Ivo Carezzano
I giorni dell’orgoglio
Un anno scandito mese per mese dalle operazioni di una polizia impegnata a tutto campo contro la criminalità e dagli atti di coraggio di uomini e donne che hanno compiuto fino in fondo il proprio dovere, rischiando la vita
Dalla “b” come bullismo alla “t” come tratta di esseri umani. Dalla “d” di droga alla “v” della violenza omicida negli stadi. Passando per terrorismi interni e internazionali, mafie di ogni genere, antiche e autoctone o ultramoderne e globali, e poi latitanti catturati, rapine e truffe che la fantasia dei lestofanti moltiplica all’infinito, dai vecchi bidoni alle “catene di Sant’Antonio” telematiche, usura e patenti false, estorsioni e pedopornografia, furti di rame e riciclaggio, stamperie clandestine e false multe con falsi autovelox, e poi immigrazione selvaggia, turismo sessuale, minori in schiavitù, omicidi singoli e seriali... Basta passare in rassegna i titoli dei giornali del 2007, che illustrano le migliaia e migliaia di operazioni portate a termine dalla Polizia di Stato, per avere chiaro il peso del testimone che, all’inizio di luglio dell’anno scorso, il prefetto Giovanni De Gennaro ha passato al prefetto Antonio Manganelli. «Sono profondamente onorato della scelta che mi affida oggi la responsabilità di capo della Polizia, Direttore generale della pubblica sicurezza»: queste le prime parole pronunciate da Manganelli nel corso della cerimonia di insediamento presso la Scuola superiore della Polizia di Stato. E ha aggiunto: «Nella polizia ho trascorso la maggior parte della mia vita, coronando l’antico sogno di un giovane studente liceale che aveva ben presente il valore di tanti poliziotti». «Molti – ha continuato il prefetto – sono qui oggi, ne vedo i volti amici. Alcuni, purtroppo, non sono più con noi. Penso spesso a loro, ai loro sorrisi, ai loro entusiasmi, al loro coraggio, al loro senso dello Stato. Quel ricordo mi dà forza, ci dà forza. Altri, per fortuna i più, servono ancora lo Stato e avrò il privilegio di dirigerli. Dirigerò quelli che sono in fondo i miei maestri. Sì, perché le cose che ho appreso in questi anni le ho imparate sulla strada e le ho imparate proprio da loro».
L’orgoglio del proprio valore, impiegato al servizio dello Stato e dei cittadini. È anche questo il senso delle medaglie d’oro che sempre più di frequente (cinque volte negli ultimi otto anni) il Presidente della Repubblica ha assegnato alla Bandiera della Polizia di Stato e che attribuisce ogni anno a tanti singoli poliziotti che, a rischio della vita, hanno compiuto azioni salvando vite altrui ed evitando tragedie o catastrofi. È ben il caso della medaglia d’oro conferita quest’anno da Giorgio Napolitano alla Bandiera per l’attività svolta dal personale del Servizio centrale operativo e delle Squadre mobili nazionali nella lotta a tutte le manifestazioni di criminalità. Ed è ben il caso delle quattro medaglie d’oro attribuite a singoli componenti della Polizia di Stato. La prima, alla memoria, va al brigadiere Luigi Carluccio, artificiere in forza alla questura di Milano. Nella notte tra il 14 e il 15 luglio 1981, a Como, Luigi Carluccio fu impegnato a disinnescare numerosi ordigni esplosivi collocati da sconosciuti per protesta contro la costruzione del carcere Bassone.Era avanti nel suo rischiosissimo lavoro quando fu investito da una micidiale esplosione. «Nobile esempio di coraggio, altruismo ed elette virtù civiche sino al sacrificio della vita», recita la motivazione del Quirinale.
A Gerardo Manzo, assistente in servizio presso la sottosezione della polizia stradale di Angri, va la seconda medaglia d’oro alla memoria. Il dramma avvenne il 1° aprile 1990 durante il turno di pattuglia sull’autostrada Napoli-Salerno. Dopo aver intimato di fermarsi a un automobilista che aveva ignorato l’alt, Manzo si lanciava all’inseguimento. Ma purtroppo la macchina dove viaggiava finiva coinvolta in un incidente con una macchina proveniente dalla corsia opposta, e nello scontro l’assistente perdeva la vita. «Nobile esempio di coraggio e di attaccamento al proprio dovere fino al sacrificio della vita, per il bene della collettività».
La terza medaglia d’oro viene conferita al sovrintendente, Alessandro Deidda, al momento dei fatti, in forza presso il distaccamento polizia stradale di Tarquinia, Viterbo. Il 5 maggio 2006 vide un’autocisterna ribaltata che riversava sulla strada il suo carico infiammabile. Deidda non era in servizio, ma ugualmente si gettò nella cabina di guida dell’autista, traendolo in salvo. Pochi attimi più tardi, l’autocisterna esplodeva. «Chiaro esempio di coraggio, altruismo, sprezzo del pericolo posti al servizio della collettività»: ecco la motivazione del riconoscimento. Infine, medaglia d’oro all’assistente capo Andrea Defranza, in forza presso la questura di Venezia. Il 5 dicembre 2006, libero dal servizio, si trovò di fronte a un grave incidente, potenzialmente catastrofico: una autocisterna finita fuori strada e ribaltata, con il carico di gas infiammabile che fuoriusciva e l’autista, imprigionato nell’abitacolo, che stava soffocando. Defranza prima liberò il malcapitato, poi bloccò il traffico, scongiurando il rischio più grave di una deflagrazione devastante. Anche per Defranza la motivazione del presidente Napolitano parla di «coraggio, altruismo, sprezzo del pericolo, al servizio della collettività».
