Caterina Carannante

Stranieri: diritti e doveri

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Tutte le norme sull’ingresso e la presenza degli stranieri nel nostro Paese

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Questo inserto ha l’ambizione di fornire un utile strumento di informazione, consultazione e orientamento sui complessi aspetti normativi e amministrativi in materia di immigrazione, aggiornato con i più recenti provvedimenti legislativi.

GLI STRANIERI IN ITALIA

(decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni; dpr 31 agosto 1999, n. 394, e successive modificazioni)

L’ingresso e il soggiorno
Lo straniero o l’apolide, in provenienza diretta dalle frontiere esterne dello Spazio Schengen, può entrare in Italia solo se:
- si presenta presso un valico di frontiera;
- possiede un passaporto o un documento di viaggio equipollente, riconosciuto valido per l’attraversamento delle frontiere;
- è titolare, nei casi in cui è richiesto, del visto d’ingresso o di transito valido;
esibisce documenti che giustifichino lo scopo e le condizioni del soggiorno;
- dimostra la disponibilità di mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno e, tranne che per i soggiorni per motivi di lavoro, anche per il ritorno nel Paese di provenienza;
- non è segnalato, ai fini della non ammissione, nel Sistema d’informazione Schengen;
- non è considerato una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l’Italia ha sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone;
- non risulta condannato, anche a seguito di patteggiamento, per i reati previsti dall’articolo 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale, ovvero per reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia e dell’emigrazione clandestina dall’Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite;
- siano decaduti gli effetti di una precedente espulsione, avendo ottenuto la speciale autorizzazione del ministro dell’Interno a rientrare in Italia prima della scadenza del divieto di reingresso;
- non deve essere espulso o non è segnalato, anche in base ad accordi o convenzioni internazionali in vigore in Italia, ai fini del respingimento o della non ammissione per gravi motivi di ordine pubblico, di sicurezza nazionale e di tutela delle relazioni internazionali.
Lo straniero o l’apolide che non soddisfa tali condizioni, pertanto, è respinto alla frontiera e non entra in Italia.
Entro otto giorni lavorativi dall’ingresso nel territorio nazionale deve:
- chiedere il permesso di soggiorno alla questura della provincia ove si trova;
oppure
- rendere la dichiarazione di presenza, anziché chieder tale permesso, solo se è entrato in Italia per soggiorni di durata non superiore a tre mesi per visite, affari, turismo e studio.
L’obbligo di rendere la dichiarazione di presenza è assolto dallo straniero o dall’apolide:
- qualora proveniente da Paesi che non applicano l’Accordo di Schengen, entrando nel territorio dello Stato attraverso il valico di frontiera, ove è apposta l’impronta del timbro uniforme Schengen sul documento di viaggio;
- qualora proveniente da Paesi che applicano l’Accordo di Schengen, presentandosi entro otto giorni dall’ingresso in Italia presso la questura della provincia in cui si trova, per sottoscrivere il prescritto modulo; in alternativa, qualora dimori in una struttura alberghiera, può firmare l’apposita scheda per alloggiati. Copia del documento redatto è rilasciata allo straniero per attestare che ha adempiuto all’obbligo di legge; tale copia va esibita ad ogni richiesta da parte di ufficiali e agenti di pubblica sicurezza.
Lo straniero può chiedere al questore del luogo ove ha la residenza il rilascio, per sé e per i propri familiari, del permesso di soggiorno Ce per soggiornanti di lungo periodo; è necessario, a tale fine, che:
- sia titolare, da almeno cinque anni, di un permesso di soggiorno in corso di validità.
soddisfi determinati requisiti di reddito e alloggiativi.Tale documento:
- non ha scadenza, in quanto è a tempo indeterminato;
- è rifiutato a chi è pericoloso per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato.

I documenti di viaggio
(circolare del ministero Affari Esteri del 24 ottobre 2001, n. 14)
Per l’ingresso, il soggiorno od il transito in Italia gli stranieri devono essere in possesso di un passaporto o di altro documento di viaggio riconosciuto valido dal Governo Italiano.
Il passaporto può essere:
- diplomatico, di servizio (o ufficiale, speciale, o per affari pubblici) od ordinario;
- individuale (con l’eventuale iscrizione del coniuge e dei figli minori) o collettivo (intestato a gruppi di non meno di 5 e non più di 50 persone, che viaggino tutte insieme e per la stessa finalità, di solito turistica, aventi tutte la stessa cittadinanza e che entrino, soggiornino ed escano tutte insieme dallo Spazio Schengen; ogni componente la comitiva deve essere in possesso di un documento individuale d’identità, corredato di fotografia).
In alternativa al passaporto, sono considerati validi per il passaggio delle frontiere i seguenti documenti di viaggio:
- titolo di viaggio per apolidi. È rilasciato a coloro che sono considerati apolidi, ai sensi della Convenzione sullo Statuto degli Apolidi, firmata a New York il 28 settembre 1954, ratificata con legge 1 febbraio 1962, n. 306;
- documento di viaggio per rifugiati. È rilasciato a coloro ai quali è stato riconosciuto lo status di rifugiato, in applicazione della Convenzione sullo Statuto dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951, ratificata dall’Italia il 24 luglio 1954;
- titolo di viaggio per stranieri. è rilasciato a chi non può ricevere un valido documento di viaggio dalle autorità del Paese di cui è cittadino;
- libretto di navigazione. È il documento professionale rilasciato ai marittimi per la loro attività e valido per l’ingresso nello Spazio Schengen, solo per le esigenze professionali del marittimo;
- documento di navigazione aerea. È rilasciato ai piloti ed al personale di bordo delle compagnie aeree civili per l’esercizio della loro attività e esenti dall’obbligo di visto, solo se l’ingresso è determinato da esigenze professionali;
- lasciapassare delle Nazioni unite. È rilasciato al personale Onu e a quello delle istituzioni dipendenti;
- documento rilasciato da un quartier generale della Nato. È rilasciato al personale civile e militare in servizio in uno Stato dell’Alleanza Atlantica. I membri delle forze Nato sono esenti dal visto, ma non i familiari né il personale civile al seguito;
- carta d’identità per i cittadini degli Stati della Ue. È valida anche per l’espatrio per motivi di lavoro, in esenzione dal visto;
- carta d’identità (ed altri documenti) per i cittadini degli Stati aderenti all’Accordo europeo sull’abolizione del passaporto. È valida per recarsi, a scopo turistico, nel territorio di uno dei citati Stati per viaggi di durata inferiore a 3 mesi, senza obbligo di visto;
- elenco di partecipanti a viaggi scolastici all’interno della Ue. È rilasciato a studenti stranieri residenti negli Stati della Ue, che sono esenti dall’obbligo di visto;
- lasciapassare. È un foglio sostitutivo del passaporto, che viene rilasciato allo straniero che non dispone di un titolo di viaggio valido per tutti gli Stati Schengen o solo per l’Italia;
- lasciapassare (o tessera) di frontiera. È concesso ai cittadini domiciliati in zone di frontiera, per il transito della frontiera stessa e la circolazione nelle corrispondenti zone degli Stati confinanti, in esenzione dal visto.

La disponibilità di mezzi finanziari
(direttiva del ministro dell’Interno 1 marzo 2000)
Lo straniero che entra nello Spazio Schengen o in Italia deve disporre di mezzi finanziari per il proprio sostentamento; la disponibilità dei mezzi di sussistenza per l’ingresso ed il soggiorno nel territorio dello Stato può essere dimostrata mediante l’esibizione di denaro contante, di fideiussioni bancarie, di polizze fideiussorie, di equivalenti titoli di credito, di titoli di servizi prepagati o di atti comprovanti la disponibilità in Italia di fonti di reddito (v. tabella n.1)
Lo straniero deve inoltre indicare l’esistenza di un alloggio idoneo nel territorio nazionale e la disponibilità della somma necessaria al rientro nel Paese di origine, comprovabile anche con l’esibizione del biglietto di ritorno.
A tali importi è subordinato, ad esempio, l’ingresso in Italia per motivi di affari, cure mediche, gara sportiva, studio, turismo e per motivi religiosi.
Nel ccaso in cui lo straniero debba dimostrare di avere un reddito sufficiente per il sostentamento proprio e dei propri familiari, esso deve essere pari a quello indicato nella tabella n. 2.

VISTO D’INGRESSO
(decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 e successive modificazioni; dpr 31 agosto 1999, n. 394 e successive modificazioni; decreto del ministro Affari Esteri 12 luglio 2000; circolare del ministero Affari Esteri del 24 ottobre 2001, n. 14 )

Il visto d’ingresso è l’autorizzazione concessa agli stranieri per l’ingresso nel territorio italiano. È stampato su carta adesiva e applicato sul passaporto o su altro valido documento di viaggio del richiedente.

Chi deve richiedere il visto
Tutti gli stranieri per entrare in Italia devono chiedere il visto d’ingresso.
Sono esenti da tale obbligo e solo per soggiorni di durata massima di 90 giorni, per turismo, missione, affari, invito e gara sportiva, i cittadini dei seguenti Paesi:
Andorra, Argentina, Australia, Brasile, Brunei, Canada, Cile, Corea del Sud, Costa Rica, Croazia, El Salvador, Giappone, Guatemala, Honduras, Hong Kong, Israele, Malesia, Macao, Messico, Monaco, Nicaragua, Nuova Zelanda, Panama, Paraguay, Singapore, Stati Uniti, Uruguay, Venezuela.
La misura della esenzione dal visto si applica inoltre a:
- cittadini britannici titolari del seguente documento di viaggio: British nationals (Overseas);
- cittadini di Paesi sottoposti ad obbligo del visto, titolari di permesso per il traffico frontaliero locale rilasciato in applicazione del regolamento (Ce) n.1931/2006 del 20 dicembre 2006, quando esercitano il loro diritto nell’ambito di un regime di traffico locale;
- allievi di un Paese terzo i cui cittadini sono sottoposti ad obbligo del visto, che frequentano istituti scolastici e risiedono in uno Stato membro che applica la Decisione 94/795/GAI del Consiglio del 30 novembre 1994, relativa ad un’azione comune in materia di agevolazioni per i viaggi compiuti da scolari di Paesi terzi residenti in uno Stato membro quando partecipano ad un viaggio scolastico di gruppo accompagnati da un insegnante dell’istituto;
- rifugiati statutari (recognised refugees), titolari del documento di viaggio rilasciato ai sensi della Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951; apolidi, in possesso del titolo di viaggio rilasciato ai sensi della Convenzione di New York del 28 settembre 1954, ed altre persone che non hanno la nazionalità (cittadinanza) di alcun Paese, che risiedono in uno Stato membro e sono titolari di un documento di viaggio rilasciato da tale Stato membro (come, ad esempio, i residenti nei Paesi Baltici e titolari di un documento di viaggio definito “Alien’s passport”)
Non è possibile il rilascio di alcun visto (né la proroga di un visto preesistente) allo straniero che già si trovi nel territorio nazionale.
Lo straniero già residente in uno Stato Schengen e titolare di permesso di soggiorno è esesente da visto per soggiorni non superiori a 3 mesi, a condizione che l’ingresso in Italia non avvenga per motivi di lavoro subordinato, lavoro autonomo o tirocinio.
Per tutti i soggiorni di lunga durata (oltre 90 giorni) a qualsiasi titolo, lo straniero deve sempre munirsi di visto, anche se cittadino di Paese non soggetto ad obbligo di visto per transito o per breve soggiorno, salvo che sia titolare di permesso di soggiorno Ce per soggiornante di lungo periodo rilasciato da altro Stato membro;.
I cittadini di San Marino, Santa Sede e Svizzera sono esenti dall’obbligo di visto per l’ingresso in Italia.

