Giovanni Pluchino*
La provincia "babba"
Dopo gli anni difficili delle guerre di mafia, oggi Ragusa è una città orgogliosa delle sue radici e del livello di sicurezza raggiunto attraverso un rinnovato rapporto tra cittadini e istituzioni
Lo scrittore Gesualdo Bufalino (uno dei figli eccelsi della nobile terra iblea, così come il premio Nobel Salvatore Quasimodo e il sindaco santo di Firenze, Giorgio La Pira), in un suo articolo del gennaio del 1984 su Il Giornale di Montanelli, descriveva la provincia di Ragusa “... la più meridionale d’Italia, con i fari delle sue coste rivolti a cercare l’Africa dietro il breve braccio di mare. Una provincia che gli altri siciliani chiamano babba, a voler significare bonaria, innocente, priva di malizia. Epiteto meritato se è vero che nel ragusano il numero dei morti ammazzati è vergognosamente basso rispetto a qualunque altro sito dell’Isola”.
Da quegli anni di calma tanta acqua è passata sotto i ponti e anche la provincia più a sud di Tunisi ha avuto le sue storie di malavita e di mafia ed i suoi morti ammazzati, specie nella zona di Vittoria. Malgrado tutto però Ragusa e la sua provincia, per tanti aspetti (economici, culturali, turistici) continua a restare “l’isola nell’Isola”, con una sua storia, una sua civiltà, una sua mentalità, una sua onestà intellettuale che la distinguono da tutte le altre province siciliane.
La provincia di Ragusa, che ha festeggiato da poco i suoi ottanta anni di vita, è una delle più piccole della Sicilia (appena 12 comuni con una popolazione complessiva attorno alle 300 mila unità), ma è una delle più ri