Tuttavia per la Polizia di Stato il 2007 porta una data-simbolo che resta nella memoria di tutti: il 2 febbraio. Quella sera, durante i disordini allo stadio Massimino fomentati dagli ultras del Catania, in occasione del derby con il Palermo, fu ucciso l’ispettore capo Filippo Raciti. Aveva appena compiuto 40 anni, sposato con due figli, ed era stato assegnato al X Reparto mobile da pochi mesi. La polizia di Stato nel corso delle indagini ha ricostruito tridimensionalmente l’incidente in cui ha trovato la morte l’ispettore. Ricostruzione che nel tempo ha condotto ad alcuni arresti. Tra cui, tredici tifosi, accusati di associazione a delinquere finalizzata alla turbativa di manifestazioni sportive. Il gip che ha disposto questi provvedimenti ha precisato: si è trattato di violenza gratuita legata all’idea che le forze di polizia siano nemici da abbattere comunque, che si può uccidere chi difende questo Stato che è da disprezzare. Le parole del magistrato rendono bene l’idea di quanto sia lungo il cammino da percorrere per riportare a ragione una violenza insensata che va ad aggiungersi a tante altre strategie di morte, terroristiche e criminali, che vedono nella legge e nella Polizia di Stato che la fa rispettare dei nemici da abbattere. E qui si ritorna all’orgoglio per il valore e il coraggio della Polizia di Stato che il sacrificio dell’ispettore capo Filippo Raciti, premiato lo scorso anno con la medaglia d’oro alla memoria, le medaglie d’oro alla Bandiera per i risultati ottenuti dal Servizio centrale operativo e dalle Squadre mobili, l’abnegazione dimostrata dai singoli poliziotti decorati e l’impegno del capo della Polizia Antonio Manganelli hanno dimostrato di volere e sapere onorare.
Gennaio. L’anno si apre con due brillanti operazioni sul campo e un accordo tecnologico che si rivelerà strategico contro un nemico subdolo: le pedopornografia sul web. Vale la pena di cominciare da quest’ultimo accordo tra la polizia e alcuni partner telematici perché serve a mettere bene in evidenza gli infiniti rischi che si annidano in Rete e che ormai riguardano tutti e soprattutto le famiglie. Comincia allora a prendere corpo il Centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia su Internet, previsto dalla legge 38 del 2006: la polizia postale e delle comunicazioni viene individuata come l’organo nazionale destinato a contrastare il fenomeno. E giusto un anno dopo, il primo febbraio del 2008, il Centro nazionale diventerà una realtà presso il Polo Tuscolano di Roma. «Bisogna difendere i bambini, colpendo i siti pedofili e i loro visitatori, ma anche i vasti interessi economici che stanno dietro questa gravissima minaccia: un obiettivo che non vogliamo e non possiamo fallire». Sono queste le parole che il capo della Polizia Antonio Manganelli ha usato alla cerimonia di inaugurazione, presente il segretario generale dell’Interpol Ronald Kenneth Noble, per testimoniare la dimensione globale della minaccia. Tuttavia la polizia, mentre contrasta i pericoli telematici, non può trascurare tante altre minacce come, ad esempio, il terrorismo. Infatti, con una delicata azione di intelligence, verso fine mese funzionari dell’Ucigos e della questura di Parma arrestano due algerini nell’ambito di una vasta operazione che mira a neutralizzare gli ex combattenti delle guerre interetniche dei Balcani, che hanno ripiegato in Italia per organizzare le retrovie della guerriglia e del terrorismo. Infine, gennaio si chiude con l’arresto, ad Amsterdam, di un pericoloso ricercato albanese: dopo aver ucciso più persone in patria, aveva prima ferito un italiano a Como e poi ne aveva assassinato un altro a Milano. Un pericolo pubblico che non poteva essere lasciato in libertà.
Febbraio. Se gennaio si è chiuso con l’accordo sul Centro nazionale contro la pedopornografia, febbraio si apre con il varo dell’Osservatorio sulla prostituzione e sui fenomeni delittuosi ad essa connessi, istituito con decreto del ministero dell’Interno un mese prima. All’Osservatorio partecipano i Dipartimenti della pubblica sicurezza, delle libertà civili e dell’immigrazione nonché i rappresentanti delle associazioni impegnate su questo fronte: Caritas, Comunità Giovanni XXIII, Gruppo Abele, On the road, le Acli e tanti altri protagonisti del volontariato. L’Osservatorio “si prefigge, attraverso l’analisi del complesso panorama della prostituzione, l’obiettivo di verificare l’adeguatezza e l’efficacia del sistema di prevenzione e contrasto dei fenomeni ad essa connessi, le misure di assistenza e protezione delle vittime della tratta nonché l’esigenza di pianificare interventi coordinati sul territorio in un quadro di interconnessione tra forze di polizia e operatori delle organizzazioni che tutelano le vittime”. I primi giorni di febbraio registrano un’operazione della Stradale di Torino, che sequestra più di 20mila bottiglie di finto champagne francese, partendo da un’indagine sui furti di Caterpillar e macchine agricole. A metà mese, la grande operazione antiterrorismo interno: con la regia dell’Ucigos, in Lombardia vengono arrestati dalla Polizia di Stato 15 militanti di Seconda posizione e altri 70 risultano indagati. Per gli inquirenti stavano architettando attentati a case di politici, sedi di aziende e l’omicidio di un giuslavorista, sul modello dell’assassinio a Bologna di Marco Biagi. Il loro presunto ideologo, Alfredo Davanzo, inseguito da una condanna dell’82 e fuggito in Francia, poi rientrato in Italia in clandestinità, viene arrestato sui monti della Carnia. Gli adepti al gruppo avevano organizzato anche esercitazioni paramilitari in zone rurali, impiegando armi lunghe e corte.
