Maria Locanto*
Ti amo ma non ti tollero/2
Anamnesi scrupolosa, esame obiettivo e test allergologici, sono la base della diagnosi delle allergie alimentari
Un approccio diagnostico corretto alle allergie alimentari include un’anamnesi accurata (sintomatologia, latenza, durata, riproducibilità dei sintomi, alimenti sospetti, stato dell’alimento, eventuali fattori associati), un esame obiettivo e i test allergologici. Questi sono i principali.
In vivo
Il Prick test costituisce il test di primo livello e può essere eseguito con estratti commerciali o con l’alimento fresco (prick by prick) soprattutto per gli allergeni vegetali meno stabili alle condizioni di estrazione dell’alimento naturale (ad esempio l’ossidazione da composti polifenolici).
Il Patch test è il test di elezione per le dermatiti da contatto ed è stato proposto per valutare le reazioni ritardate agli alimenti ma è scarsamente utilizzato nelle diagnosi di allergie alimentari; infatti questa procedura diagnostica è poco standardizzata e quindi difficile da riprodurre e i dati della letteratura sono sperimentali.
In vitro
Dagli Anni ’70 il dosaggio delle IgE (Immunoglobulina E) specifiche sieriche è stato di grande ausilio nella diagnostica allergologica. Il siero in esame viene posto a contatto con l’allergene legato ad un supporto solido e poi incubato con anticorpi anti-IgE marcati con un rivelatore. È il test d’obbligo nei pazienti in cui non siano effettuabili test in vivo a causa di assunzioni di antistaminici, di lesioni dermatologiche, dermografismo o per gravità dei sintomi riferiti. Bisogna tenere conto però sia della labilità degli estratti allergenici, sia del fenomeno delle cros