a cura di padre Franco Stano

Il nostro Patrono

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Fu Pio XII a dichiarare l’Arcangelo San Michele patrono della Polizia di Stato. E lo fece con una Bolla il 29 settembre 1949. Da quella data, dunque, la polizia ha un suo patrono e, specifichiamo, un suo punto di riferimento, una bandiera cui guardare e cui ispirare il proprio comportamento, le ragioni ideali del proprio vivere.
In quella circostanza, fra l’altro, scriveva il Papa nella Bolla: È proprio del provvidentissimo Dio… il governare il mondo con leggi e apportare fra gli uomini la Giustizia in modo che i buoni siano salvaguardati dai cattivi e questi, invece, vigilati, sorvegliati, mai tuttavia privati della loro libertà, diventino buoni; così che avvenga che “tutti gli uomini siano salvi”, come ha rivelato Dio. È appunto il dirimere la perenne lotta fra il bene e il male l’Onnipotente Dio affidò a San Michele Arcangelo, il cui nome “Chi come Dio?” suona ed esprime e denota la “fortezza di Dio”. Infatti proprio a Lui, da Dio costituito Capo e Principe, fu affidato il compito di resistere al Principe delle tenebre e ai suoi satelliti, sia espellendo dal Paradiso Celeste quell’eterno nemico di Dio e cacciandolo nel profondo dell’Inferno, sia, difendendo non senza immane battaglia quella Donna che, nell’Apocalisse, appare “rivestita di sole, con la luna ai suoi piedi e sul capo una corona di dodici stelle”... Non fa dunque meraviglia che coloro i quali in Italia sono preposti alla Pubblica Sicurezza, attentamente considerando l’assai gravoso servizio degli Agenti per il bene comune e l’utilità dei cittadini e quanto mai solleciti della loro fatica fisica e spirituale tutela, abbiano sempre considerato S. Michele Arcangelo quale Patrono del Corpo della Guardie di P.S. presso Dio… Noi… con sicura conoscenza e matura deliberazione Nostra e nella pienezza della Nostra Apostolica podestà… dichiariamo, nominiamo e stabiliamo San Michele Arcangelo Principale Celeste Patrono di tutta l’Amministrazione Italiana della Pubblica Sicurezza, con tutti i singoli privilegi liturgici e gli onori annessi, che, secondo il rito, competono ai principali Celesti Patroni di Associazioni… Datato da Castel Gandolfo, sotto l’anello del Pescatore, il giorno 29 del mese di settembre, nella festa di San Michele Arcangelo, nell’anno 1949, undicesimo del Pontificato Nostro.
Così il Papa, che sancisce un profondo desiderio a nome dell’intera pubblica sicurezza a lui espresso dall’allora Ordinario militare per l’Italia monsignor Carlo Alberto Ferrero di Cavallerleone e con l’assenso e l’approvazione del cardinale Clemente Micara, prefetto della Sacra congregazione dei riti.
Occorre dire che a partire dal 29 settembre di quel 1949 la festa di San Michele è stata sempre opportunamente solennizzata dalla Polizia di Stato (quest’anno le celebrazioni si terranno a Reggio Calabria, ndr), cosa che continua ad essere, nonostante diversa sia oggi, rispetto a quella data, la sua configurazione sociale e statutaria, in un atteggiamento di evidente fedeltà alle ragioni di quella scelta che la Bolla papale esaltò e rimise solennemente al futuro.
Che San Michele Arcangelo sia un patrono straordinario è cosa che emerge dalle motivazioni che Pio XII mette in risalto, le quali paiono sintetizzarsi un una sorta di parallelismo ideale niente affatto disdicevole, benché non pienamente proporzionabile. Come Michele Arcangelo garantisce il trionfo del bene contro la presunzione e la prepotenza del male, e ottiene la vittoria, che è sua e che è di Dio, così la Polizia di Stato, impegnata nella difesa della legalità nel cui ambito situa la stessa libertà, che altrimenti, smentendo la sua dignità di valore, diventerebbe arbitrio e prevaricazione – sub lege libertas, dice il suo motto – garantisce la giustizia e la pari dignità dei cittadini di fronte allo Stato e agisce e lavora in nome di una società solidale, riconciliata, libera e capace di futuro.
Non è un caso se tutte le celebrazioni ufficiali della Polizia di Stato si concludono con la recita della preghiera a San Michele; allo stesso tempo un’invocazione e un auspicio, la consapevolezza, verrebbe da dire, di leggere nel destino dell’Arcangelo il proprio destino, che è quello dell’impegno generoso e della fedeltà caparbia, dimensioni delle quali si è convinti, ma per le quali si prega, essendo fragile la struttura umana spesso chiamata a verificare quanto sia vero il detto evangelico secondo cui se lo spirito è pronto, la carne continua ad essere debole.
Michele, infine, è un nome ed ha un significato. Significa, e Pio XII lo rileva chiaramente, “Chi è come Dio?”. Da questo punto di vista, pare che quel nome solleciti tutti noi anche ad una riflessione di carattere esistenziale particolarmente forte. Chi potrebbe arrogarsi il diritto a farsi Dio? E non è forse proprio nella pretesa umana diventata assoluta l’inizio della follia? “Chi è come Dio?”. Una domanda che si fa monito e che se non impegna tutti alla fede, impegna tutti, questo necessariamente sì, all’umiltà esistenziale e al giusto senso delle proporzioni.


Tanti mestieri e tante città da proteggere
Non solo poliziotti, ma anche paracadutisti, commercianti, maestri d’armi, merciai, speziali, fabbricanti di bilance e schermidori. Sono molte le categorie che hanno scelto San Michele come proprio protettore, e tante sono le città e i paesi che lo hanno scelto come patrono in Italia (più di sessanta) e all’estero. Tra queste ultime ricordiamo l’isolotto francese di Mont Saint-Michel dove la leggenda narra che nel 709 al triplice rifiuto del vescovo di Avranches di intitolargli un santuario, San Michele rispose bucandogli la testa con un dito infuocato lasciandolo comunque in vita. Il cranio bucato di S. Uberto è ancora oggi conservato nella cattedrale di Avranches. Il culto dell’Arcangelo Michele, comandante dell’esercito celeste contro gli angeli ribelli, è di origine orientale, infatti nel 313 d.C. l’imperatore Costantino I gli dedicò un santuario, il Michelion, a Costantinopoli. Fu solamente verso la fine del V secolo che la devozione al santo si diffuse in tutta Europa, quando l’8 maggio del 490 l’Arcangelo apparve al vescovo di Siponto (l’attuale Manfredonia) indicandogli una grotta nella zona del Gargano da dedicare al culto cristiano. Oggi, al centro della città di Monte Sant’Angelo, in provincia di Foggia, sorge il santuario, meta di numerosi pellegrini sin dal Medioevo. L’iconografia classica dell’Arcangelo è dettata dai passi del libro dell’Apocalisse, in cui è raffigurato con le ali, un’armatura dorata e con una spada mentre trafigge il diavolo, a differenza dell’iconografia bizantina che lo rappresenta vestito con abiti da dignitario di corte.
Cristiano Morabito
01/09/2007