Marzo. È il mese centrale della campagna della polizia stradale contro le stragi legate all’automobile e alle moto. Partita a febbraio, la manifestazione si concluderà ad aprile con la Settimana dell’Onu per la sicurezza di chi guida e chi cammina per strada. “L’incidente stradale non è una fatalità”: è lo slogan della campagna che ha l’obiettivo di richiamare l’attenzione sulla gravità del fenomeno infortunistico. Perché, come dicono i responsabili della Polstrada: «Nella guerra combattuta ogni giorno contro le stragi da incidente stradale ci sono tanti nemici – alcol, droga, velocità, sonno e stanchezza – ma il più pericoloso è il fatalismo e la rassegnazione, e 15 morti in media al giorno non possono essere un male necessario, un tributo da pagare inevitabilmente a non si sa chi». La Polizia di Stato è così in prima linea per lanciare ai giovani un messaggio preciso: la vita non va buttata. E strumento efficace di educazione risulta il Progetto Icaro, a cui la polizia stradale partecipa con i ministeri dell’Istruzione e dei Trasporti , l’Ania e l’Unicef, il Silbi dei gestori delle sale da ballo. I giovani, specie quelli che frequentano le discoteche, da Roma a Torino, da Bergamo a Rimini, vengono invitati a nominare il loro Bob, ovvero il compagno che sceglierà rigorosamente di non bere e guiderà l’auto al momento dei trasferimenti e del ritorno a casa del gruppo, che viene dotato anche di etilometri per automisurare il tasso alcoolico e di conseguenza testare lucidità e riflessi. Ma, come abbiamo visto, l’opera di prevenzione si accompagna sempre all’azione di repressione della criminalità variamente declinata. Infatti a metà mese, sulla spiaggia di Copacabana, viene arrestato il latitante Cesare Battisti, grazie alla collaborazione della polizia di prevenzione e dell’Antidroga italiane con la polizia francese, quella brasiliana e l’Interpol. Ex militante dei Pac (Proletari armati per il comunismo) e di Prima linea, Battisti è stato condannato all’ergastolo a Milano per associazione sovversiva, banda armata e concorso in quattro omicidi, ma, dopo varie peripezie, era riuscito a fuggire prima a Parigi e poi a Rio de Janeiro: qui è stato catturato assieme alla donna francese che gli aveva portato 9mila euro per continuare la latitanza. Passano pochi giorni e arriva un altro duro colpo alla criminalità: gli investigatori di Catanzaro e Lamezia Terme, assieme allo Sco, eseguono 12 ordinanze di custodia cautelare che disarticolano la potente cosca Torcasio-Cerra-Gualtieri, protagonista di una lunga serie di estorsioni ed omicidi.
Aprile. La polizia ferroviaria rende noto il bilancio di un anno di operazioni contro la dannosissima pratica dei furti di rame lungo le strade ferrate e nei depositi dei treni di tutta Italia. I numeri: recuperate quasi 500 tonnellate del cosiddetto “oro rosso”, indagate 427 persone di cui 142 tratte in arresto nel corso di 3.623 controlli. Dette così sembrerebbero cifre di routine, invece rivelano uno dei fenomeni più critici dello scenario criminale contemporaneo. Infatti, i furti di rame colpiscono per lo più direttamente le linee ferroviarie in esercizio, con il risultato che l’asportazione di una treccia o di una matassa di rame blocca per ore centinaia di convogli, sconvolgendo la vita a decine di migliaia di persone e mettendo in crisi aziende e uffici pubblici. I giornali, la tv, i blog su Internet hanno raccontato quanti e quali siano stati e siano i drammi scatenati da questi improvvisi black out dei trasporti: ricoveri e operazioni chirurgiche saltate per il mancato arrivo di pazienti o équipe mediche, esami scolastici a vuoto, affari, appuntamenti andati in fumo. In una parola il caos. A causa di un reato di furto che va assumendo sempre più i connotati del sabotaggio della ordinata vita sociale ed economica nazionale. Per questa ragione e perché si è ormai capito che dietro ai furti in serie c’è il racket organizzato che porta a grandi ricettatori interessati a rivendere il prezioso metallo ai Paesi a decollo industriale recente, affamati di materia prima, l’opera della polizia ferroviaria ha incontrato il plauso unanime delle Ferrovie e dei milioni di viaggiatori che sono rimasti vittime di questo innovativo reato predatorio. È così: reati e contrasto ai lestofanti vanno sempre aggiornati. È per questo che a metà mese il Dipartimento della pubblica sicurezza e l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni firmano un accordo che permette alle forze di polizia di accedere direttamente alla banca dati dei sinistri fra veicoli, che contiene informazioni relative a 33,5 milioni di incidenti. Incrociando i dati sarà più facile individuare i truffatori. Naturalmente la quotidiana battaglia della Polizia di Stato contro il crimine non investe solo ladri, ricettatori e truffatori. I clan sono sempre attivi. E anche la Direzione centrale della polizia criminale: infatti a fine mese i suoi investigatori riescono a catturare Armando Orlando, pericoloso latitante camorrista di Marano, uomo di fiducia di Angelo Nuvoletta. Nelle sue mani il boss ha messo i proventi del malaffare da riciclare in investimenti immobiliari e commerciali tra Panama, Santo Domingo e le Canarie. E infatti il ricercato viene catturato a Tenerife.