Tipologie di visto
Ai sensi della Istruzione consolare comune Schengen, i visti sono divisi in:

1. Visti Schengen Uniformi (VSU)
, validi per il territorio di tutti gli Stati dell’area Schengen, rilasciati per:
- transito aeroportuale (tipo A);
- transito (tipo B);
- soggiorni di breve durata o di viaggio (tipo C), fino a 90 giorni, con uno o più ingressi.
A personalità di rilievo o a persone favorevolmente note, che necessitino di visti con regolare frequenza ed offrano le garanzie necessarie, la normativa Schengen consente, in via eccezionale, il rilascio di visti di tipo C che, pur permettendo di soggiornare fino a 90 giorni per ogni semestre, valgono per uno (C1), due (C2), tre (C3) o cinque anni (C5).
Per il suo rilascio è competente la rappresentanza dello Stato Schengen che costituisce la meta unica o principale del soggiorno, oppure lo Stato di primo ingresso nel caso di viaggi attraverso più Paesi.

2. Visti a Validità Territoriale Limitata (VTL), validi soltanto per lo Stato Schengen la cui Rappresentanza abbia rilasciato l’autorizzazione all’ingresso, senza possibilità di accesso, neppure per il solo transito, nel territorio degli altri Stati Schengen. Esso costituisce una deroga eccezionale al regime comune dei VSU ed è ammessa soltanto per motivi umanitari, di interesse nazionale o in forza di obblighi internazionali.
Questo visto non può essere richiesto direttamente dallo straniero ma è concesso solo su iniziativa della rappresentanza diplomatica o consolare che, per particolari ragioni d’urgenza o in caso di necessità, ritiene opportuno concedere l’autorizzazione, pur non essendoci tutte le condizioni prescritte per il rilascio del Visto Uniforme.

3. Visti per soggiorni di lunga durata o “Nazionali” (VN), validi per soggiorni di oltre 90 giorni (tipo D), con uno o più ingressi, nel territorio dello Stato Schengen la cui Rappresentanza abbia rilasciato il visto, e per l’eventuale transito, per non più di cinque giorni, attraverso il territorio degli altri Stati Schengen.

4. Visti per soggiorni di lunga durata o “Nazionali”, aventi anche valore di visto per soggiorni di breve durata (VDC).
Il visto inoltre può essere di tipo:
individuale, se rilasciato al singolo richiedente ed apposto su un passaporto individuale;le;
collettivo, se rilasciato ad un gruppo di stranieri, tutti con la stessa cittadinanza del Paese di emissione del passaporto, a condizione che il documento sia espressamente e formalmente riconosciuto dall’Italia. Il visto collettivo non può avere durata superiore a 30 giorni.
Si elencano, di seguito, le più importanti tipologie di visto d’ingresso previste dall’ordinamento italiano, per ciascuna delle quali sono necessari specifici requisiti e condizioni per il rilascio:
Adozione
Affari
operatore economico-commerciale
fotomodella/o, indossatrice/ore
componenti di troupe televisive, radiofoniche o cinematografiche
trasporto
Coesione familiare
ricongiungimento familiare
familiari di cittadini Ue o See
familiari di cittadini stranieri
familiare al seguito
familiari di cittadini Ue o See
familiari di cittadini stranieri
Cure mediche
Diplomatico
Gara sportiva
invito ufficiale del Coni o della Federazione sportiva italiana competente
invito degli organizzatori dell’evento
Invito
Lavoro
autonomo
libero professionista
imprenditore, commerciante, artigiano
titolare di contratto per prestazione d’opera, consulenza, ecc.
sportivi e atleti
soci, amministratori di società in Italia
artisti, ballerini, lavoratori dello spettacolo
dirigenti o personale altamente specializzato di società aventi sede o filiali in Italia ovvero di uffici di rappresentanza di società estere che abbiano la sede principale di attività nel territorio di uno Stato membro dell’Organizzazione mondiale del Commercio, ovvero dirigenti di sedi principali in Italia di società italiane o di società di altro Stato membro dell’Unione europea
lettori universitari di scambio o di madre lingua
professori universitari e ricercatori destinati a svolgere in Italia un incarico accademico 
traduttori e interpreti
subordinato
lavoratore dipendente
marittimo
personale addetto ai servizi marittimi complementari
giornalisti corrispondenti
sportivi e atleti
personale alle dipendenze delle rappresentanze diplomatiche in Italia
personale alle dipendenze di funzionari diplomatici/tecnico-amministrativi delle rappresentanze diplomatiche in Italia
artisti, ballerini, lavoratori dello spettacolo
Missione
Motivi religiosi
Reingresso
Residenza elettiva
Studio
immatricolazione ad università italiane
corsi e borse di studio
noviziato/formazione religiosa
Transito
transito
transito aeroportuale
Turismo
viaggi individuali
viaggi organizzati da agenzie turistiche
minori che partecipano ai programmi di accoglienza (Comitato per la tutela dei minori stranieri) Vacanze lavoro

Come ottenere il visto
Il visto può essere richiesto dallo straniero per se stesso e per i familiari eventualmente iscritti sul suo documento di viaggio, rivolgendosi alla rappresentanza diplomatico-consolare italiana pna presente nel proprio Paese.
La domanda di visto deve essere presentata, per iscritto, su apposito modulo in unico esemplare, compilato in ogni sua parte, sottoscritto dallo straniero e corredato di una foto formato tessera.
Lo straniero che richiede il visto deve, di regola, rivolgersi alla rappresentanza diplomatica o consolare personalmente, anche per essere sentito circa i motivi e le circostanze del soggiorno. Al modulo di domanda deve allegare un documento di viaggio valido, su cui sarà apposto il visto, e la eventuale documentazione giustificativa specifica per il tipo di visto richiesto.
Lo straniero ha inoltre l’obbligo di attestare:
- la finalità del viaggio;
- i mezzi di trasporto e di ritorno;
- i mezzi di sostentamento durante il viaggio ed il soggiorno;
- le condizioni di alloggio.

Il rilascio
Il visto è rilasciato dalla rappresentanza diplomatica o consolare italiana nello Stato di origine o di residenza stabile del richiedente.
Tale rappresentanza deve accertare il possesso dei requisiti necessari; inoltre, dopo aver valutato la ricevibilità dell’istanza sulla base della documentazione presentata, avvia le verifiche preventive di sicurezza. A tale scopo è consultato, tramite la rete mondiale visti, l’elenco degli stranieri non ammissibili nello Spazio Schengen.
Al termine dei controlli, a meno che non siano necessari ulteriori accertamenti, il visto è rilasciato entro 90 giorni dalla richiesta (30 per lavoro subordinato, 120 per lavoro autonomo).
La rappresentanza diplomatica o consolare può negare il visto, con provvedimento da notificare al richiedente; questi, entro 60 giorni, può opporsi al diniego, presentando ricorso al Tar del Lazio. La stessa rappresentanza, infine, può emettere un provvedimento di revoca del visto, qualora venga a conoscenza di elementi che ne avrebbero impedito la concessione.

PERMESSO DI SOGGIORNO
(decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni; dpr 31 agosto 1999, n. 394, e successive modificazioni)

Il permesso di soggiorno consente agli stranieri che hanno fatto regolare ingresso nel territorio dello Stato di permanere in Italia, alle condizioni e nei limiti previsti dalla normativa vigente.

Il Regolamento (Ce) nr. 1030/2002 del Consiglio dell’Unione europea, datato 13 giugno 2002, ha istituito un modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di Paesi terzi, nel caso in cui lo straniero soggiorni per periodi superiori ai 90 gg..
L’Italia ha, pertanto, previsto la realizzazione di un permesso di soggiorno in formato elettronico, quale prototipo documentale concepito con caratteristiche tali da garantire maggiori standard di sicurezza nei termini di riconoscibilità del titolare e di falsificabilità del titolo.
Il permesso di soggiorno elettronico è stato adottato a decorrere dall’11 dicembre 2006, dopo una prima fase sperimentale; è stato tato attribuito all’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato il compito di produrre e attivare il documento, previa acquisizione dei dati relativi all’identificazione del richiedente da parte delle questure.
Tale documento consiste in una  smart card, resistente all’usura; a tal fine i dati stampati sono protetti da una sottile pellicola trasparente, che viene applicata su entrambi i lati in fase di emissione, e riporta:
• le generalità del titolare;
• la foto;
• la tipologia del documento;
• la data di emissione e di validità dello stesso;
• le generalità dei figli;
• il codice fiscale.
Per i figli minori di anni quattordici, inseriti sul titolo di soggiorno di uno dei genitori è previsto il rilascio di una smart-card che costituisce un allegato del titolo di soggiorno del genitore. Infatti, riporta la stessa numerazione e la medesima scadenza del permesso di soggiorno del genitore  e le generalità e la fotografia del minore.
Al figlio minore di età compresa tra i quattordici ed i diciotto anni è rilasciato un permesso di soggiorno elettronico autonomo.
Il documento elettronico è concepito per essere utilizzato anche come carta di accesso a servizi telematici, che saranno messi a disposizione dalla P. A. e fruibili, in genere , via web..

Il rilascio
Il permesso di soggiorno deve essere richiesto al questore della provincia in cui lo straniero intende soggiornare tramite gli uffici postali abilitati, entro otto giorni lavorativi dal suo ingresso nel territorio dello Stato.
La durata del permesso di soggiorno è quella prevista dal visto d’ingresso.
In applicazione della Direttiva del ministro dell’Interno del 20 febbraio 2007, lo straniero che esibisce la ricevuta attestante l’avvenuta presentazione dell’istanza di primo rilascio per motivi di lavoro subordinato, autonomo o di ricongiungimento familiare, ha i medesimi diritti connessi al possesso del citato titolo.

Il rinnovo
Il rinnovo del permesso di soggiorno è richiesto dallo straniero al questore della provincia in cui dimora tramite gli uffici postali abilitati, almeno:
novanta giorni prima della scadenza, nel caso di un permesso di soggiorno per lavoro subordinato di durata biennale;
sessanta giorni prima, nel caso di un permesso di soggiorno per lavoro subordinato annuale;
trenta giorni prima per le altre tipologie di permesso di soggiorno.
In applicazione della Direttiva del ministro dell’Interno del 5 agosto 2006, lo straniero titolare della ricevuta attestante l’avvenuta presentazione dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno ha i medesimi diritti connessi al possesso del citato titolo.
Il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro è subordinato alla sussistenza del contratto di soggiorno per lavoro, nonché di un ’autocertificazione a firma del datore di lavoro, con cui questi dichiari la disponibilità di un alloggio per il lavil lavoratore.
La durata del permesso di soggiorno per lavoro subordinato è quella prevista dal contratto di soggiorno; non può, comunque, superare la durata di un anno per un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, di due anni per quello a tempo indeterminato.

