Antonella Fabiani

Imprevedibile massa

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La differenza tra folla e movimento collettivo, il ruolo del leader, le possibili degenerazioni. A parlarne Francesco Alberoni

Hanno segnato le principali tappe della storia umana, raccolti attorno a leader politici o religiosi, capaci di catalizzare in un certo momento tensioni e aspirazioni di molti individui: i movimenti collettivi sono stati spesso protagonisti di rivoluzioni al servizio di cause politiche o religiose. Pacifiche o violente, le masse hanno raccolto nel tempo migliaia di uomini e donne animati da una forza capace di trasformare il mondo, anche se non tutti i movimenti e non tutte le folle hanno ambizioni innovative o riescono a creare un nuovo ordine. Come gli ultras (se si guarda al mondo del calcio) motivati da un odio che cementa il branco solo in vista di un’azione sterile e violenta, creando situazioni di emergenza all’interno di una moltitudine più grande e pacifica che ogni domenica si reca a vedere la partita di pallone (nella rubrica Leggi e decreti di questo mese le modifiche al decreto sulla violenza negli stadi). Capire i movimenti collettivi significa “capire il mondo sociale, la vita politica, religiosa e la storia” sostiene il sociologo Francesco Alberoni che all’argomento ha dedicato Leader e Masse (recentemente edito da Rizzoli). È lui a parlare di quali siano i meccanismi più profondi che stanno alla base dei movimenti collettivi, chi siano i leader e quale sia il loro potere.
Parlando dei movimenti collettivi lei li definisce “il fattore imprevedibile della storia”. In che senso?
Perché esplodono quando si sono accumulate tensioni di cui non ci si era accorti. Per questo sono meno frequenti e pericolosi nelle democrazie dove c’è libertà di stampa. Perché esplodono quando si è creato uno stato di disordine che non è più controllabile dalle istituzioni esistenti e queste non riescono a riformarsi in tempo.
Cosa forma un movimento collettivo e quali sono gli elementi che lo caratterizzano?
Il movimento collettivo è il rapido formarsi di una comunità in cui confluiscono persone precedentemente separate che si ignoravano o erano in competizione. Pensiamo al movimento operaio che ha unito lavoratori che competevano per lo stesso posto di lavoro. Esso crea un campo di solidarietà altissimo, un gruppo capace di scontrarsi con un avversario.
Che differenza esiste tra il movimento e la folla?
La folla si riunisce occasionalmente, spesso perché qualcuno la invita a riunirsi. Il movimento incomincia sempre in piccoli gruppi, gruppi devianti, ribelli, e solo a poco a poco cresce, vi affluiscono nuovi aderenti, fino al momento in cui può mettere in piazza delle folle. Queste però compiono sempre delle azioni nuove, impreviste. Pensiamo all’occupazione delle università, oppure all’atto di strappare le cartoline precetto o alle manifestazioni delle femministe con il buffo slogan “tremate tremate le streghe son tornate!”.
Perché un movimento ha bisogno di un leader e qual è il fattore aggregante attorno ad esso?
Perché anche se c’è solidarietà la gente la pensa sempre in modo diverso e tende a dividersi. Il leader è quello che riesce a dare la parola d’ordine giusta, a mediare le diverse correnti e nello stesso tempo a infondere coraggio, a resistere quando gli altri cederebbero.
Che tipo di unione si crea tra i componenti di un movimento?
Una fortissima solidarietà, infatti si chiamano “fratelli”, “compagni”, “camerati”.
Negli ultimi tempi si parla dei movimenti ambientalista e pacifista. Che tipo di caratteristiche hanno?
Sono rari i movimenti pacifisti puri. Negli Usa il movimento pacifista era molto forte perché era formato da coloro che volevano terminare la guerra del Vietnam. Ma in Europa i Partigiani della pace erano organizzati dal Pci ed erano antiamericani, mai antirussi. Oggi restano espressione della sinistra. I movimenti ecologisti invece sono spontanei, formati da piccoli gruppi: anche questi però quasi sempre sono stati egemonizzati dalla sinistra, come i Verdi in Italia e in Germania.
Durante una grande manifestazione può determinarsi un abbassamento del livello di responsabilità individuale? Come è possibile che le azioni individuali vengano sentite come collettive?
Non c’è dubbio che nella folla ci sia una forte caduta della responsabilità individuale, e che la gente possa compiere azioni che mai avrebbe fatto o giustificato da sola; però ricordiamo che molte folle sono guidate, manovrate, indirizzate da piccoli gruppi che le utilizzano per i loro fini ideologici o politici.
Quale differenza esiste tra un movimento collettivo e la folla che ogni domenica va allo stadio a tifare per la propria squadra preferita?
Non c’è alcun rapporto. Se quella folla va allo stadio tutte le domeniche non è certo un evento imprevedibile.
Nei gruppi ultras, protagonisti di molte azioni di violenza durante le partite, c’è un leader e un senso di fratellanza. Anche il loro si può definire un movimento?
No, li definirei piuttosto un partito violento, un gruppo bellicoso che non potendo fare la guerra fa la guerriglia allo stadio.
01/09/2007