Maggio. Camorrista che catturi ad aprile a Tenerife, camorrista che catturi a maggio a Preston, Gran Bretagna. Tocca allo Sco e alla Squadra mobile di Napoli, assieme ai colleghi inglesi, mettere le manette a Gennaro Panzuto, 32 anni, elemento di spicco del clan della zona di Torretta, Mergellina e Chiaia, legato al boss Salvatore Torino del quartiere Sanità e a Rosario Piccirillo, del quartiere San Ferdinando. Ma per due malfattori napoletani in trasferta in Spagna e Inghilterra, ci sono tanti altri “malacarne” che stanno cercando di occupare spazio in Italia. Per esempio, i sei nigeriani arrestati a Modena. È contro di loro che scatta l’operazione Multilevel 4, condotta dalla Squadra mobile. Il lato oscuro di questa storia di sfruttamento della prostituzione sta nel fatto che le povere ragazze nigeriane venivano rapite e soggiogate con minacce psicologiche legate soprattutto ai riti voodoo. Dalle indagini è saltata fuori una associazione a delinquere a cerchi concentrici (di qui il nome in codice dell’operazione) fatta in modo che ogni volta che la polizia interveniva a colpirla, la struttura era in grado di rimarginare le ferite, importando nuove ragazze dall’Africa via Parigi. Le sventurate dovevano rendere in breve tempo almeno 100mila euro e a questo fine venivano tenute in schiavitù a compartimenti stagni: ognuna di loro conosceva solo la propria “madame”. Ma gli investigatori sono riusciti lo stesso a smantellare l’organizzazione. Così come sono riusciti – e questa volta è di scena la Squadra mobile di Venezia in collaborazione con la polizia francese – a catturare due pericolosi latitanti d’Oltralpe. Si tratta di Erik Ferdinand e Nassim Chanti, protagonisti di una rocambolesca fuga dal carcere belga di Ratin. Ecco in breve la storia. Ferdinand, ricercato da Francia e Spagna per una serie di rapine a mano armata, viene catturato dai belgi e rinchiuso in una prigione di massima sicurezza. Ma vuole evadere. Così fa organizzare a Chanti, suo complice, il dirottamento a mano armata (mitra ed esplosivi) di un elicottero privato: canna alla tempia i due piloti vengono costretti a far atterrare il velivolo sul tetto del carcere dove il detenuto, è il caso di dirlo, è pronto a prendere il volo. L’evasione suscita grande scalpore in tutta Europa. Alla polizia italiana il compito di mettere la parola fine a questa avventura. Anche la Sardegna è protagonista verso la fine del mese con l’operazione Giobbe 2006 che vede la collaborazione delle Squadre mobili di Sassari, Cagliari e Bologna, per stroncare un importante canale di spaccio di droga che, dall’Olanda e dal Belgio, interessava tutta l’Isola.
Giugno. Il debutto dell’ estate vuole grandi operazioni di polizia che guardino avanti. Ed è esattamente in questa direzione che è andata Renovatio, strategia di contrasto al fenomeno delle rapine in tutta Italia. Ben 33 province passate al setaccio dalle Squadre mobili coordinate dal Servizio centrale operativo della Direzione centrale anticrimine. Solo in Lombardia a metà mese vengono arrestate 71 persone, direttamente collegate alle rapine in villa e nelle case. Molta refurtiva viene recuperata in 36 perquisizioni mirate, che portano alla luce anche armi e molta cocaina. Farmacie, tabaccherie, supermercati, in tutto il Paese, per un po’ possono dormire sonni più tranquilli: Renovatio porta in cella centinaia di malviventi con precedenti specifici. Tra gli arrestati, 183 italiani, 47 rumeni, 16 albanesi, 48 di altre nazionalità. Uno scenario devastante, che fa il paio con lo sfruttamento e l’abuso sessuale dei più piccoli che ormai si esplica sul terreno della grande Rete. Così, per combattere il fenomeno, la polizia postale avvia collaborazioni con chi ha già molta esperienza sul campo: Telefono azzurro, per esempio. Tra l’altro la polizia postale sarà collegata più strettamente con Hot 114, il servizio dell’associazione a cui vengono segnalati i contenuti illegali e pericolosi per i bambini che circolano in rete. Tante le segnalazioni. In due anni la lampadina rossa si è accesa mille volte: il 60% riguarda i siti web, ma anche mail, file sharing e blog si sono rivelati sistemi largamente occupati da chi cerca di raggirare i minori più ingenui e indifesi. La lista di chat, forum, newsgroup, infestati da pedopornografi, finirà in una black list di indirizzi a cui viene reso impossibile accedere con provider italiani.
