Anacleto Flori
L’attimo fatale
Riuscire a stabilire l’ora esatta dell’ultimo respiro può aiutare gli investigatori a incastrare un assassino o a scagionare un innocente. Gli esperti spiegano come
“Non siamo stati noi, quella sera eravamo a cena fuori, in un ristorante a Lecco”. Rosa e Olindo Romano, nonostante gli indizi raccolti portassero dritti fino a loro, hanno negato a lungo di essere in qualche modo implicati nella strage di Erba. Un alibi apparentemente di ferro grazie a quello scontrino fiscale, emesso alle ore 23.00, in grado di confermare che al momento in cui Raffaella Castagna, il piccolo Youssef e altre due donne venivano massacrati, loro si trovavano ben lontani dal luogo del delitto. Quando però il medico legale ha stabilito che le vittime erano state uccise intorno alle 20.30, gli investigatori non hanno avuto difficoltà a smontare l’alibi dei due coniugi dimostrando che fra l’orario registrato sullo scontrino e il momento della strage c’era un buco di oltre due ore, mentre per arrivare a Lecco ci vuole al massimo mezz’ora. Tutto il tempo, cioè, di commettere l’omicidio, andare a mangiare la pizza e poi pagare il conto, pensando magari di poterla fare franca.
Per un caso di cronaca che può dirsi risolto, altri rimangono però ancora avvolti nel mistero. Casi in cui gli investigatori, in mancanza di testimonianze dirette o della prova schiacciante in grado di inchiodare l’assassino, iniziano a scavare nelle ultime ore di vita della vittima e dei principali sospettati: spostamenti, acquisti, e appuntamenti, così come la durata di una telefonata o di una navigazione in Internet, vengono attentamente passati al vaglio e verificati. Tutti elementi in cui l’orario può assumere un ruolo fondamentale: basta poco, un semplice giro di lancette per scagionare un sospetto, smontare un alibi o fare scattare le manette ai polsi di un assassino. E spostare indietro le lancette del tempo fino allo scoccare dell’ora fatale della morte, ripercorrendo a ritroso le tappe principali del post mortem interval (vale a dire il tempo intercorso tra la morte e il momento del rinvenimento del cadavere) è uno dei compiti più delicati per un medico legale. “Per prima cosa – spiega Dino Mario Tancredi, medico capo della Polizia di Stato, patologo forense – bisogna osservare e fissare la collocazione del cadavere rispetto all’ambiente e il relativo atteggiamento; va poi rigorosamente rilevata la classica triade dei fenomeni tanatologici, fondamentali per formulare il giudizio circa l’epoca della morte: l’algor mortis (la dispersione di calore) il livor mortis (la presenza di macchie ipostatiche di color rosso vinoso sulla cute, causate d