Umberto Galimberti

Controllo

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Nella Colonia penale, Kafka racconta di un ufficiale che minuziosamente spiega “la macchina per scrivere la legge”. E all’interlocutore che chiede se il condannato conosce la sentenza che lo riguarda, l’ufficiale risponde: «È inutile comunicargliela, tanto la conoscerà sul proprio corpo».
Da sempre il corpo è superficie di scrittura atta a ricevere il testo visibile della legge che la società detta ai suoi membri. Ogni suo tratto è una traccia indelebile, un ostacolo all’oblio, un segno che fa del corpo una memoria.
Ma dire “memoria” oggi vuol dire consegnare il corpo alla tecnica informatica che, oltre alle impronte digitali, può rilevare quelle retiniche, quelle vocali e persino quelle olfattive. Può misurare la distanza che intercorre tra le nostre dita divaricate, nonché la cadenza della nostra andatura. Il corpo ci rivela. E la tecnica può rapirci quanto di più intimo, di più nostro, di più segreto custodiamo come riferimento ultimo della nostra identità.
Potremo avere passap ...


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01/04/2008