Ricordando Domenico Russo

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In questi giorni si ricorda il XXV anniversario della morte del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e di sua moglie Emanuela Setti Carraro uccisi per mano mafiosa durante la sconvolgente stagione “stragista” delle cosche palermitane. A causa di quel tragico attentato del 3 settembre 1982, dopo tredici giorni di agonia, perse la vita anche l’agente di scorta Domenico Russo. Aveva 32 anni, di cui gli ultimi 13 passati indossando la divisa di poliziotto, una moglie e un figlio piccolo.
Aggiungiamo al commosso ricordo delle vittime di quella strage il pensiero grato per tutti i servitori dello Stato che in attività di scorta come l’agente Domenico Russo lo Stato hanno servito fino all’ultimo respiro. Sovviene la frase con cui Ugo Foscolo ha aperto i “Sepolcri”: “i monumenti funebri, inutili ai morti, giovano ai vivi”. Ai nostri eroi, va eretto il monumento più grande: la memoria e la gratitudine perenni.
In tutte le culture il ricordo degli eroi, la rievocazione del loro sacrificio al dovere di lealtà alle istituzioni è un caposaldo di civiltà, un valore inestinguibile. Ecco il motivo per cui non smetteremo di tramandare la memoria degli uomini della Polizia di Stato che hanno sacrificato la loro esistenza al dovere fino a pagare con il rischio consapevole il prezzo più alto, la vita stessa: il loro merito va riconosciuto e ricordato nel tempo, affinché possa trasformarsi in esempio per le nuove generazioni.
Ricordando Domenico Russo, vogliamo ricordare tutti quegli eroi senza eroismi per colmare un debito di riconoscenza nei confronti del loro insegnamento. Insegnamento che è fatto di puro agire etico, senza declamazioni, senza proclami, spesso nell’anonimato sofferto in uno spirito di servizio vissuto con l’umiltà dei grandi e con la fermezza dei forti. Tutto ciò nel segno di un impegno mai dismesso, anzi inseguito con determinazione e coerenza.
Ricordiamo quegli uomini perché rappresentano un inestimabile patrimonio comune e collettivo: quel patrimonio di forza democratica, nel solco della legalità più rigorosa di cui ci siamo avvalsi come Paese, come nazione, come popolo.
La guerra contro il crimine ha segnato molti lutti per chi quelle battaglie ha combattuto con indicibile impegno, fino all’estremo sacrificio. Di tutto questo sangue versato nella battaglia per la legalità e la supremazia del diritto le lapidi, ma soprattutto il ricordo indelebile di chi è caduto su quel campo, rappresentano un dovere indefettibile per ciascuno e per tutti: la memoria, il ricordo, il senso e il segno di vite alte e generose.
01/09/2007