Luglio. Un mese davvero caldo di lavoro per la Polizia di Stato. Si comincia con l’inchiesta contro il terrorismo interno avviata a febbraio. Ucigos e Digos di Milano e Padova hanno sviluppato nel tempo gli indizi scaturiti dai 15 arresti operati nell’ambito del Partito comunista politico militare che pianificava attentati a uomini politici, manager, imprenditori e giuslavoristi. Due arresti: Andrea Tonello e Giampiero Simonetto. Sono gli armieri dell’organizzazione. Quelle armi non uccideranno più. Passano pochi giorni e la Polizia di Stato lancia un’operazione che mira a una delle cosche più determinate della criminalità calabrese. Scattano le manette ai polsi di 16 affiliati alla ’Ndrangheta, tutti capi e associati alla cosca Crea, che riunisce le famiglie mafiose dei Rizziconi di Reggio, dei Piromalli di Gioia Tauro, gli Alvaro di Sinopoli, i Santaiti di Seminara, i Rugolo-Mammoliti di Castellace. Una vasta operazione delle Squadre mobili di Roma, Brescia e Catanzaro, del commissariato di Gioia Tauro e del Reparto prevenzione crimine Calabria, messo a disposizione dal ministero dell’Interno. Passano poche ore e l’Ucigos lancia l’operazione Hammam. Gli investigatori hanno individuato la moschea di Ponte Felcino a Perugia come scuola di terrorismo nella quale alcuni imam incitano i fedeli a combattere la guerra santa “svolgendo in maniera continuata addestramento ad azioni con finalità di terrorismo”. Tra le reclute, svela l’inchiesta, anche bambini. Futuri kamikaze? Chissà. Dal materiale sequestrato emergono documenti con le regole per la preparazione di ordigni esplosivi, sostanze chimiche e armi da fuoco. E per non farsi mancare nulla, tra le altre anche istruzioni al volo per i Boeing 747. Il ricordo dell’11 settembre 2001 è riemerso, raggelando, nonostante il solleone, investigatori e magistrati. Ma il sistema nervoso della polizia non pulsa solo per grandi operazioni. A fine mese, la Squadra nautica di Trieste, ad esempio, riesce a recuperare “miracolosamente” un ragazzo sloveno scomparso mentre nuotava di fronte alla spiaggia di Sistiana. Un puntino nel grande golfo, dove incrociano venti spesso impetuosi. Sembrava impossibile trovarlo, ma alla fine lo ha tratto in salvo, allo stremo delle forze, il Presidio nautico di Duino. Perché? Perché gli equipaggi della polizia conoscono perfettamente le correnti prevalenti e hanno saputo calcolare esattamente dove cercare, e quindi trovare, il giovane in balia delle onde, che in quella zona non scherzano.
Agosto. Scorre sangue italiano in Germania. È l’alba di ferragosto quando le agenzie battono le notizie che arrivano da Duisburg. Sei giovani calabresi, tra i 20 e i 30 anni, sono stati uccisi con un colpo alla testa. I cadaveri rinvenuti in un’auto e un furgoncino posteggiati in centro. Comincia così il nuovo capitolo di una delle più crudeli faide che oppongono alcune famiglie mafiose calabresi. Le vittime, in quel caso, sono affiliati alla cosca Pelle-Vottari-Romeo. Nei giorni e nei mesi seguenti, la strage di Duisburg sembra procedere in apnea. E una ragione precisa c’è. La Polizia di Stato sta indagando e stringendo il cerchio intorno ai killer. Che a dicembre risultano essere gli affiliati alla cosca Nirta-Strangio. È ancora una volta l’alba, del giorno 18, quando le agenzie battono la notizia. A Duisburg e Kaarst – ma anche nella Locride – è in corso una grande operazione per catturare gli esecutori e i mandanti della strage di Ferragosto. Dei ricercati, 4 su 5 saranno assicurati alla giustizia. Dietro le quinte, quel che va messo in luce è che la soluzione del mistero della strage è frutto delle indagini congiunte di una speciale task force italo-tedesca creata appositamente per analizzare la penetrazione e l’incidenza della criminalità mafiosa in Germania. E inserita nel Servizio di cooperazione internazionale della Criminalpol italiana. Del resto almeno da 10 anni la Criminalpol ha sviluppato una intensa collaborazione con l’Ufficio federale di polizia criminale e i risultati si sono visti: solo nel 2006 sono state condotte 26 inchieste con 355 indagati. Anche questa è una caratteristica delle capacità della Polizia di Stato: tessere collaborazioni con le altre polizie per creare strumenti investigativi nuovi e sempre più efficienti.