Le tipologie dei permessi di soggiorno
L’interessato può inoltrare l’istanza di soggiorno tramite gli uffici postali utilizzando l’apposito kit a disposizione, oppure rivolgendosi a comuni e patronati affinché precompilino l’istanza, che dovrà comunque essere inoltrata attraverso i medesimi uffici postali.
Tale procedura va osservata per il rilascio, il rinnovo, l’aggiornamento,  il duplicato e la conversione delle seguenti tipologie di permessi di soggiorno:
Affidamento
Lavoro subordinato - Attesa occupazione
Attesa riacquisto cittadinanza
Rifugiato (solo rinnovo)
Famiglia
Lavoro autonomo
Lavoro subordinato
Lavoro subordinato per i casi particolari previsti dall’articolo 27 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni
Lavoro subordinato-stagionale
Missione
Motivi religiosi
Residenza elettiva
Ricerca scientifica
Apolide (solo rinnovo)
Studio (se il soggiorno è superiore a 3 mesi)
Tirocinio-formazione professionale
L’istanza deve essere sottoscritta dall’interessato e presentata presso uno degli uffici postali abilitati. Al momento della presentazione dell’istanza, il richiedente deve essere identificato con passaporto o altro documento equipollente.
Coloro che presentano l’istanza tramite gli uffici postali vengono poi convocati dall’Ufficio immigrazione della questura, tramite lettera raccomandata ed invio di un sms, per essere sottoposti ai rilievi dattiloscopici e per il ritiro del titolo di soggiorno.
Devono, invece, essere presentate presso gli Uffici immigrazione delle questure le istanze di richiesta di rilascio, di rinnovo, di aggiornamento, di duplicato e di conversione di tutte le altre tipologie di permessi di soggiorno, tra cui:
Cure mediche
Gara sportiva
Motivi umanitari
Protezione internazionale
Protezione sussidiaria
Rifugiato (solo prima richiesta)
Minore età
Giustizia
Apolide (solo prima richiesta)
Integrazione minore

La conversione del permesso di soggiorno
Determinate tipologie di permessi di soggiorno possono essere utilizzate anche per altre attività consentite allo straniero, senza conversione o rettifica del documento, per il periodo di validità dello stesso; con il rinnovo è rilasciato un nuovo permesso di soggiorno per l’attività effettivamente svolta.
In particolare:
il permesso di soggiorno per lavoro autonomo consente l’esercizio di lavoro subordinato, per il periodo di validità dello stesso, previo inserimento nell’elenco anagrafico o, se il rapporto di lavoro è in corso, previa comunicazione del datore di lavoro alla Direzione provinciale del lavdel lavoro nonché stipula del contratto di soggiorno, da inviare allo Sportello unico per l’immigrazione competente;
il permesso di soggiorno per lavoro subordinato non stagionale consente l’esercizio di lavoro autonomo, previa acquisizione del titolo abilitativo o autorizzatorio eventualmente prescritto e sempre che sussistano gli altri requisiti o condizioni previste dalla normativa vigente per l’esercizio dell’attività lavorativa in forma autonoma, nonché l’esercizio di attività lavorativa in qualità di socio lavoratore di cooperativa;
il permesso di soggiorno per motivi familiari o per ingresso al seguito del lavoratore, per motivi umanitari ovvero per integrazione minore consente l’esercizio del lavoro subordinato e del lavoro autonomo, a determinate condizioni;
il permesso di soggiorno per motivi familiari, rilasciato allo straniero che ha fatto ingresso per ricongiungimento familiare o con visto al seguito del proprio familiare, può essere utilizzato per l’esercizio di attività di lavoro subordinato, previo inserimento nell’elenco anagrafico e, se il rapporto di lavoro è in corso, previa comunicazione del datore di lavoro alla Direzione provinciale del lavoro nonché stipula del contratto di soggiorno, da inviare allo Sportello unico per l’immigrazione competente. Per l’esercizio di attività di lavoro autonomo, invece, occorre acquisire preventivamente il titolo abilitativo o autorizzatorio eventualmente previsto per l’attività professionale svolta;
il permesso di soggiorno per lavoro subordinato, autonomo e per motivi di famiglia può essere convertito in permesso di soggiorno per residenza elettiva;
il permesso di soggiorno per motivi di studio o di formazione professionale può essere convertito in permesso di soggiorno per lavoro autonomo o per lavoro subordinato,  a determinate condizioni, nell’ambito del decreto di programmazione dei flussi di ingresso per cittadini stranieri
anche il permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato stagionale può essere convertito in permesso di soggiorno per lavoro autonomo o per lavoro subordinato, nell’ambito del decreto di programmazione dei flussi di ingresso per cittadini stranieri.

Casi di rifiuto del permesso di soggiorno
Il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato.
Il rifiuto o la revoca del permesso di soggiorno possono essere altresì adottati sulla base di convenzioni o accordi internazionali, resi esecutivi in Italia, quando lo straniero non soddisfa le condizioni di soggiorno applicabili in uno degli Stati contraenti, salvo che ricorrano seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano.
Il permesso di soggiorno non può, invece, essere rinnovato o prorogato quandto quando risulta che lo straniero ha interrotto il soggiorno in Italia per un periodo continuativo di oltre sei mesi, o, per i permessi di soggiorno di durata almeno biennale, per un periodo continuativo superiore alla metà del periodo di validità del permesso di soggiorno, salvo che detta interruzione sia dipesa dalla necessità di adempiere agli obblighi militari o da altri gravi e comprovati motivi.

PERMESSO DI SOGGIORNO COMUNITARIO PER SOGGIORNANTI DI LUNGO PERIODO
(decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286,e successive modificazioni; dpr 31 agosto 1999, n. 394, e successive modificazioni; decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 3)

Il permesso di soggiorno Ce per soggiornanti di lungo periodo sostituisce la carta di soggiorno per cittadini stranieri.
Si tratta di un permesso di soggiorno a tempo indeterminato che può essere rilasciato al cittadino straniero in possesso da almeno 5 anni di un permesso di soggiorno in corso di validità, a condizione che dimostri la disponibilità di un reddito minimo non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale.
Il permesso di soggiorno Ce per soggiornanti di lungo periodo costituisce documento di identificazione personale per non oltre 5 anni dalla data di rilascio o di rinnovo; quest’ultimo è effettuato a richiesta dall’interessato e corredato di nuove fotografie.
Può essere chiesto dallo straniero anche per un proprio familiare (coniuge, figli minori anche del coniuge o nati fuori del matrimonio, figli maggiorenni a carico che non possano permanentemente provvedere alle proprie indispensabili esigenze di vita in ragione del loro stato di salute, genitori a carico), qualora dimostri la disponibilità di un reddito sufficiente alla composizione del nucleo familiare e di un alloggio idoneo che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge regionale per gli alloggi di edilizia residenziale  pubblica ovvero che sia fornito dei requisiti di idoneità igienico-sanitaria accertati dall’Azienda unità sanitaria locale competente per territorio.
Il permesso di soggiorno Ce per soggiornanti di lungo periodo consente di:
fare ingresso nel territorio nazionale in esenzione di visto, sempreché detto titolo sia stato rilasciato da uno Stato Schengen (in quanto equiparato ad un visto Schengen) e circolare liberamente nel territorio italiano, con le sole limitazioni previste dalle leggi militari;
svolgere attività lavorativa subordinata o autonoma, salvo quelle che la legge espressamente riserva al cittadino o vieta allo straniero;
usufruire, sempre che sia dimostrata l’effettiva residenza dello straniero nel territorio nazionale, delle prestazioni di assistenza sociale, di previdenza sociale, di quelle relative ad erogazioni in materia sanitaria, scolastica e sociale, di quelle relative all’accesso a beni e servizi a disposizione del pubblico, compreso l’accesso alla procedura per l’ottenimento di alloggi di edilizia residenziale pubblica;
part
partecipare alla vita pubblica locale, con le forme e nei limiti previsti dalla vigente normativa.

Come presentare domanda
La domanda va presentata presso gli uffici postali utilizzando l’apposito modulo, compilato dall’interessato, oppure rivolgendosi a comuni e patronati per la precompilazione dell’istanza che dovrà essere, comunque, inoltrata attraverso gli stessi uffici postali.
Alla domanda è necessario allegare:
copia del passaporto o documento equipollente, in corso di validità;
copia della dichiarazione dei redditi (per i collaboratori domestici – colf/badanti –è richiesta l’esibizione dei bollettini Inps o l’estratto contributivo analitico rilasciato dall’Inps);
certificato del casellario giudiziale e certificato delle iscrizioni relative ai procedimenti penali;
copia delle buste paga relative all’anno in corso;
documentazione relativa alla residenza e allo stato di famiglia;
bollettino postale di pagamento del permesso di soggiorno elettronico (27,50 euro);
marca da bollo (14,62 euro);
4 foto, in formato tessera, recenti.
Nel caso di richiesta a favore di un proprio familiare, è necessario allegare anche la fotocopia del certificato di idoneità dell’alloggio e dimostrare di possedere un reddito sufficiente per il sostentamento proprio e dei propri familiari.
Per ogni domanda di permesso di soggiorno Ce per soggiornanti di lungo periodo presentata presso l’ufficio postale è richiesto un versamento di 30 euro.
In questo caso, il coniuge ed i figli minori ultraquattordicenni dello straniero devono provvedere a presentare personalmente la propria istanza presso l’ufficio postale.

Stranieri in possesso di permesso di soggiorno comunitario per soggiornanti di lungo periodo rilasciato da altro Stato membro
Lo straniero titolare di un permesso di soggiorno Ce per soggiornanti di lungo periodo rilasciato da altro Stato membro dell’Unione europea e in corso di validità, può chiedere di soggiornare in Italia per un periodo superiore a tre mesi, al fine di:
esercitare un’attività economica in qualità di lavoratore subordinato o autonomo;
frequentare corsi di studio o di formazione professionale;
soggiornare per altro scopo lecito, dimostrando di possedere mezzi di sussistenza non occasionali, pari ad almeno il doppio dell’importo minimo previsto dalla legge per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria e stipulando una assicurazione sanitaria per il periodo del soggiorno.
In questo caso lo straniero ottiene un permesso di soggiorno in relazione al motivo della sua presenza in Italia, mentre ai suoi familiari è rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di famiglia.

Casi di esclusione e di revoca
Il permesso di soggiorno Ce per soggiornanti di lungo periodo non può essere rilasciato agli stranieri pericolosi per l’ordine pubblico e la sicurezza dello Stato.
Non possono farne richiesta inoltre gli oltre gli stranieri che:
soggiornano per motivi di studio o formazione professionale;
soggiornano a titolo di protezione temporanea o per motivi umanitari ovvero hanno chiesto il permesso di soggiorno a tale titolo e sono in attesa di una decisione su tale richiesta;
soggiornano per asilo o hanno chiesto il riconoscimento dello status di rifugiato (ora protezione internazionale) e sono in attesa di una decisione definitiva circa tale richiesta;
sono titolari di un permesso di soggiorno di breve durata;
sono diplomatici, consoli o con funzioni equiparate, nonché membri di rappresentanze accreditate presso organizzazioni internazionali di carattere universale.
Il titolo può essere revocato:
se è stato acquisito fraudolentemente;
quando vengono a mancare le condizioni per il rilascio;
in caso di assenza dal territorio dell’Unione per un periodo di 12 mesi consecutivi;
in caso di conferimento di un permesso di soggiorno di lungo periodo da parte di un altro Stato membro dell’Unione europea;
in caso di assenza dal territorio dello Stato per un periodo di sei anni;
in caso di espulsione.
I titolari di permesso di soggiorno in questione possono essere espulsi solo:
per gravi motivi di ordine pubblico o sicurezza dello Stato, nonché nell’ambito del contrasto del terrorismo internazionale;
nel caso in cui siano socialmente pericolosi, purché destinatari di misure di prevenzione personali. 

DICHIARAZIONE DI PRESENZA PER CITTADINI STRANIERI
(decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 e successive modificazioni; dpr 31 agosto 1999, n. 394 e successive modificazioni; legge 28 maggio 2007, n. 68; decreto del ministro dell’Interno 26 luglio 2007)

Gli stranieri che hanno intenzione di soggiornare in Italia per un periodo non superiore a tre mesi per motivi di visite, affari, turismo e studio non devono richiedere il permesso di soggiorno, essendo sufficiente la dichiarazione di presenza.
Quelli che provengono da Paesi che applicano l’Accordo di Schengen devono dichiarare la propria presenza, entro otto giorni dall’ingresso, al questore della provincia in cui si trovano sottoscrivendo un apposito modulo oppure, se ospiti di strutture alberghiere, firmando la specifica scheda per alloggiati. La copia del documento con cui è stata effettuata la dichiarazione è rilasciata allo straniero per attestare l’adempimento dell’obbligo di legge; tale copia deve essere esibita ad ogni richiesta da parte di ufficiali e agenti di pubblica sicurezza.
Per gli stranieri che, invece, provengono da Paesi che non applicano l’Accordo di Schengen, la dichiarazione si intende assolta al momento dell’ingresso in frontiera, ove è apposto il timbro uniforme Schengen sul documento di viaggio di colui che entra in Italia.
L’inosservanza delle disposizioni previste comporta l’espulsione dello straniero, qualora:
ha presentato in ritardo la dichiarazione;
pur avendo regolarmente dichiarato dichiarato la propria presenza, si trattenga nel territorio dello Stato oltre il periodo consentito.

