Prima parte

1. Evoluzione storico-giuridica della nozione di causa di servizio

Nella nostra legislazione, la causa di servizio si fonda sul principio che ritiene doveroso un trattamento privilegiato nei confronti di chi subisca un danno legato all’attività di servizio, svolta con rapporto di causa-effetto, che interessa menomazioni od infortuni di chiara derivazione causale dall’attività lavorativa.
Il primo testo legislativo in materia è il rd 21/2/1895, n. 70 (testo unico delle leggi sulle pensioni civili e militari), che prescrive: «… l’impiegato, il quale per le ferite riportate o per l’infermità contratte a cagione dell’esercizio delle sue funzioni, fu reso inabile a prestare ulteriormente servizio, ha diritto di essere collocato a riposo e conseguire la pensione, qualunque sia l’età e la durata dei suoi servigi».
Il successivo rd n. 603, del 5/9/1895, chiarisce che per il riconoscimento della causa di servizio del dipendente statale, è necessario che le ferite, lesioni o infermità, non solo siano riportate dall’impiegato o dal militare mentre svolgeva servizio comandato, ma siano cagionate dal servizio stesso.
Infatti l’art. 38 della Costituzione ha sancito per tutti i lavoratori il diritto a mezzi adeguati alle esigenze di vita, in presenza di eventi destinati ad incidere sulla integrità fisica (infortunio, malattia, invalidità, vecchiaia, disoccupazione involontaria), sulla capacità lavorativa e, di riflesso, sulla sfera patrimoniale.
Nel testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, il dpr 29/12/1973 n. 1092, l’art. 64 disciplina gli elementi tecnico-giuridici costitutivi della nozione di causa di servizio.
Nel primo comma è sancito il diritto alla pensione privilegiata per il dipendente statale che, per infermità o lesioni dipendenti da fatti di servizio dalle quali siano derivate menomazioni dell’integrità personale, sia reso inabile al servizio.
Nei commi successivi si definiscono come fatti di servizio quelli derivanti dall’adempimento di obblighi di servizio, specificando successivamente che l’infermità o le lesioni sono dipendenti da fatti di servizio solo quando i fatti ne sono stati causa, ovvero concausa efficiente e determinante.
È necessario dimostrare che tra un fatto di servizio ed un evento dannoso (menomazione), sussista un rapporto di causa ed effetto e non soltanto una semplice successione cronologica.
Inoltre l’art. 64 del citato dpr, considera come elemento per la ricorrenza del diritto a pensione privilegiata, l’esistenza di “fatti di servizio derivanti dall’adempimento degli obblighi di servizio”, ricondotti direttamente o indirettamente agli oneri connessi allo svolgimento del rapporto di servizio e riconoscibili in base al principio della finalità.
Per questo la definizione di fatti di servizio è necessariamente completata da tutti gli elementi relativi al servizio, costituiti da quello eseguito dietro specifico ordine o sotto la direzione, il controllo, il comando di un superiore, oppure effettuato di propria iniziativa, connesso in modo anche indiretto con il servizio, o nella forma dei doveri inerenti al proprio ufficio e per uno scopo indirizzato all’interesse dello stesso. In sintesi, nel concetto di fatti di servizio, si comprendono anche tutti i fatti aventi finalità specifiche, anche se svolti fuori dal luogo e dall’orario vero e proprio del servizio.
La finalità di servizio è quindi l’elemento necessario per individuare lo scopo della prestazione lavorativa in adempimento degli obblighi contrattuali; ed indica l’esigenza inderogabile che l’evento dannoso tutelato abbia origine da un momento causale finalisticamente inerente al servizio; così intesa, la finalità di servizio s’identifica con il servizio medesimo.
Il concetto di fatti di servizio è esteso a tutti gli eventi dannosi connessi alla prestazione lavorativa, sempre che non ricorrano elementi interruttivi del nesso causale, quali il dolo o la colpa grave, prescindendo dalla persistenza di un rischio professionale aggravato da particolari situazioni.
Il danno subito dal dipendente è considerato come l’attualizzazione del rischio al quale è esposto o dal quale non può prescindere o non ha potuto sottrarsi per adempiere i vari obblighi e doveri del proprio servizio.
Per l’accertamento dei fatti di servizio non è sufficiente la prestazione, ma è necessario darne prova, esaminarne le caratteristiche, le circostanze in cui è prestata e nelle quali è insorta l’infermità, il tempo di evidenziazione della stessa e di ogni altro elemento idoneo all’ammissione del nesso causale, indipendentemente dalla natura e dalla gravità del rischio cui il dipendente è esposto.
Il secondo elemento costituente la nozione di causa di servizio è individuato da una concatenazione di effetti determinati appunto dalle malattie, dalle ferite e dalle lesioni produttive di menomazioni dell’integrità psico-fisico-sensoriale del dipendente reso inabile al servizio.
Dunque il fatto di servizio costituente l’antecedente causale deve determinare una modificazione peggiorativa della situazione medica con alterazione dello stato psico-fisico-sensoriale della persona.
La prima fattispecie esaminata è la malattia, la cui disciplina è contenuta nei contratti e regolamenti di settore.
La malattia designa lo stato della persona in corso di alterazione ed evoluzione, secondo una causalità diluita nel tempo e spesso con molteplici fattori causali. Considerando che in molte patologie da lavoro vi è ormai una sovrapponibilità dei fattori eziologici professionali con quelli della vita comune, si deve privilegiare il criterio della patogenesi professionale.