Settembre. Per la Polizia di Stato il mese arriva all’insegna del successo nel campo delle investigazioni scientifiche e tecnologiche. È il capo della Polizia, Antonio Manganelli, che riceve al Viminale per far loro i complimenti gli investigatori che hanno indagato sul Caso Ferrari. Ed era stata appunto la casa di Maranello, durante la primavera e l’estate, al centro di uno scandalo di spionaggio industriale. I magistrati di Modena, competenti per territorio, avevano affidato le indagini alla polizia e l’inchiesta era sfociata, il 13 settembre, in un consiglio mondiale della Federazione internazionale dell’automobile che aveva emesso un verdetto di pesante condanna a carico degli avversari della Ferrari: il team Vodafone-McLaren-Mercedes. Merito del verdetto le indagini della polizia postale, che hanno rivelato, grazie alle risultanze acquisite con l’analisi di una ingente quantità di dati relativi al traffico telefonico e telematico, i collegamenti e i passaggi di informazioni, raccolte fraudolentemente dall’ex capo meccanico fedifrago della Ferrari. In sostanza, Stepney aveva passato al chief designer della McLaren, Mike Coughlan, un dossier di 781 pagine con 255 progetti e prove e test riservati della Ferrari. Ancora protagonista la polizia postale ma a Trento. Qui, infatti, il 18 settembre, viene arrestato un uomo per aver commesso reati a sfondo sessuale nei confronti di minorenni durante i suoi viaggi nel Sud est asiatico. Primo caso in assoluto per il nostro Paese. Sempre questo mese vede in primo piano anche il Servizio polizia scientifica che, ospitando al Polo Tuscolano il congresso del Gruppo di lavoro degli esperti europei del Dna, dimostra di essere ai primi posti nella rete europea degli istituti governativi che si occupano di scienze forensi, composto da forze di polizia, magistrati e medici legali. I responsabili dei 50 laboratori che rappresentano 31 Paesi europei hanno messo a fuoco logica e tecniche della genetica forense, utile per affrontare importanti tematiche sull’applicazione del Dna alle indagini giudiziarie. Sullo sfondo del dibattito, l’istituzione anche in Italia della Banca dati nazionale del Dna, strumento essenziale per il contrasto alla criminalità organizzata, al terrorismo e all’immigrazione clandestina.
Ottobre. La Polizia di Stato di Padova arresta 29 rumeni e ne denuncia altri 25: l’operazione disarticola un’associazione a delinquere transnazionale che prendeva di mira gli esercizi commerciali di tutto il Nord-Est. Una specie di “malaindustria” che spaccava vetrine, forzava negozi, svaligiava magazzini, narcotizzava commessi e impiegati. Una gang con un nome: Predoni. E uno slogan: “Ruba e fuggi”. Almeno 70 colpi. La svolta nelle indagini è arrivata da un fruttuoso accordo denominato Ita.Ro. tra la polizia italiana e quella rumena: intercettazioni, pedinamenti, informazioni giunte dalla Romania hanno stretto il cerchio intorno a capi e gregari. Dal Nord-Est a Genova, dove di scena questa volta sono i sudamericani, come truffatori e vittime: in due avevano organizzato una “ditta” che tappezzava di manifesti in spagnolo la città, offrendo un lavoro da magazziniere, bastava versare una certa cifra “per le spese amministrative”. Quando i malcapitati si recavano “al lavoro” trovavano sempre le saracinesche chiuse. E da Genova all’estremo Sud. Provincia di Agrigento. La famiglia mafiosa Siculiana pretendeva il pizzo da tutti, anche dal presidente degli industriali. Ma gli imprenditori si sono ribellati e l’operazione Marna della Polizia di Stato porta in carcere dieci presunti mafiosi, compresi alcuni amministratori locali. E, a proposito di mafiosi agrigentini, proprio negli stessi giorni gli investigatori della polizia mettono a segno un’altra operazione, in Venezuela: a Valencia viene catturato il boss agrigentino Francesco Termine, ricercato dal ’92. Colpi ben assestati alla malavita vecchia e nuova. A Firenze invece la polizia vara un progetto innovativo che affronta un altro problema, diverso ma anch’esso portatore di allarme sociale diffuso: il bullismo. La questura fiorentina e l’ufficio scolastico regionale lanciano il programma denominato “Il bullo gioca da solo”, in base al quale famiglie e insegnanti possono riconoscere quali siano i comportamenti di prevaricazione che possono diventare davvero pericolosi. E sono sempre le famiglie al centro dell’”operazione anziani” varata ad Ancona dalla Questura. Dopo uno screening anagrafico sono stati individuati e contattati migliaia di anziani: a ognuno, o ai loro parenti, è stato consegnato un vademecum con i consigli indispensabili per evitare di essere truffati e derubati. In più, in base alla zona di residenza, è stato loro fornito il cellulare del poliziotto di quartiere da chiamare in caso di bisogno. Un servizio “ad personam” graditissimo agli anconetani. Per non parlare de L’Aquila, che ha festeggiato tra novembre e dicembre il suo quinto anno di sperimentazione dei “Bobbies” italiani: a suo tempo era stata scelta come città-campione assieme ad altri 27 capoluoghi. Bilancio: il poliziotto di quartiere, espressione della “polizia di prossimità”, qui è ormai considerato un amico su cui contare sempre.