INGRESSO E SOGGIORNO PER STUDIO
(decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni; dpr 31 agosto 1999, n. 394, e successive modificazioni; decreto legislativo 10 agosto 2007, n. 154)

Il visto d’ingresso per studio, anche per eventuali familiari al seguito, può essere richiesto dallo straniero alla rappresentanza diplomatica o consolare italiana del Paese di appartenenza, indicando nella domanda:
le generalità complete e quelle degli eventuali familiari al seguito;
gli estremi del passaporto o di altro documento di viaggio riconosciuto equivalente;
il luogo, il motivo e la durata del soggiorno.
È inoltre necessario allegare:
il passaporto o altro documento di viaggio riconosciuto equivalente;
la documentazione concernente la finalità del viaggio;
le condizioni di alloggio;
la disponibilità dei mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del viaggio e del soggiorno;
la dichiarazione sulla validità locale dei titoli di scuola secondaria, rilasciata dalle competenti rappresentanze diplomatiche o consolari italiane presenti nel Paese di provenienza.
Una volta ottenuto il visto di validità superiore ai 90 giorni, è necessario richiedere, entro 8 giorni dall’ingresso in Italia, il permesso di soggiorno al questore del luogo in cui si intende fissare la dimora.
Il permesso di soggiorno per motivi di studio consente lo svolgimento di un’attività lavorativa di tipo subordinato, per un tempo massimo di 20 ore settimanali e 1.040 ore annuali, previa autorizzazione della istituzione scolastica e nel rispetto delle limitazioni previste dalla legge italiana in materia di lavoro minorile.
È possibile rinnovare il permesso di soggiorno per motivi di studio, anche per proseguire il corso di studi con l’iscrizione ad un corso di laurea diverso da quello per il quale lo studente straniero ha fatto ingresso in Italia; la possibilità di transitare ad un corso di studio diverso da quello per il quale è stato rilasciato il visto è prevista per i soli corsi universitari con esclusione, quindi, dei passaggi a corsi privati. Al riguardo, sono state individuate le seguenti modalità applicative:
prosecuzione degli studi in un corso diverso nella stessa sede: lo studente, all’atto della presentazione dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno, acclude alla documentazione richiesta anche quella comprovante l’avvenuta iscrizione ad altro corso;
prosecuzione degli studi, al termine del conseguimento di un titolo accademico, con iscrizione ad altro corso nella stessa sede: anche in questo caso, il candidato richiede il rinnovo del permesso di soggiorno, presentando la documentazione comprovante l’avvenuta iscrizione al nuovo corso;
prosecuzione degli studi in un corso di laurea analogo o diverso presso altra sede: l’università rilascia allo studente il nulla osta al trasfeta al trasferimento, provvedendo contestualmente a notiziare il nuovo ateneo e la subentrante questura. Il rettore che accoglie lo studente conferma l’avvenuta iscrizione, direttamente, all’interessato, dandone notizia alla questura competente;
prosecuzione degli studi, al termine del conseguimento di un titolo accademico, con iscrizione ad altro corso presso altra sede: lo studente, all’atto della presentazione dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno, acclude alla documentazione richiesta anche quella comprovante l’avvenuta iscrizione ad nuovo corso.
In tutti i casi sopraelencati gli studenti dovranno richiedere il rinnovo del titolo di soggiorno 30 giorni prima della scadenza.
In caso di conseguimento della laurea in Italia, il permesso di soggiorno per studio può essere convertito in permesso di soggiorno per lavoro, nell’ambito delle quote di ingresso in Italia, presentando apposita domanda di conversione, insieme al diploma di laurea, allo Sportello unico per l’immigrazione.
Il cittadino straniero già in possesso di un permesso di soggiorno per motivi di studio rilasciato da un altro Stato membro dell’Unione europea, per la frequenza di un corso universitario o di insegnamento superiore, può fare ingresso in Italia in esenzione dall’obbligo di visto, anche per soggiorni superiori a tre mesi.
Tale disposizione si applica, esclusivamente, agli studenti stranieri provenienti da Stati membri che attuano integralmente l’acquis di Schengen; permane, pertanto, l’obbligo di munirsi del visto per motivi di studio, quale requisito indispensabile per l’attraversamento delle frontiere esterne e per il successivo rilascio del permesso di soggiorno, per coloro che si trasferiscano in Italia per completare o proseguire un corso di studi intrapreso in uno Stato membro non facente parte dello Spazio Schengen.
Le distinte ipotesi di ingresso dei cittadini stranieri per motivi di studio sono le seguenti:
maggiori di età ammessi a frequentare corsi di studio negli istituti di istruzione secondaria superiore e corsi di istruzione e formazione tecnica superiore, quali cicli didattici non riconducibili all’istruzione di “base”, di durata determinata che, richiedendo l’impegno dello studente a tempo pieno, rendono possibile la prosecuzione in Italia della formazione acquisita nel Paese di provenienza;
ammessi a frequentare corsi di formazione professionale e tirocini formativi nell’ambito del contingente annuale stabilito con decreto del ministero della solidarietà sociale, di concerto con i ministeri dell’Interno e degli Affari Esteri. Per tali fattispecie saranno rilasciati, rispettivamente, visti per “studio/formazione” di durata non superiore a 24 mesi e visti per “studio/tirocinio” che implicano la frequenza, da parte di stranieri maggiorenni, di corsi di formazione professionale svolta nell’ambito di tirocini formativi in unità produttive in Italia, subordinati alla presentazione di un progetto formativo elaborato da un ente autorizzante autorizzato, che preveda espressamente la partecipazione di cittadini stranieri residenti all’estero, vistato dall’assessorato competente della regione interessata;
minori di età non inferiore a quindici anni in presenza di adeguate forme di tutela: viene rilasciato il visto per motivi di “studio”, esclusivamente, a favore di soggetti dell’età compresa tra i 15 ed i 18 anni, conviventi con genitore titolare di visto per “residenza elettiva”;
minori di età non inferiore a 14 anni che partecipano a programmi di scambio o di iniziative culturali approvati dai ministeri degli Esteri, della Pubblica Istruzione, dell’università e della Ricerca o dal ministero per i Beni e le Attività culturali per la frequenza di corsi di studio presso istituti e scuole secondarie nazionali statali o paritarie o presso istituzioni accademiche.

RICERCA SCIENTIFICA
(decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni; dpr 31 agosto 1999, n. 394, e successive modificazioni; decreto legislativo 9 gennaio 2008, n. 17)

Al di fuori delle quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per lavoro subordinato o autonomo, l’ingresso ed il soggiorno per periodi superiori a 3 mesi è consentito agli stranieri in possesso di un titolo di studio superiore, che nel Paese dove è stato conseguito dia accesso a programmi di dottorato.
Il cittadino straniero è selezionato da un istituto di ricerca, pubblico o privato, iscritto nell’apposito elenco tenuto dal ministero dell’Università e della Ricerca.
L’iscrizione nell’elenco, valida per cinque anni, sarà disciplinata con decreto del ministro dell’università e della ricerca e prevede, fra l’altro:
l’iscrizione nell’elenco da parte di istituti, pubblici o privati, che svolgono attività di ricerca intesa come lavoro creativo svolto su base sistematica per aumentare il bagaglio delle conoscenze, compresa la conoscenza dell’uomo, della cultura e della società, e l’utilizzazione di tale bagaglio di conoscenze per concepire nuove applicazioni;
la determinazione delle risorse finanziarie minime a disposizione dell’istituto privato per chiedere l’ingresso di ricercatori e il numero consentito;
l’obbligo dell’istituto di farsi carico delle spese connesse all’eventuale condizione d’irregolarità del ricercatore, compresi i costi relativi all’espulsione, per un periodo di tempo pari a sei mesi dalla cessazione della convenzione di accoglienza;
le condizioni per la revoca dell’iscrizione nel caso di inosservanza alle norme vigenti.
Il ricercatore e l’istituto di ricerca stipulano una convenzione di accoglienza con cui il ricercatore si impegna a realizzare il progetto di ricerca e l’istituto si impegna ad accogliere il ricercatore. Il progetto deve essere approvato dagli organi di amministrazione dell’istituto, che valutano l’oggetto della ricerca, i titoli in possesso del ricercatore rispetto all’oggetto della ricerca, certificati con una copia auteuna copia autenticata del titolo di studio, ed accertano la disponibilità delle risorse finanziarie per la sua realizzazione.
La domanda di nulla osta per ricerca scientifica, corredata dell’attestato di iscrizione all’elenco tenuto dal ministero dell’Università e della Ricerca nonché di copia autentica della convenzione di accoglienza, è presentata dall’istituto di ricerca allo Sportello Unico per l’immigrazione presso la prefettura-ufficio territoriale del governo competente per il luogo ove si svolge il programma di ricerca. Lo Sportello Unico, acquisito dalla questura il parere sulla insussistenza di motivi ostativi all’ingresso dello straniero nel territorio nazionale, rilascia il nulla osta. La convenzione di accoglienza decade automaticamente nel caso di diniego al rilascio del nulla osta.
Il visto di ingresso può essere richiesto entro sei mesi dalla data del rilascio del nulla osta.
Il permesso di soggiorno per ricerca scientifica è richiesto e rilasciato per la durata del programma di ricerca e consente lo svolgimento dell’attività indicata nella convenzione di accoglienza nelle forme di lavoro subordinato, di lavoro autonomo o borsa di addestramento alla ricerca.
Nell’attesa del rilascio del permesso di soggiorno è comunque consentita l’attività di ricerca.

REGOLE PER I CITTADINI DELL’UNIONE EUROPEA E I LORO FAMILIARI
(decreto legislativo 6 febbraio 2007, n.30; circolare del ministero dell’Interno del 6 aprile 2007, n. 19; circolare del ministero dell’Interno del 18/07/2007, n. 39; circolare del ministero dell’Interno dell’8 agosto 2007, n. 45; decreto legislativo 28 febbraio 2008, n.32)

Tutti i cittadini dell’Unione europea hanno il diritto di entrare e soggiornare liberamente in Italia o in un altro Stato membro diverso da quello di cui hanno la cittadinanza, con modalità differenti a seconda che il periodo di soggiorno sia di durata inferiore o superiore a tre mesi.
Il diritto di ingresso e di soggiorno può essere limitato solo per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di sicurezza dello Stato nonché per motivi imperativi di pubblica sicurezza.
Nelle suddette ipotesi è adottato un provvedimento di allontanamento, che può essere emesso anche per cessazione delle condizioni che determinano il diritto di soggiorno.
Analoghe disposizioni si applicano anche per i familiari che accompagnano o raggiungono il cittadino dell’Unione, e cioè per:
il coniuge;
il partner che ha contratto con il cittadino dell’Unione europea un’unione registrata, sulla base della legislazione di uno Stato membro, equiparata dallo Stato membro ospitante al matrimonio;
i discendenti diretti con meno di 21 anni o a carico e quelli del coniuge o del partner;
gli ascendenti diretti a carico e quelli del coniuge o del partner.

Soggiorni di durata inferiore a tre mesi
I cittadini dell’Unione hanno il diritto di soggiornare nel territorio nazionale per un periodo non un periodo non superiore a tre mesi senza alcuna condizione o formalità, salvo il possesso di un documento d’identità valido per l’espatrio.
Anche i familiari stranieri di un cittadino dell’Unione possono entrare e soggiornare in Italia senza alcuna formalità, ma devono essere in possesso di un passaporto valido e, dove richiesto, di un visto d’ingresso, tranne se sono già in possesso di una “carta di soggiorno di familiare di cittadino dell’Unione” in corso di validità.
Sia i cittadini dell’Unione che i loro familiari stranieri possono dichiarare la loro presenza in Italia, secondo specifiche modalità (si rinvia agli appositi paragrafi).

