Giuliana Grilli Erani

Un modello da seguire

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Con un forte decremento dei reati, la provincia di Forlì-Cesena rappresenta l’esempio di un’ottima sinergia tra istituzioni e cittadini

Sorniona. O sobria. Entrambi i termini al meglio sintetizzano Forlì, città romagnola di poco più di 112.000 abitanti che, con Cesena, 105.000 abitanti, è il capoluogo dell’omonima provincia (circa 360.000 abitanti in 30 comuni su 2.379 km² di cui 13 km di costa bagnata dall’Adriatico), a poco più di sessanta chilometri a sud di Bologna, a quaranta a nord di Rimini, staccatasi come biblica costola nel 1995 per diventare una delle province dell’Emilia Romagna.
Per consistenti e certi riscontri, Forlì ha tracce di sé già nel paleolitico, ma ascrive la sua migliore nobiltà in epoca romana (da cui l’etimo del suo nome Forum Livii), vivacemente vivendo il suo tempo all’epoca dei Comuni, poi individuata nel ventennio fascista come “la città del Duce” per aver Predappio dato i natali a Mussolini.
Per quest’ultima ragione, finita la guerra e il fascismo, Forlì, per detta sinonimìa, fu passata per un bel po’ sotto silenzio, fino a quando gradualmente normalizzatasi la storia, sotto le sollecitazioni della sua gente, tanto infaticabile quanto gioviale, l’identità forlivese si è andata definitivamente assestando sui caratteri che le sono veramente peculiari. Primo tra tutti la capacità di lavorare sodo, coniugando la filosofia del fare con quella del saper vivere e viaggiare. E di scrivere di viaggi, come sapeva fare Antonio Beltramelli già nei primi del ’900.
Ma quando si dice “Romagna”, in Italia e nel mondo, il pensiero corre alla piadina, al sangiovese e ai lisci delle balere del sabato sera. Mentre i giovani associano il nome alla riviera e alle assordanti discoteche.
Ma la città è un’altra cosa: pullulante di g ...


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01/11/2007