Novembre. Una bella notizia, e finalmente leggera, per la Polizia di Stato: i pugili delle Fiamme oro ai Campionati mondiali di boxe di Chicago stanno facendo incetta di medaglie: in rapida successione arriva un argento nei pesi fino a 60 chili, un oro nei massimi fino a 91 chili e un altro oro nella categoria dei supermassimi. Ma la vera, più grande soddisfazione del mese per la Polizia di Stato arriva il giorno 5, con l’arresto a Palermo di Salvatore e Sandro Lo Piccolo, presi dalla Squadra mobile assieme ad Andrea Adamo e Gaspare Pulizzi, “reggenti” del rione Brancaccio e di Carini: tutti inseriti tra i 30 maggiori ricercati d’Italia. Da quegli arresti e dalla decodificazione dei documenti contabili che i latitanti avevano nel loro covo è nata la fondamentale operazione di polizia che ha portato a identificare una vasta area di estorsori, che sono stati denunciati dalle loro vittime che, finalmente, hanno deciso di non subire più il pizzo che distrugge l’economia. Ma tutto novembre è importante anche per gli accordi che costruiscono le basi per la lotta transnazionale al crimine. All’inizio del mese, a Marrakesh, all’Assemblea Oipc-Interpol, che riunisce i 186 Paesi che aderiscono all’Organizzazione mondiale di polizia, il capo della Polizia Antonio Manganelli e il vice capo Nicola Cavaliere incontrano i vertici delle polizie di Romania, Serbia e Moldova e con loro mettono a punto programmi di collaborazione. Soprattutto la Romania dovrà affiancare la polizia italiana con suoi funzionari per facilitare le indagini e agevolare le operazioni di rimpatrio dei loro connazionali in caso di comprovati motivi di pubblica sicurezza. Infine, quando il mese sta per terminare, la Conferenza interministeriale dei Paesi del Mediterraneo occidentale, organizzata a Roma dalla Direzione centrale per i servizi antidroga, pianifica una solida alleanza tra l’Europa e i Paesi africani «per sconfiggere le organizzazioni criminali che stanno inondando il mercato europeo di cocaina e che in Africa si accingono a creare basi logistiche ed operative con i trafficanti di eroina importata dall’Afghanistan».
Dicembre. È come sempre un mese diverso, che vede la Polizia di Stato impegnata, tra l’altro, con l’opera di prevenzione contro i pericoli legati ai micidiali botti, che vengono sequestrati a tonnellate, e i programmi della polizia stradale denominati Brindo con prudenza, che tendono a rendere più sicure le strade per gli esodi delle vacanze. Ma le vacanze in arrivo significano anche servizi preventivi della Polfer sui treni e nelle stazioni e controlli a tappeto antiterrorismo: in due giorni vengono censiti 5.668 obiettivi e identificate 21.057 persone. Bilancio: 159 arrestati e 305 procedure di espulsione avviate. Controlli così vasti e penetranti che portano a smantellare una rete di rumeni di Craiova che gestiva una rete di minori ridotti in schiavitù a Milano e a sgominare a Verona una gang di adolescenti che rapinavano i coetanei del cellulare per rivenderselo e comprarsi la droga. Ecco, ancora e sempre la droga. E su questo fronte un duro colpo agli spacciatori arriva sull’asse Campania-Basilicata-Puglia. È l’operazione in codice Reset, con 25 arresti, che ha il suo baricentro a Matera, ma trova in zona tanti altri focolai di spaccio. Finiscono in manette trafficanti lucani, pugliesi, campani che avevano dato vita a una nuova geografia dello spaccio. A Campobasso, la questura punta invece sull’azione preventiva. Dall’inizio del nuovo anno scolastico vengono concordati con gli istituti regolari incontri con gli esperti dell’Antidroga della Polizia: professori, presidi e genitori vengono informati dei pericoli che minacciano i giovani, come individuare le situazioni a rischio e come comportarsi di conseguenza, aiutando gli investigatori a fare il loro lavoro, evitando però di traumatizzare i ragazzi. Un grande successo. Ecco, la droga. Una situazione sempre più grave e diffusa che viene affrontata a dicembre dai venti maggiori esperti di traffico di stupefacenti del mondo, riuniti a Roma presso la Direzione centrale per i servizi antidroga. Tema: come fronteggiare l’arrivo stimato di 4 tonnellate di cocaina in Italia, come frenare l’offerta di eroina legata alla sovrapproduzione afghana? Quali iniziative intraprendere per migliorare la risposta investigativa e giudiziaria al narcotraffico? Interrogativi sempre più drammatici ai quali il Dipartimento della pubblica sicurezza sta già dando una prima risposta, incrementando del 6 per cento le sue operazioni e ottenendo nel 2007 il miglior risultato degli ultimi quattro anni. A chiudere la carrellata degli eventi che hanno caratterizzato l’anno, una notizia particolare, ripresa da quasi tutte le testate. Nel luglio del 2006 l’astronauta americano Piers Sellers, durante un viaggio in Italia, incontrava in una piazza della Capitale alcuni agenti del Reparto mobile in servizio di ordine pubblico, i quali, quasi per scherzo, regalavano al cosmonauta la targhetta con la scritta “Polizia” della propria divisa, chiedendogli di portarla in orbita sullo Space Shuttle. Ebbene, Sellers, nonostante le limitazioni di peso imposte durante il volo, mantenne la promessa e, durante la missione della navetta Discovery, scattò una fotografia al distintivo “in orbita”, che fece così il giro del mondo. Il 17 dicembre del 2007, al ritorno dallo spazio, l’astronauta americano ha riconsegnato al capo della Polizia Antonio Manganelli la celebre targhetta, conservata al Museo storico, alla stregua di un prezioso reperto “stellare”.