Soggiorni di durata superiore a tre mesi
Il cittadino dell’Unione ha diritto di soggiornare in Italia per un periodo superiore a tre mesi quando:
è lavoratore subordinato o autonomo nello Stato;
dispone, per se stesso e per i propri familiari di risorse economiche sufficienti, per non diventare un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato durante il periodo di soggiorno, e di un’assicurazione sanitaria, o titolo equivalente, che copra tutti i rischi nel territorio nazionale;
è iscritto presso un istituto pubblico o privato riconosciuto per seguire un corso di studi o di formazione professionale e dispone, per se stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, per non diventare un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato durante il suo periodo di soggiorno, e di un’assicurazione sanitaria che copra tutti i rischi nel territorio nazionale;
è familiare che accompagna o raggiunge un cittadino dell’Unione che ha il diritto di soggiornare per un periodo superiore a tre mesi.

La dichiarazione di presenza per i cittadini dell’Unione europea
Il cittadino dell’Unione o il suo familiare, in ragione della durata del soggiorno, può dichiarare la propria presenza nel territorio nazionale presso un ufficio di polizia; le modalità di presentazione di tale dichiarazione saranno definite dal ministro dell’Interno con apposito decreto. Se l’interessato non ha reso la dichiarazione di presenza, si presume che il suo soggiorno si sia protratto da oltre tre mesi, salvo prova contraria.
Ne deriva, pertanto, che tale persona:
se intende soggiornare per meno di tre mesi, non è obbligata a dichiarare la propria presenza. Il diritto di soggiornare per meno di tre mesi, infatti, si esercita senza alcuna formalità;
qualora non effettui tale dichiarazione, può comunque provare di essere in Italia da meno di tre mesi;
nel caso in cui non fornisca detta prova, è considerata soggiornante da più di tre mesi;
se sceglie di rendere la dichiarazione di presenza, deve osservare le modalità indicate con il decreto del ministro dell’Interno;
qualora intenda soggiornare per più di tre mesi, ha il solo obbligo di iscriversi all’anagrafe.

L’iscrizione anagrafica
I cittadini dell’Unione che intendono soggiornaendono soggiornare in Italia per un periodo superiore a tre mesi devono chiedere l’iscrizione anagrafica al comune di residenza.
Per tale iscrizione, oltre a quanto previsto dalla normativa vigente per i cittadini italiani, occorre produrre la documentazione attestante:
in caso di soggiorno per motivi di lavoro: l’attività lavorativa esercitata;
in caso di soggiorno senza svolgere attività lavorativa o per motivi di studio o formazione: la disponibilità di risorse economiche sufficienti al soggiorno, calcolate in base all’importo annuo dell’assegno sociale in relazione al numero dei familiari a carico, anche tramite un’autocertificazione; la titolarità di una polizza di assicurazione sanitaria che copra le spese sanitarie; limitatamente al soggiorno per motivi di studio, anche la documentazione attestante l’iscrizione presso un istituto pubblico o privato riconosciuto;
in caso di familiare del cittadino dell’Unione avente la cittadinanza di uno Stato membro, ma non un autonomo diritto al soggiorno: è necessario un documento che attesti la qualità di familiare o familiare a carico (che può essere anche autocertificata).
Il comune rilascia all’interessato un’attestazione comprovante il deposito della richiesta di iscrizione anagrafica.
I familiari del cittadino dell’Unione che non hanno un autonomo diritto di soggiorno devono presentare:
un documento d’identità o il passaporto in corso di validità nonché il visto d’ingresso, se richiesto;
un documento che attesti la qualità di familiare e, qualora richiesto, di familiare a carico;
l’attestato della richiesta di iscrizione anagrafica del familiare cittadino dell’Unione.

Carta di soggiorno per i familiari stranieri
Per i soggiorni di durata superiore a tre mesi, i familiari stranieri del cittadino comunitario devono richiedere la “carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell’Unione”.
La domanda di rilascio può essere presentata direttamente al questore del luogo di dimora. In alternativa è previsto l’inoltro dell’istanza tramite gli uffici postali utilizzando l’apposito modulo, compilato dall’interessato, ovvero rivolgendosi a comuni e patronati per la precompilazione della pratica che dovrà essere, comunque, spedita attraverso gli stessi uffici postali.
Alla richiesta è necessario allegare i seguenti documenti:
il passaporto o documento equipollente, in corso di validità, nonché il visto d’ingresso, qualora richiesto;
un documento che attesti la qualità di familiare o di familiare a carico;
l’attestato della richiesta d’iscrizione anagrafica del familiare cittadino dell’Unione;
4 foto, in formato tessera, recenti.
La carta di soggiorno ha una validità di cinque anni dalla data del rilascio e mantiene la propria validità anche in caso di assenze temporanee del titolare per un periodo non superiore a sei mesi l’anno, oppure fino a dodici mesi per motivi rilevanti (es: gravidanza, maternità, malattie gravi, studio, ecc.).

ecc.).

Diritto di soggiorno permanente
Il cittadino dell’Unione che ha soggiornato legalmente ed in via continuativa per cinque anni nel territorio nazionale acquisisce il diritto di soggiorno permanente.
A richiesta dell’interessato il comune di residenza rilascia un attestato che certifica tale condizione.
Il familiare straniero del cittadino comunitario acquisisce il diritto di soggiorno permanente se ha soggiornato legalmente e in via continuativa per cinque anni nel territorio nazionale insieme al cittadino dell’Unione; in tale ipotesi può chiedere la “carta di soggiorno permanente”.
Il diritto di soggiorno permanente si perde in ogni caso a seguito di assenze dal territorio nazionale di durata superiore a due anni consecutivi.
Il diritto al soggiorno permanente del cittadino dell’Unione e dei suoi familiari, nel caso di lavoratori autonomi o subordinati, può essere acquisito in anticipo rispetto al termine ordinario di cinque anni, in alcune circostanze quali il pensionamento, la sopravvenuta incapacità lavorativa permanente, l’esercizio dell’attività lavorativa in un altro Stato membro.
La domanda di rilascio può essere presentata direttamente al questore del luogo di dimora. In alternativa è previsto l’inoltro dell’istanza tramite gli uffici postali utilizzando l’apposito modulo, compilato dall’interessato, ovvero rivolgendosi a comuni e patronati per la precompilazione della pratica che dovrà essere, comunque, spedita attraverso gli stessi uffici postali. 

RIFUGIATI POLITICI E STRANIERI AMMISSIBILI ALLA PROTEZIONE SUSSIDIARIA
(decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251; decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25; decreto del ministro dell’Interno 6 marzo 2008).

La disciplina sul riconoscimento a cittadini stranieri o apolidi dello status di rifugiato o di persona ammissibile alla protezione sussidiaria attua la direttiva europea 2004/83/Ce.

La domanda di protezione internazionale
La domanda può essere motivata dal verificarsi di avvenimenti, o dallo svolgimento di attività, successivi alla partenza dell’interessato dal Paese di origine o di dimora abituale.
I predetti status non possono essere riconosciuti qualora vi siano specifiche cause che ne escludono o ne fanno cessare la configurabilità..
Ogni domanda va esaminata individualmente; si tiene conto, inoltre, della specifica situazione delle persone vulnerabili, tra cui rientrano:
i minori;
i disabili;
gli anziani;
le donne in stato di gravidanza;
i genitori singoli con figli minori;
le vittime di torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale.
Il richiedente, con la domanda, deve presentare tutti gli elementi e la documentazione inerenti:
l’età;
la condizione sociale;
l’identità;
la cittadinanza;
i luoghi ove ha soggiornato in precedenza;
eventuali domande di asilo pregresse;
gli itinerari di viaggio;nerari di viaggio;
i documenti d’identità e di viaggio;
i motivi per i quali ha chiesto la “protezione internazionale”.
L’esame della domanda compete a un’apposita Commissione territoriale (ne sono state individuate dieci), che deve valutare, in relazione al richiedente:
la situazione nel suo Paese di origine, riferita al momento in cui l’istanza va decisa. È necessario, in particolare, verificare il modo in cui le autorità di tale Paese applicano il sistema normativo e regolamentare;
le dichiarazioni e la documentazione fornite. L’interessato è tenuto a precisare se ha già subito o rischia di subire persecuzioni o danni gravi;
la sua situazione personale, in particolare la condizione sociale, il sesso e l’età;
l’eventualità che con la sua condotta, successiva a quando ha lasciato il Paese di origine, abbia intenzionalmente precostituito le condizioni per presentare l’istanza di protezione in questione;
la possibilità che possa avvalersi della protezione di un altro Paese.
Si delinea un serio indizio per ritenere fondata la domanda se il richiedente ha già subito persecuzioni o minacce dirette di persecuzione; l’istanza, tuttavia, è rigettata qualora:
siano individuati nuovi elementi che escludano il ripetersi di tali fatti;
non emergano gravi motivi umanitari, idonei a impedire il rimpatrio dell’interessato.
Chi chiede la protezione internazionale potrebbe, suo malgrado, non riuscire a documentare la fondatezza della domanda; gli elementi posti a base della stessa, tuttavia, sono ritenuti veritieri se la Commissione competente ritiene che:
l’interessato ha compiuto ogni ragionevole sforzo per provare l’istanza;
tutti gli elementi in suo possesso sono stati forniti o, in caso contrario, vi sia una motivazione idonea a giustificarne la mancanza;
le dichiarazioni rese sono coerenti e plausibili, nonché compatibili con le altre informazioni acquisite;
la domanda di “protezione internazionale” è stata presentata il prima possibile, ovvero il richiedente ha dimostrato di avere avuto un giustificato motivo per depositarla in ritardo;
colui che ha presentato l’istanza è ritenuto, in genere, attendibile.
All’interessato, nel corso dell’audizione, è consegnato un opuscolo informativo sui diritti e sui doveri connessi allo status richiesto; tale documento è redatto in una lingua a lui comprensibile oppure, in caso d’impossibilità, in inglese, francese, spagnolo o arabo, a sua scelta. 

Lo status di rifugiato
È considerato rifugiato:
lo straniero che, per il fondato timore di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o opinione politica, si trovi fuori dal Paese di cui è cittadino e non possa o, a causa di tale timore, non intenda avvalersi della protezione di tale Paese;
l’apolide che, per timore di essere perseguitato per i citati motivi, si trovi fuori dal territorio del Paese nel quale aveva precedentemente la dimcedentemente la dimora abituale e non possa o, a causa di tale timore, non sia intenzionato a farvi ritorno.
Occorre, quindi, che nei confronti del richiedente siano stati commessi atti di persecuzione per uno dei suddetti motivi, purché non si configurino le specifiche cause di cessazione o di esclusione.
Più atti delineano una situazione di persecuzione se:
siano sufficientemente gravi, per loro natura o frequenza, determinando una grave violazione dei diritti umani fondamentali. Tra essi, in particolare, vanno considerati quelli per i quali è esclusa qualsiasi deroga, quali il diritto alla vita (salvo che il decesso sia causato da legittimi atti di guerra), il divieto della tortura, il divieto di schiavitù e del lavoro forzato e i diritti salvaguardati dal principio del “nullum crimen, nulla poena sine lege”;
ovvero:
costituiscano la somma di diverse misure, tra cui la violazione dei diritti umani. L’impatto di tali atti sulla persona deve essere sufficientemente grave, da realizzare una grave violazione dei suoi diritti fondamentali.
Possono essere considerati atti di persecuzione:
la violenza fisica o psichica, compresa quella sessuale;
i provvedimenti legislativi, amministrativi, di polizia o giudiziari, ritenuti discriminatori per natura o modalità attuative;
le azioni giudiziarie o le sanzioni penali spropositate o discriminatorie;
il rifiuto di accesso ai mezzi di tutela giuridici e la conseguente sanzione sproporzionata o discriminatoria;
le azioni giudiziarie o le sanzioni penali conseguenti al rifiuto di prestare servizio militare in un conflitto, qualora la partecipazione a tale guerra possa comportare la commissione di crimini, reati o atti che rientrano tra le cause di esclusione dallo status di rifugiato.
Chi ritiene di essere perseguitato può invocare solamente motivi di:
razza. L’atto di cui è vittima deve contenere considerazioni sul colore della pelle, sulla discendenza o sull’appartenenza a un determinato gruppo etnico;
religione. L’atto in questione deve colpire un qualsiasi suo comportamento personale o sociale, fondato su un credo religioso o da esso prescritto, ovvero su convinzioni ateiste;
nazionalità. Ricorrono i suddetti motivi se la discriminazione è dovuta all’appartenenza a un gruppo caratterizzato da un’identità culturale, etnica o linguistica, da comuni origini geografiche o politiche oppure da un’affinità con la popolazione di uno Stato. Ne deriva, pertanto, che non vi è coincidenza tra nazionalità e cittadinanza;
appartenenza a un determinato gruppo sociale. Si intende per tale quello costituito da membri che condividono una caratteristica innata o una storia comune, che non può essere mutata, oppure che hanno in comune una caratteristica o una fede che è così fondamentale per l’identità o la coscienza che una persona non dovrebbe essere costretta a rinunciarvi. Tale gruppo, che può essere costituito da più persone con un’identità distinta nel Paese di origine, in quanto soggetti pin quanto soggetti percepiti come diversi dalla società circostante, è individuabile anche in base alla caratteristica comune dell’orientamento sessuale. Tale orientamento sessuale non deve sfociare in condotte sanzionate penalmente dalla legislazione italiana; opinione politica. È invocabile qualora sia stata espressa un’opinione, un pensiero o una convinzione su questioni attinenti metodi o politiche poste in essere dal potenziale persecutore; non occorre, peraltro, che quanto espresso si traduca, successivamente, in atti concreti.

