Chiara Camerani*

Piccoli omicidi

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Depressione, psicosi e senso di inadeguatezza possono trasformare una giovane madre in un killer spietato

Mamme violente e assassine. Uccidono i propri figli, sconvolgendo di colpo il tradizionale immaginario collettivo che le vuole tenere e amorevoli, protettive e piene di attenzioni. La cronaca ci pone di fronte a casi di madri assassine come un fenomeno in aumento, senza contare quelli in cui la depressione materna non sfocia in tragedia ma mina comunque lo sviluppo del bambino e l’equilibrio familiare.
Talvolta, la nascita di un bambino non comporta per la donna, come si potrebbe immaginare, un sensazione di felicità. Può invece sentirsi triste, rabbiosa, inadatta al ruolo di madre fino a trasformarsi in killer.
I motivi alla base del figlicidio possono essere tanti: da una patologia conclamata alla forte ambivalenza verso il figlio, dal maltrattamento causato da irritabilità che sfocia accidentalmente in omicidio all’eutanasia, dalla vendetta verso altri, generalmente il partner, al vero e proprio rifiuto del bambino.

Patologia conclamata
Un sentimento di depressione dopo la nascita di un figlio è evento comune, fortemente stressante di cui molte donne tacciono. I disturbi dell’umore che emergono a seguito di una gravidanza, vanno da un grado più lieve, la cosiddetta baby blues, fino a casi più gravi di psicosi.
Lo stato di prostrazione definito baby blues, che molte donne sperimentano successivamente al parto, è del tutto fisiologico, temporaneo (dura circa un paio di settimane) e non comporta particolari conseguenze. Ne soffre il 70-80% delle neomamme.
Più seria è invece la depressione post-partum che affligge dall’8 al 15% delle donne: sopraggiunge alcune settimane dopo il parto, può persistere fino a un anno e può spesso rappresentare la molla che spinge la donna all’omicidio-suicidio. In queste circostanze, la persona depressa “altruisticamente” porta con sé il figlio, per proteggerlo da sofferenze future.
La vera e propria psicosi postparto affligge invece una donna su 1.000 e richiede un intervento immediato e anche l’ospedalizzazione, a causa dell’alto tasso di suicidi e infanticidi. La patologia emerge nelle quattro settimane successive: tra i sintomi si manifesta paranoia, alterazione dell’umore, allucinazioni e deliri (ad esempio la convinzione di una possessione demoniaca o di una malformazione del bambino).
I fattori di rischio della depressione postpartum e dei disturbi dell’umore includono la presenza di una storia familiare di disturbi psichiatrici, una maternità non voluta, complicazioni precedenti e durante la gravidanza, assenza

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01/02/2008