La necessità di ricordare

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In una breve poesia di Primo Levi, indimenticabile autore di “Se questo è un uomo”, storia autobiografica di un sopravvissuto ai campi di sterminio nazisti, è racchiuso il senso profondo della necessità di ricordare l’Olocausto. Cinque strofe che fissano con una precisione e un’intensità che solo la grande poesia di un eroico testimone possono restituirci: ci mettono davanti uomini che lavorano nel fango, che non conoscono pace, che lottano per mezzo pane, che muoiono per un sì o per un no; di donne senza capelli e senza nome, senza la forza di ricordare, vuoti gli occhi e freddo il ventre. Poi il monito: ricordate che questo è accaduto. Levi insiste: scolpite queste parole nel vostro cuore, stando in casa, andando per via, coricandovi, alzandovi, ripetetele ai vostri figli.
Il 27 gennaio, ormai da sette anni, ci ricorda il dovere di ricordare, di riflettere, di restare con la guardia alzata. Razzismo, xenofobia, mancato rispetto degli altri, voglia di sopraffazione restano mali in agguato permanente. Ancora oggi, su scranni di alto potere, c’è chi nega alla radice la Shoah, lo sterminio degli Ebrei ed anzi, rifiutando in blocco la Storia e la sua verità incancellabile, eccita deliri di annientamento. Avviene in Iran e non solo là.
Un Paese senza memoria è un Paese senza futuro. Dunque se il profondo senso di appartenenza all’Umanità e ai suoi alti valori ci chiamano a rinnovare la memoria, resta ferma l’esigenza per le nuove generazioni di conoscere, vedere, riflettere, di accettare il testimone di una vicenda tra le più tragiche di cui tutti dobbiamo impedire il ripetersi.
La società dell’oggi, la multietnicità che ci circonda, la globalizzazione che ci prospetta nuove prove di pacifica integrazione tra popoli, culture, tradizioni e modi di vita ci chiede anche di guardare al passato per trarne rinnovate lezioni per il futuro.
In quelle sconvolgenti vicende che nelle scuole e nelle istituzioni trovano in questi giorni della memoria un rinnovato impegno di pace e di solidarietà ritroviamo con immenso orgoglio figure di martiri e di eroi della Polizia. Tra le tante spicca quella del questore di Fiume Giovanni Palatucci, deportato in Germania per aver aiutato ebrei di Trieste a sfuggire alla deportazione. Ecco, il 27 gennaio il ricordo va anche al sacrificio di questi uomini la cui dedizione ai valori della vita fino al sacrificio della propria rappresenta un patrimonio inestimabile, l’esempio perfetto di una dignità che di fronte al male sa anche disobbedire. Molti poliziotti, in quegli anni terribili, hanno conquistato un posto d’onore nel tempio dei Giusti. Anche a loro dobbiamo il privilegio, mai abbastanza sentito, di poter vivere nella libertà.
01/01/2008