Le cause di esclusione
Non può essere concesso lo status di rifugiato a chi già fruisce della protezione o assistenza di un’organizzazione o istituzione delle Nazioni unite, fatta salva l’ipotesi in cui tali misure vengano assicurate dall’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati; non può, inoltre, essere riconosciuto se sussistono fondati motivi per ritenere che lo straniero abbia commesso o istigato a commettere: un crimine contro la pace, di guerra o contro l’umanità; un reato grave o atti particolarmente crudeli che possono essere classificati come gravi reati, anche se motivati da finalità politiche, prima di entrare in Italia e di avere ottenuto il permesso di soggiorno per rifugiato. Uno dei criteri per misurare la gravità del reato è dato dall’entità della pena prevista dalla normativa italiana, che deve essere non inferiore nel minimo a quattro anni e nel massimo a dieci anni; atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni unite e, pertanto, al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale.

Le cause di cessazione
Lo status di rifugiato è dichiarato cessato qualora, dopo l’esame della situazione personale di chi ha ottenuto il riconoscimento, emerga che questi: si sia avvalso, volontariamente, della protezione del Paese di cui è cittadino; sia divenuto cittadino italiano o di un altro Paese che gli assicuri protezione; sia rientrato, volontariamente, nel Paese che ha lasciato o in cui non è rientrato per il timore di persecuzioni; non possa più rinunciare alla protezione offerta dal Paese di cui è cittadino, essendo venute meno le cause che portarono a riconoscergli lo status di rifugiato; se apolide, possa rientrare nel Paese ove dimorava abitualmente, per il venir meno dei motivi di persecuzione. Occorre, tuttavia, che il mutamento delle cause che consentirono di riconoscere tale status sia: duraturo, e quindi non transitorio; idoneo a eliminare il timore di persecuzioni; compatibile con il rimpatrio dell’interessato. È necessaria, infatti, l’assenza di gravi motivi umanitari che non consentano il suo ritorno nel Paese di origine.

Le cause di diniego e di revoca
Il diniego è disposto previo accertamento che il richiedente: non sia vittima di atti di persecuzione; si trovi in una delle situazioni che configurano una causa di esclusione o di cessazione; sia ritenuto, in base a fondati motivi, pericoloso per la si pericoloso per la sicurezza dello Stato; sia considerato pericoloso per l’ordine e la sicurezza pubblica. Tale profilo di pericolosità è la conseguenza automatica di una condanna definitiva per i reati previsti dall’articolo 407, comma 2, lettera a), del cpp. La revoca, invece, è adottata se si accerta, dopo il riconoscimento del citato status, che: sussistono i presupposti previsti per il diniego; tutti gli elementi su cui si fonda la domanda sono stati illustrati in modo erroneo; risultano non comunicati fatti che, se conosciuti, avrebbero determinato il rigetto dell’istanza; la decisione favorevole è dipesa esclusivamente dalla valutazione di documenti falsi.

Protezione sussidiaria
Per concedere al richiedente la protezione sussidiaria è necessario che non vi siano i presupposti per riconoscergli lo status di rifugiato; occorrono, inoltre, fondati motivi per ritenere che: lo straniero, tornando nel Paese di origine, correrebbe l’effettivo rischio di subire un grave danno e non possa o, a causa di tale rischio, non voglia avvalersi della protezione di tale Paese; l’apolide, se ritornasse nel Paese ove dimorava abitualmente, correrebbe effettivamente il rischio di subire un grave danno e non possa né intenda, a causa di tale rischio, avvalersi della protezione del citato Paese. Il danno grave si configura nelle ipotesi di: condanna a morte o all’esecuzione della pena di morte; tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante; minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile, derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale. Non devono, tuttavia, sussistere le specifiche cause di cessazione e di esclusione.

Le cause di esclusione
Ricorrono se vi sono fondati motivi per ritenere che lo straniero abbia commesso o istigato a commettere: un crimine contro la pace, di guerra o contro l’umanità; un reato grave, in Italia o all’estero. Per valutare la gravità del reato si tiene conto anche dell’entità della pena, che non deve essere inferiore, nel minimo e nel massimo, rispettivamente a quattro e a dieci anni; atti contrari ai principi e alle finalità delle Nazioni unite e, pertanto, al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale; ovvero sia pericoloso per: la sicurezza dello Stato; l’ordine pubblico; la sicurezza pubblica.

Le cause di cessazione
Lo status di persona ammissibile alla protezione sussidiaria è dichiarato cessato qualora le circostanze che ne hanno permesso il riconoscimento sono venute meno o sono cambiate, in misura tale da non ritenere più necessaria la protezione. Occorre, tuttavia, che tale mutamento sia: duraturo, e quindi non transitorio; idoneo a eliminare l’esposizione al rischio di un danno grave; compatibile con il rimpatrio dell’interessato. È necessaria, infatti, l’assenza di gravi motivi umanitari che non consentano il suo ritorno nel Paese di origine.



Le cause di revoca
La revoca, invece, è adottata qualora si accerti, dopo il riconoscimento del citato status, che: sussistono i presupposti previsti per le cause di esclusione; tutti gli elementi posti a fondamento dell’istanza sono stati illustrati in modo erroneo; risulta omessa la comunicazione di fatti che, se conosciuti, avrebbero determinato il rigetto dell’istanza; la decisione favorevole è dipesa esclusivamente dalla valutazione di documenti falsi.

La protezione dall’espulsione
Il rifugiato o chi è ammesso alla protezione sussidiaria viene espulso qualora: sussistano motivi per ritenere che costituisca un pericolo per la sicurezza dello Stato; oppure: rappresenti un pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica, poiché condannato definitivamente per un reato punito con la reclusione non inferiore nel minimo a quattro anni o nel massimo a dieci anni. Non si dà luogo all’espulsione, tuttavia, se il destinatario del provvedimento, qualora rimpatriato nello Stato di origine o dal quale proviene, possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali.

Permesso di soggiorno e documenti di viaggio
Il questore del luogo ove dimora chi è riconosciuto rifugiato rilascia allo stesso un permesso di soggiorno per asilo, valido 5 anni e rinnovabile, nonché un documento di viaggio di uguale durata; tale titolo, equiparato al passaporto, non è rilasciato o, se è stato già emesso, viene ritirato, qualora emergano gravissimi motivi attinenti alla sicurezza nazionale o all’ordine pubblico che ne impediscono il rilascio. La citata documentazione, esibita congiuntamente, consente la libera circolazione, in esenzione visto e per un periodo non superiore a 90 giorni, anche nel territorio degli Stati membri che applicano l’Accordo di Schengen. Il documento di viaggio, dopo il riconoscimento dello status, può essere richiesto al momento del rinnovo del permesso di soggiorno. L’istanza contestuale dovrà essere inviata tramite gli uffici postali utilizzando l’apposito modulo compilato dall’interessato, ovvero rivolgendosi a comuni e patronati per la precompilazione della pratica che dovrà essere, comunque, spedita attraverso gli stessi canali postali. Il permesso di soggiorno per protezione sussidiaria è, invece, rilasciato dal questore del luogo ove dimora a chi ha ottenuto il riconoscimento del relativo status; tale titolo è valido 3 anni ed è rinnovabile. Lo stesso questore, inoltre, qualora rilevi l’esistenza di fondati motivi che non consentano al titolare di tale status di chiedere il passaporto alle autorità diplomatiche del Paese di cui è cittadino, gli rilascia il titolo di viaggio per stranieri, di durata uguale a quella del permesso di soggiorno; il documento di viaggio, tuttavia, non è rilasciato o, se è stato già emesso, viene ritirato, qualora: sussistano ragionevoli motsistano ragionevoli motivi per dubitare dell’identità dell’interessato; emergano gravissimi motivi attinenti alla sicurezza nazionale o all’ordine pubblico che ne impediscono il rilascio. La citata documentazione, esibita congiuntamente, consente la libera circolazione nel territorio nazionale; il titolo di viaggio può essere richiesto in questura. Chi è titolare di permesso di soggiorno per motivi umanitari, rilasciato prima del 19 gennaio 2008 su richiesta dell’organo di esame dell’istanza di riconoscimento dello status di rifugiato, ottiene, al momento del rinnovo, un permesso di soggiorno per protezione sussidiaria; prima di allora l’interessato gode dei medesimi diritti stabiliti a favore dei titolari dello status di protezione sussidiaria.

LA DISCIPLINA DELL’IMMIGRAZIONE IRREGOLARE
(decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 e successive modificazioni; decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modifiche, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155; decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30; decreto legislativo 28 febbraio 2008, n. 32)