UN ANNO IN CIFRE
Si dice dell’aridità dei numeri. Sono freddi, esprimono elementi di un calcolo, non hanno sentimenti. Non è vero. I numeri hanno un cuore e un’anima, rappresentano idee, fatti, eventi. Sono unità di misura, la sintesi di migliaia, spesso milioni di elementi i quali, una volta ordinati, compongono un quadro d’insieme, un affresco complessivo. Ecco perché abbiamo scelto di offrire al lettore il mosaico delle tante attività svolte dalla Polizia di Stato attraverso le cifre. Dentro ciascun numero ritroviamo la misura di un evento dispiegato nella sua ampiezza, nel suo significato. Letti nel loro insieme i numeri configurano la struttura della Polizia di Stato nelle diverse articolazioni e specialità, esaminati uno per uno ci forniscono una sorta di “zoom” su un particolare aspetto delle attività svolte. Inorgoglisce, nella ricorrenza dell’anniversario, constatare che i riconoscimenti sono aumentati del 26,5 per cento e più di dodicimila sono i premi.
Tre i poliziotti caduti in servizio (dal 1° marzo 2007 all’aprile 2008): il primo dirigente Giovanni Liguori e l’ispettore capo Eliano Falivene, deceduti durante un addestramenteo in volo, e il sovrintendente Mauro Giovannini, morto in seguito a un incidente stradale, durante un servizio di scorta in moto, mentre sono stati 1.860 quelli rimasti feriti durante l’anno. Questo dato – e ricordiamo che in alcuni periodi del passato il numero delle vittime è stato drammaticamente assai più elevato – testimonia, tra l’altro, dei rischi altissimi che alcune attività investigative e di contrasto comportano. Per questa ragione (certo un po’ anche per orgoglio di appartenenza e per ricordare chi ha pagato un caro prezzo), abbiamo scelto di aprire questa rassegna con questo dato.
Vi sono poi cifre significative che i cittadini per lo più non conoscono: per esempio, fa una certa impressione constatare che il “113”, il famoso numero di pronto intervento, ha ricevuto quasi sette milioni di chiamate compiendo poco meno di settemila interventi al giorno, per le più disparate ragioni e nelle condizioni più diverse. Dalle cronache sappiamo che i due milioni e mezzo di interventi con le “Volanti” hanno salvato centinaia di vite in pericolo, sedato liti e risse, stroncato traffici. Insomma, il “113”, com’è universalmente riconosciuto, si è mosso di giorno e di notte come un amico fidato e veloce, un numero per tutte le emergenze. A fianco di questo servizio è andato crescendo quello dei poliziotti di quartiere, 2.152 unità, che danno vita a quella “polizia di prossimità” che è la più vicina alla gente: una delle apprezzate innovazioni della Polizia di Stato, chiamata a irrobustire il reticolo di controlli, capace di fornire un significativo aumento della “percezione di sicurezza” e dunque una più alta qualità della sicurezza reale.
Altri numeri descrivono l’imponente sforzo delle unità investigative di base e di quelle specializzate: sono i risultati della incessante lotta contro le mafie e le organizzazioni criminali. Centocinquantaquattro latitanti, alcuni “scomparsi” da anni, forse da decenni, boss di primissima grandezza, sono stati scovati e assicurati alla giustizia. Dietro quel numero si cela un lavoro oscuro, difficile, che richiede il massimo impegno e l’uso più sofisticato dell’intelligence. Prima di giungere all’arresto di un boss non di rado occorrono mesi e mesi di indagini all’interno di territori dove l’omertà mafiosa protegge i capi isolandoli da ogni rischio esterno. Accanto agli arresti vanno indicati i risultati conseguiti nella confisca dei beni, arma temibile per le cosche che si vedono così private della loro primaria fonte di reddito criminale.
Una valutazione che spesso sfugge ai più riguarda l’ordine pubblico. Sono impressionanti le cifre che si riferiscono ai servizi compiuti nelle manifestazioni di piazza, non sempre pacifiche, talvolta apertamente ostili al rispetto della legge. Vi sono poi i “bilanci lavorativi” delle diverse specialità, dalla polizia delle comunicazioni, alla polizia ferroviaria, alla polizia scientifica che vediamo spesso in azione sul luogo di fatti di sangue per compiere delicate rilevazioni, materiale che si è rivelato non di rado preziosissimo ed anche risolutivo nell’identificazione di responsabili di gravi reati.
Altissimi i numeri che si riferiscono all’attività della polizia stradale, con 23.743 persone denunciate e 2.309 arrestate. Le strade, la spaventosa catena d’incidenti dovuti a comportamenti scorretti, sconsiderati quando non addirittura criminali, rappresentano uno degli impegni più severi per la Polizia di Stato: dal rilevamento degli incidenti al controllo sul traffico. I dati riguardanti sia i controlli che i servizi forniscono una fotografia impressionante sull’attività di contrasto di comportamenti pericolosi sulla strada. Non meno importanti sono le cifre che riguardano la formazione della polizia: 1.742 i partecipanti e oltre 8mila i frequentatori dei numerosissimi seminari e corsi. Da queste scuole escono i “professionisti” della sicurezza, gli uomini che portano al Corpo forze fresche, aggiornate, specializzate. Il nuovo cammino per quel Corpo che è tanto amato dalla gente perché è vicino alla gente.