L’accertamento della malattia dipendente da causa di servizio comporta la conservazione del posto e la corresponsione dell’intera retribuzione fino a 36 mesi di assenza comprensiva del trattamento accessorio (ordinariamente il termine è di 18 mesi, prorogabili per uno stesso periodo per casi particolarmente gravi.
La seconda fattispecie considerata, è costituita dalle ferite (lesioni traumatiche caratterizzate dalla soluzione di continuo di tessuti molli).
Le ferite sono classificate a seconda dell’intensità lesiva arrecata (ferita leggera, seria, grave, superficiale, profonda, penetrante); rispetto al fatto si può distinguere in ferita da taglio, da punta, da arma da fuoco ed infine, considerando la natura della stessa si può parlare di ferita contusa, lacera, da strappamento, lacero-contusa.
Ultima fattispecie analizzata è individuata dai termini di lesione e infermità, sinonimi indicanti una modificazione peggiorativa temporanea o permanente determinata da qualsiasi forza lesiva, che altera in maniera menomante nel tempo il complesso psichico-somatico della persona.
Infermità e lesioni comportano menomazione dell’integrità personale del lavoratore, presupposto produttivo della situazione oggetto di tutela. Ai fini medico legali è necessario che le stesse, intese come il risultato dell’azione lesiva e comprendenti tanto le modificazioni organiche quanto le compromissioni funzionali, siano suscettibili di apprezzamento clinico.
La menomazione, considerata anch’essa sinonimo di infermità, è intesa come postumo dell’infermità che costituisce permanente alterazione dello stato di integrità della persona e compromissione della sua efficienza fisica o psichica o sensoriale. Considerata come effetto della lesione, determina la diminuita efficienza della persona a far fronte alle esigenze della vita vegetativa, di relazione o sociale.
L’inabilità lavorativa e/o al servizio designa il venir meno dell’attitudine al lavoro, patrimonio psico-fisico conferito all’individuo dalla capacità lavorativa.
Prima delle modifiche apportate dall’art. 15, comma 3, del dpr 461/01, l’inabilità al servizio, con il riconoscimento del diritto a pensione privilegiata, era riferita all’attitudine al lavoro specifico, tipico del profilo professionale svolto e in cui è inserito il dipendente e quindi intesa nel senso della “inidoneità fisica allo svolgimento delle mansioni proprie di ciascun dipendente statale”.
Oggi, per ottenere l’inabilità al servizio con concessione per i dipendenti civili del diritto a pensione privilegiata, è necessario riferirsi al presupposto del lavoro generico, che coincide con l’inidoneità assoluta a qualsiasi impiego o mansione, ad ogni proficuo lavoro e quindi permanente, di durata indeterminata, ascrivibile ad una delle otto categorie elencate nella tabella A della legge 313/68.
La valutazione medico-legale, (tesa a dimostrare una consequenzialità ineccepibile, cronologica, fra la supposta originaria causa lesiva legata al servizio ed il determinismo dell’infermità denunciata dal pubblico dipendente), deve essere caratterizzata da una infermità idonea a produrre un danno lavorativo con diminuzione della capacità specifica a svolgere l’incarico conferito, ma non diminuzione della capacità lavorativa generica; quindi per essere riconosciuta dipendente da causa di servizio deve rendere il soggetto inabile in modo permanente ed assoluto all’espletamento delle mansioni esercitate al momento dell’evento dannoso; pertanto è irrilevante che il soggetto sia stato successivamente adibito a mansioni diverse ed eventualmente compatibili con l’infermità.
Il meccanismo d’azione mediante cui l’antecedente causale produce modificazioni peggiorative del substrato biologico dell’individuo, provoca il cosiddetto “determinismo lesivo o morbigeno”. I meccanismi lesivi costituiscono la connessione indispensabile per la dimostrazione del rapporto causale, tra antecedente lesivo ed effetto dannoso nell’organismo umano. Al determinismo delle cause lesive possono variamente concorrere antecedenti preesistenti o condizioni di natura anatomica, fisiologica o patologica, costitutivi lo stato anteriore individuale.
Per il riconoscimento della causa di servizio per infermità viene adottato un metodo valutativo che si colleghi ad un giudizio fondato su attendibili e accettabili riscontri, in relazione allo stato attuale delle conoscenze scientifiche ed avvalendosi di un’attenta ricostruzione della storia lavorativa del soggetto, con un preciso collegamento tra il tipo di lavoro e la dichiarata infermità; metodo che deve escludere in maniera certa e metodologicamente corretta ed attendibile che altre circostanze abbiano potuto cagionare il danno.
In definitiva l’obiettivo perseguito è quello di contenere il riconoscimento della causalità di servizio a fatti e circostanze in cui il rapporto tra servizio e danno risulti documentabile in termini di chiarezza e di oggettivo riscontro.
La normativa in materia per i dipendenti pubblici, aderendo a principi stabiliti dal diritto civile, si allinea alla regola generale secondo cui spetta al dipendente pubblico, quale attore che ha promosso il giudizio, il completo onere della prova del nesso causale. Il fatto di servizio non costituisce di norma un atto antigiuridico, in ordine al quale sia sufficiente la prova della sua esistenza per attivare la reazione del diritto. L’onere della prova deve quindi esercitarsi in rapporto a tutti i presupposti sui quali si fonda il sorgere del diritto a pensione privilegiata, sia in relazione all’infermità o lesione e conseguente menomazione dell’integrità psico fisica, che alle finalità e rischi dei fatti di servizio, esplicitando la sussistenza ed oggettività del rapporto di causalità o concausalità.