L’allontanamento dei comunitari
Il diritto di ingresso e soggiorno dei cittadini dell’Unione o dei loro familiari, qualsiasi sia la loro cittadinanza, può essere limitato, con apposito provvedimento, solo per: motivi di sicurezza dello Stato; motivi di ordine pubblico; motivi di pubblica sicurezza; motivi imperativi di pubblica sicurezza; cessazione delle condizioni che determinano il diritto di soggiorno. Coloro che hanno soggiornato in Italia nei dieci anni precedenti, o sono minorenni, possono essere allontanati solo per motivi di sicurezza dello Stato o per motivi imperativi di pubblica sicurezza, a meno che l’allontanamento sia necessario nell’interesse del minore. Coloro che hanno soggiornato legalmente e in via continuativa per cinque anni, invece, sono allontanabili solo per motivi di sicurezza dello Stato, per motivi imperativi di pubblica sicurezza, nonché per altri gravi motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza. I motivi di sicurezza dello Stato sono riscontrabili in presenza di comportamenti che compromettono l’integrità delle istituzioni democratiche del Paese, per finalità eversive; sussistono, inoltre, anche quando vi sono fondati motivi per ritenere che la permanenza della persona nel territorio dello Stato possa in qualsiasi modo agevolare organizzazioni o attività terroristiche anche internazionali, oppure quando la persona opera in gruppi o isolatamente per realizzare atti diretti a sovvertire l’ordinamento dello Stato, compie atti diretti alla ricostituzione del partito fascista, fa parte di associazioni politiche disciolte (ai sensi della Costituzione italiana), o è stata condannata per reati in materia di armi. Per configurare i motivi di ordine pubblico occorre una condotta pregiudizievole per l’ordine sociale e per almeno uno degli interessi fondamentali della collettività, con una valutazione che deve essere fondata su elementi die fondata su elementi di fatto, da indicare espressamente; la minaccia a uno di tali interessi deve essere effettiva e abbastanza grave. Il diritto comunitario non vincola gli Stati dell’Unione a osservare una scala uniforme di valori in merito ai comportamenti che possono essere considerati contrari all’ordine pubblico; è necessario, tuttavia, che lo Stato membro adotti misure repressive o altre iniziative concrete per reprimerli, anche se gli stessi comportamenti siano posti in essere da propri connazionali. I motivi di pubblica sicurezza, invece, ricorrono se una condotta è idonea a mettere in pericolo la pacifica convivenza degli appartenenti a una comunità sociale. Nell’ambito di tale comportamento vanno evidenziati i profili di pericolosità sociale di colui che li ha posti in essere; occorre, tuttavia, un accertamento rigoroso dei presupposti che consentono d’includere la persona oggetto di valutazione nella categoria dei socialmente pericolosi. I criteri da seguire sono: la necessità di un accertamento oggettivo e non meramente soggettivo degli elementi che giustificano sospetti e presunzioni; l’attualità della pericolosità; la necessità di esaminare globalmente l’intera personalità del soggetto, quale risulta da tutte le manifestazioni sociali della sua vita. Non è necessaria l’esistenza di una sentenza irrevocabile di condanna; sono sufficienti, infatti, una serie di indizi e di fatti, purché da essi possa ragionevolmente desumersi l’inclinazione del soggetto a delinquere e il carattere non episodico del comportamento delittuoso. Tra gli indici rivelatori della capacità e della propensione a delinquere della persona vi rientrano gli indizi, i precedenti penali, le condanne, le segnalazioni, il tenore di vita e le frequentazioni di pregiudicati. I motivi imperativi di pubblica sicurezza sussistono quando la persona da allontanare ha tenuto comportamenti che costituiscono una minaccia concreta, effettiva e grave ai diritti fondamentali della persona o all’incolumità pubblica, rendendo così urgente l’allontanamento perché la sua ulteriore permanenza sul territorio è incompatibile con la civile e sicura convivenza. Si può, a tale scopo, anche tenere conto: di condanne per delitti, anche tentati, contro la vita o l’incolumità delle persone, pronunciate da un giudice italiano o straniero; di condanne inerenti gli stessi reati per i quali vige l’obbligo di consegna in base al mandato di arresto europeo; di eventuali condanne, anche se patteggiate, per i medesimi delitti; dell’appartenenza alla categoria delle persone socialmente pericolose; dell’esistenza di misure di prevenzione o di allontanamento emesse da un’autorità straniera. La cessazione delle condizioni che determinano il diritto si soggiorno, infine, si riscontra quando l’interessato si trovi in una delle seguenti condizioni: sia presente in Italia da più di 3 mesi e, qualora regolare, da meno di 5 anni; non svolga alcuna attività lavorativa; non sia iscritto a un corso di studi o formazione professionale (semazione professionale (se lo è, invece, deve comunque disporre di assicurazione sanitaria e di risorse economiche sufficienti); non sia titolare di assicurazione sanitaria ovvero non disponga di risorse economiche sufficienti per non divenire un onere per l’assistenza sociale dello Stato. Tali risorse economiche devono essere proprie e non inferiori all’importo annuo dell’assegno sociale; per i familiari sono stati fatti salvi i casi in cui si riconosca la conservazione (decesso o partenza del comunitario) o il mantenimento (divorzio e annullamento del matrimonio) di tale diritto. Vanno, inoltre, considerati: la durata del soggiorno del destinatario; l’età e il suo stato di salute; la sua integrazione sociale e culturale nel territorio nazionale; i suoi legami con il Paese di origine. L’allontanamento in questione, tuttavia, non può essere disposto se il cittadino comunitario dimostri: di essere iscritto al Centro per l’impiego da non più di 6 mesi, ovvero di avere reso la dichiarazione di immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa e di non essere stato escluso dallo stato di disoccupazione, ovvero di essere familiare o partner, a carico o convivente nel Paese di provenienza, con un comunitario che ha diritto al soggiorno in Italia.

L’adozione dei provvedimenti
I provvedimenti di allontanamento per motivi imperativi di pubblica sicurezza (se il destinatario ha soggiornato in Italia nei dieci anni precedenti o è minorenne) e quelli per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato sono adottati dal ministro dell’Interno. Negli altri casi la loro adozione compete al prefetto del luogo di residenza o di dimora del destinatario. Tutti i predetti provvedimenti sono adottati tenendo conto anche delle segnalazioni motivate effettuate dal sindaco del luogo ove risiede o dimora la persona da allontanare. I provvedimenti di allontanamento per motivi di sicurezza dello Stato e per motivi imperativi di pubblica sicurezza sono immediatamente eseguiti dal questore. Gli altri provvedimenti, invece, si basano sull’adempimento spontaneo del destinatario, al quale è concesso un termine non inferiore a un mese dalla notifica per lasciare volontariamente l’Italia; tale termine, nei casi di comprovata urgenza, può essere ridotto a dieci giorni, eccetto l’ipotesi di allontanamento per cessazione delle condizioni che determinano il diritto di soggiorno, ove non può mai essere inferiore a un mese. In ogni caso, il provvedimento con cui il questore esegue l’allontanamento deve essere preventivamente convalidato dal tribunale ordinario in composizione monocratica; solo dopo tale convalida il destinatario del provvedimento può essere rimpatriato. Qualora il destinatario del provvedimento di allontanamento sia sottoposto a procedimento penale, il questore, prima di eseguire l’espulsione, richiede il nulla osta all’autorità giudiziaria, che può negarlo solo in presenza di inderogabili esigenze processuali. Tale nulla osta si intende concesso quata si intende concesso qualora il giudice competente non provveda entro quarantotto ore dalla ricezione dell’istanza. La persona da allontanare può essere trattenuta in un Centro di permanenza temporanea e assistenza, qualora: la convalida del provvedimento esecutivo dell’allontanamento non sia tempestiva. L’allontanamento, comunque, deve essere stato disposto per motivi di sicurezza dello Stato o per motivi imperativi di pubblica sicurezza. Qualora sia stato disposto per motivi di ordine pubblico o di sicurezza pubblica, è necessario che il destinatario del provvedimento sia inottemperante al termine fissato per l’adempimento spontaneo; abbia un procedimento penale a carico, per il quale occorre acquisire il nulla osta dall’autorità giudiziaria. È necessario, tuttavia, un provvedimento di allontanamento da eseguire con il rimpatrio. La misura del trattenimento in un Cpta del comunitario o del suo familiare deve essere convalidata dal tribunale ordinario in composizione monocratica. Per adottare un provvedimento per motivi di sicurezza dello Stato, per motivi di ordine pubblico, per motivi di pubblica sicurezza, nonché per motivi imperativi di pubblica sicurezza occorre che: vi sia una proporzione tra l’allontanamento e la condotta censurata; tale misura non sia motivata da ragioni di ordine economico o estranee ai comportamenti individuali dell’interessato; le suddette condotte rappresentino una minaccia concreta e attuale all’ordine pubblico o alla sicurezza pubblica; il provvedimento non sia fondato esclusivamente su condanne penali inflitte al destinatario; si tenga conto di specifici parametri inerenti l’interessato, quali: la durata del suo soggiorno; l’età; la situazione finanziaria ed economica; lo stato di salute; il livello d’integrazione sociale e culturale in Italia; l’importanza dei legami con il Paese di origine. L’esistenza di condanne penali non giustifica di per sé l’adozione di tali provvedimenti, che comunque devono: essere motivati, a meno che non esistano motivi relativi alla sicurezza dello Stato; essere notificati all’interessato. Se il destinatario non comprende la lingua italiana, il provvedimento è accompagnato da una traduzione del suo contenuto, anche mediante appositi formulari, sufficientemente dettagliati, redatti in una lingua a lui comprensibile o, se ciò non è possibile per indisponibilità di personale idoneo alla sua traduzione, in una delle lingue francese, inglese, spagnola o tedesca, secondo la preferenza indicata dall’interessato; indicare il termine stabilito per lasciare il territorio italiano, che non può essere inferiore ad un mese dalla data della notifica e, in casi di comprovata urgenza, può essere ridotto a dieci giorni; indicare la durata del divieto di reingresso, che non può superare i dieci anni nei casi di allontanamento per motivi di sicurezza dello Stato e cinque anni negli altri casi. Il destinatario del provvedimento di allontanamento che rientri nel territorio dello Stato in violazione del divieto di reingresso è pundivieto di reingresso è punito con la reclusione: fino a due anni, in caso di allontanamento per motivi di sicurezza dello Stato; fino a un anno nelle altre ipotesi. La pena della reclusione può essere sostituita dal giudice con la misura dell’allontanamento immediato con divieto di reingresso per un periodo da 5 a 10 anni. In questo caso l’allontanamento è immediatamente eseguito dal questore, anche se la sentenza non è definitiva. Fa eccezione l’ipotesi di allontanamento per cessazione delle condizioni che determinano il diritto di soggiorno; al destinatario, cui è concesso un termine per l’adempimento spontaneo, non può essere imposto il divieto di reingresso. Tale persona, tuttavia, entro il citato termine deve presentare, presso un consolato italiano all’estero, un’attestazione di avvenuto adempimento dell’allontanamento; se è individuata sul territorio dello Stato oltre il termine fissato nel provvedimento di allontanamento senza avere provveduto a presentare tale attestazione, è punita con l’arresto da uno a sei mesi e con l’ammenda da duecento a duemila euro.

Ricorsi contro i provvedimenti di allontanamento
Contro i provvedimenti di allontanamento è ammesso il ricorso. Esso deve essere presentato: al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, nel caso in cui sia stato adottato per motivi di sicurezza dello Stato e per motivi di ordine pubblico; al Tribunale ordinario in composizione monocratica del luogo in cui ha sede l’autorità che lo ha adottato, negli altri casi. I ricorsi possono essere accompagnati da un’istanza di sospensione dell’esecutorietà del provvedimento di allontanamento. Fino all’esito dell’istanza, l’efficacia del provvedimento resta sospesa, salvo che il provvedimento si basi su una precedente decisione giudiziale o sia stato adottato per motivi di sicurezza dello Stato o per motivi imperativi di pubblica sicurezza.

Il respingimento e l’espulsione degli stranieri
Gli stranieri che si presentano ai valichi di frontiera senza il visto per l’ingresso in Italia sono respinti dalla polizia di frontiera; vi sono, tuttavia, casi di esenzione da tale requisito. Il questore può disporre il respingimento con accompagnamento alla frontiera anche nei confronti degli stranieri che, dopo essere entrati nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera, sono fermati all’ingresso o subito dopo, oppure che sono stati temporaneamente ammessi nel territorio per necessità di pubblico soccorso. Per lo straniero respinto è prevista l’assistenza necessaria presso i valichi di frontiera e i respingimenti sono registrati dall’autorità di pubblica sicurezza. Il ministro dell’Interno o, su sua delega, il prefetto può disporre l’espulsione dello straniero, oltre che per motivi di ordine pubblico e di sicurezza dello Stato, anche nel caso in cui vi sono fondati motivi di ritenere che la sua permanenza sul territorio dello Stato possa in qualsiasi modo agevolare organizzazioni o attività e organizzazioni o attività terroristiche, anche internazionali. Il prefetto, invece, adotta il provvedimento di espulsione nei confronti dello straniero che: si è sottratto ai controlli di frontiera; non ha dichiarato la propria presenza o non ha richiesto il permesso di soggiorno entro otto giorni lavorativi dall’ingresso in Italia; ha subito la revoca o l’annullamento del titolo di soggiorno; non ha chiesto il rinnovo di tale documento, benché scaduto da più di sessanta giorni; è ritenuto socialmente pericoloso. Il provvedimento di espulsione prevede sempre l’accompagnamento immediato alla frontiera del destinatario. Può contenere, tuttavia, l’intimazione a lasciare volontariamente l’Italia entro quindici giorni, qualora sia stato adottato nei confronti di chi è titolare di permesso di soggiorno scaduto da più di sessanta giorni, senza averne chiesto il rinnovo; in tale ipotesi è concesso all’interessato un termine per lasciare volontariamente l’Italia. In caso di inottemperanza si procede al suo rimpatrio immediato. Il questore, prima di accompagnare alla frontiera lo straniero, deve ottenere dal giudice di pace la convalida del provvedimento con cui esegue l’espulsione; l’eventuale ricorso contro il provvedimento di espulsione non ne sospende la relativa attività esecutiva. Qualora non risulti possibile eseguire il provvedimento di espulsione o di respingimento, il questore può trattenere lo straniero in un Centro di permanenza temporanea e assistenza; tale trattenimento è consentito nelle ipotesi in cui occorre: procedere al soccorso dello straniero; effettuare accertamenti supplementari sulla sua identità o nazionalità; acquisire i documenti di viaggio, per l’indisponibilità del vettore o di altro mezzo di trasporto idoneo; ottenere il nulla osta dall’autorità giudiziaria, in pendenza di procedimento penale; attendere la definizione del procedimento con cui deve essere convalidato, dal giudice di pace, il provvedimento esecutivo dell’espulsione; aspettare la decisione della Commissione territoriale, qualora il soggetto da espellere abbia chiesto la protezione internazionale. Per chi richiede la “protezione internazionale”, infatti, il trattenimento in un Cpta è possibile se: si trovi nelle condizioni previste dall’articolo 1, paragrafo F, della Convenzione di Ginevra; sia stato condannato in Italia per uno dei delitti indicati dall’articolo 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale, ovvero per reati inerenti agli stupefacenti, alla libertà sessuale, al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia e dell’emigrazione clandestina dall’Italia verso altri Stati, o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite; sia già stato espulso, con provvedimento non fondato su uno dei seguenti motivi: essersi sottratto ai controlli di frontiera; non avere dichiarato la propria presenza o non avere richiesto il permesso di soggiorno entro otto giorni lavorativi dall’ingresso in Italia; avi dall’ingresso in Italia; avere subito la revoca o l’annullamento del titolo di soggiorno; non avere richiesto il rinnovo di tale documento, benché scaduto da più di sessanta giorni. L’espulsione, pertanto, è compatibile con il trattenimento in un Cpta del richiedente la protezione internazionale solo se è stata adottata per motivi diversi dai predetti. La misura del trattenimento dello straniero in un Cpta deve essere convalidata dal giudice di pace, entro quarantotto ore dall’adozione del provvedimento; il termine massimo di permanenza all’interno della struttura è di trenta giorni, prorogabile da tale giudice di ulteriori trenta giorni, su richiesta del questore, qualora l’accertamento della nazionalità e dell’identità, ovvero l’acquisizione di documenti per il viaggio, presenti gravi difficoltà. Le modalità del trattenimento devono garantire, nel rispetto del regolare svolgimento della vita in comune, la libertà di colloquio all’interno del centro e con i visitatori provenienti dall’esterno, in particolare con il difensore che assiste lo straniero e con i ministri del culto, la libertà di corrispondenza, anche telefonica, ed i diritti fondamentali della persona, fermo restando l’assoluto divieto per lo straniero di allontanarsi dal centro. Qualora non sia possibile trattenere lo straniero in un Cpta per mancanza di posti, o siano decorsi i termini massimi di permanenza senza avere eseguito l’espulsione o il respingimento, il questore ordina allo straniero di lasciare l’Italia entro cinque giorni; in caso di inottemperanza senza un giustificato motivo, sono previste sanzioni per lo straniero.

Le situazioni di inespellibilità
Non può essere espulso né respinto lo straniero: minorenne, salvo il diritto a seguire il genitore o l’affidatario espulsi; in possesso del permesso di soggiorno Ce per soggiornante di lungo periodo, tranne l’ipotesi in cui sia ritenuto socialmente pericoloso; convivente con parente entro il quarto grado o con il coniuge, di nazionalità italiana; in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio cui provvede. Tale previsione si estende al coniuge convivente; che possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione; genitore naturale di minore italiano, anche se non convive con il figlio, salvo se è stato privato della potestà genitoriale. Il provvedimento di espulsione può essere invece sospeso o revocato dal prefetto, informando preventivamente il ministro dell’Interno, quando sussistono le condizioni per il rilascio del permesso di soggiorno per fini investigativi, ovvero quando sia necessario per l’acquisizione di notizie concernenti la prevenzione di attività terroristiche, ovvero per la prosecuzione delle indagini o delle attività informative dirette alla individuazione o alrette alla individuazione o alla cattura dei responsabili dei delitti commessi con finalità di terrorismo. 

DOMANDE FREQUENTI (Faq)

Anagrafe
(decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni; dpr 31 agosto 1999, n. 394, e successive modificazioni)

L’iscrizione all’anagrafe dei residenti accerta la dimora abituale nell’ambito del territorio comunale. Possono iscriversi all’anagrafe gli stranieri maggiorenni, i quali devono recarsi personalmente all’ufficio anagrafe del Comune in cui abitano. Per iscriversi all’anagrafe è richiesta la seguente documentazione: permesso di soggiorno di validità superiore a 3 mesi; passaporto in corso di validità o documento equipollente; codice fiscale; documenti relativi allo stato civile non desumibili dal passaporto (nascita, matrimonio, divorzio, rapporti di parentela, ecc). Tali documenti, in originale, devono essere rilasciati dalle autorità competenti dello Stato di riferimento, tradotti in italiano e legalizzati, oppure dalle autorità consolari del Paese di origine presenti in Italia, con firma legalizzata dalla prefettura competente. Per gli stranieri residenti in una struttura di accoglienza o in una comunità, è richiesta una dichiarazione di residenza sottoscritta dal responsabile della struttura. In caso di rinnovo del permesso di soggiorno, l’iscrizione all’anagrafe non decade, ma lo straniero è obbligato entro 60 giorni a ribadire all’ufficiale dell’anagrafe del comune la dichiarazione di dimora abituale, allegando la copia del nuovo permesso di soggiorno o della ricevuta di richiesta di rinnovo, pena la cancellazione dalle liste della popolazione residente nel comune.

Assistenza sanitaria
(decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni; dpr 31 agosto 1999, n. 39, e successive modificazioni)

Lo straniero che intende ricevere in Italia cure mediche può ottenere, dalla rappresentanza diplomatica o consolare italiana nello Stato di origine o di residenza stabile, uno specifico visto d’ingresso; tale possibilità si estende all’eventuale accompagnatore. Gli interessati devono presentare una dichiarazione della struttura sanitaria prescelta che indichi il tipo di cura, la data d’inizio della stessa e la durata presunta del trattamento terapeutico, nonché attestare l’avvenuto deposito di una somma a titolo cauzionale, tenendo conto del costo presumibile delle prestazioni sanitarie richieste. Devono, inoltre, documentare la disponibilità in Italia di vitto e alloggio per l’accompagnatore e per il periodo di convalescenza dell’interessato. La domanda per ottenere il rilascio del visto d’ingresso, nonché quella per chiedere il permesso di soggiorno o il suo rinnovo possono essere presentate anche da un familiare o da chiunque altro vi abbia interesse. I cittadini stranieri regolarmente presenti in Italia hanno diritto a “parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti e piena uguaglianza di diritti e doveri rispetto ai cittadini italiani per quanto attiene all’obbligo contributivo, all’assistenza erogata in Italia dal Servizio sanitario nazionale e alla sua validità temporale”. Sono obbligati ad iscriversi al Ssn: i cittadini stranieri titolari di permesso di soggiorno che svolgono regolare attività di lavoro subordinato, autonomo o che siano iscritti alle liste di collocamento; i cittadini stranieri regolarmente soggiornanti o che hanno chiesto il rinnovo del permesso di soggiorno, per lavoro subordinato, per lavoro autonomo, per motivi familiari, per asilo, per richiesta di asilo, per attesa adozione, per affidamento, per acquisto della cittadinanza o per motivi religiosi; i familiari a carico (regolarmente soggiornanti) dei cittadini stranieri nelle condizioni indicate. L’iscrizione al Ssn può essere effettuata presso la Asl del territorio di residenza o di effettiva dimora, è valida per tutta la durata del permesso di soggiorno e non decade nella fase di rinnovo. Il “Tesserino sanitario personale” che lo straniero riceve all’atto dell’iscrizione dà diritto a ricevere le seguenti prestazioni: visite mediche generali in ambulatorio e visite mediche specialistiche, visite mediche a domicilio, ricovero in ospedale, vaccinazioni, esami del sangue, radiografie, ecografie, medicine, assistenza riabilitativa e protesica. Tutti gli altri cittadini stranieri non obbligati ad iscriversi al Ssn possono chiedere l’iscrizione facoltativa oppure possono assicurarsi contro il rischio di malattie, infortunio e maternità mediante la stipula di polizza assicurativa valida sul territorio italiano, anche per i familiari a carico. Gli stranieri non in regola hanno comunque diritto all’assistenza sanitaria di base; ai ricoveri urgenti e non in regime di day-hospital; alle cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o essenziali, anche se continuative, per malattia e infortunio, nelle strutture pubbliche o private convenzionate. Devono però essere provvisti di un apposito tesserino, chiamato Stp (Straniero temporaneamente presente), che ha una validità di sei mesi rinnovabile, che può essere ottenuto dichiarando di non essere in possesso di risorse economiche sufficienti. L’accesso alle strutture sanitarie non può comportare alcun tipo di segnalazione alle pubbliche autorità.

Istruzione
(decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni; Dpr 31 agosto 1999, n. 394, e successive modificazioni)

Il diritto-dovere all’istruzione è garantito al cittadino straniero regolarmente soggiornante in Italia a parità di condizioni con il cittadino italiano. I minori stranieri, anche se irregolarmente presenti nel territorio italiano, hanno diritto all’istruzione nelle forme e nei modi previsti per i cittadini italiani. Sono soggetti all’obbligo scolastico secondo le disposizioni vigenti in materia e possono richiedere l’iscrizione in qualunque periodo dell’anno scolastico. I minori stranieri privi di documentazionstranieri privi di documentazione anagrafica o in possesso di documentazione irregolare o incompleta sono iscritti con riserva. Tale tipo di iscrizione non pregiudica, comunque, il conseguimento dei titoli conclusivi del corso di studio delle scuole di ogni ordine e grado; se i riscontri sull’identità dichiarata dal minore non sono negativi, il titolo di studio viene rilasciato all’interessato con i dati identificativi acquisiti al momento dell’iscrizione. Il diritto allo studio è riconosciuto per legge anche ai maggiorenni, i quali possono: imparare la lingua italiana seguendo corsi di alfabetizzazione articolati su diversi livelli, conseguire in Italia la licenza media o il diploma di scuola media superiore, se in possesso di regolare permesso di soggiorno. Per quanto concerne l’accesso all’università, entro il 31 dicembre di ogni anno, gli atenei stabiliscono il numero dei posti da destinare all’immatricolazione per l’anno accademico successivo degli studenti stranieri ai corsi di studio universitari. L’ammissione è comunque subordinata alla verifica delle capacità ricettive delle strutture universitarie ed al superamento delle prove di ammissione. Il permesso di soggiorno per motivi di studio è rinnovato allo studente universitario che nel primo anno di corso ha superato una verifica di profitto e negli anni successivi almeno due verifiche. Per gravi motivi di salute o di forza maggiore, debitamente documentati, il permesso di soggiorno può essere rinnovato anche allo studente che abbia superato una sola verifica di profitto, fermo restando il numero complessivo di rinnovi. Essi non possono essere rilasciati per più di tre anni oltre la durata del corso di studio.


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01/04/2008