2. La causalità di servizio: causa-concausa e concorso di cause

Tra i due fattori, fatto di servizio e menomazione, deve sussistere un rapporto dove il primo è causa e l’altro effetto, connessi tra loro da un legame di derivazione causale, secondo quanto precisato dall’ultimo comma del citato articolo 64: «Le infermità o lesioni si considerano dipendenti da fatti di servizio solo quando questi ne sono stati causa ovvero concausa efficiente e determinante».
L’indagine sul nesso di causalità ricerca tutti gli antecedenti del fenomeno in esame e li qualifica in rapporto al fatto susseguente. Tale ricostruzione è fondamentale ai fini di una corretta definizione del nesso causale e della valutazione medico-legale del danno, la cui causa è quella condizione necessaria e sufficiente alla produzione di un determinato effetto, inteso quale idoneo momento generico di determinazione.
La dottrina dominante e la giurisprudenza corrente hanno da tempo equiparato alla causa, la nozione di concausa (condizione necessaria ma non sufficiente alla produzione dell’evento), dato che anch’essa induce modificazione nella persona umana; l’azione delle concause combinate tra loro che determina l’effetto (cioè la menomazione) è la risultante di più cause, che possono essere tutte indistintamente efficienti, determinanti e necessarie.
Pertanto, oltre alla causa unica, diretta e immediata di servizio, in pratica si può riscontrare il concorso del fatto di servizio insieme ad altri antecedenti, dai quali è scaturita la produzione di un evento lesivo che altrimenti non si sarebbe verificato o si sarebbe verificato in modo diverso (concausa necessaria), oppure la prevalenza del fattore inerente al servizio rispetto ad altri fattori pur rilevanti (concausa preponderante).
Tuttavia perché venga riconosciuto il nesso causale, è necessaria la concatenazione senza soluzione di continuità di tutte le successioni, da quella iniziale a quella terminale. Devono esistere una serie di circostanze, di fatti che siano collegabili gli uni agli altri e che si succedano senza interruzione, agendo reciprocamente.
Il rapporto di causalità può essere immaginato come una catena in cui ciascun anello trasmette a quello successivo una vis patogena, a sua volta ricevuta dall’anello precedente.
Il riconoscimento della dipendenza di infermità da causa di servizio è effettuato, secondo la criteriologia medico-legale, sulla base della vigente normativa in materia di trattamento pensionistico di privilegio, applicando le tabelle A e B annesse al dpr n. 834/81 e successive modificazioni, secondo il dettato legislativo dell’art. 2, comma 7, del dpr n. 461/01.
La fase preliminare del procedimento, che precede l’analisi criteriologica del processo di causazione, è la comp

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01/05/2008