Cristiano Morabito

Per il nostro “bene”

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Colpire la mafia attraverso il suo patrimonio, confiscandolo e riutilizzandolo per fini sociali o istituzionali. Questo compito passa ora dall’Agenzia del demanio a un nuovo commissario straordinario

Palermo, 30 aprile 1982: una Fiat 132 viene affiancata da due motociclette e due uomini, armati di pistole e mitragliette, esplodono decine di colpi contro l’automobile. Sul sedile del passeggero giace senza vita il deputato del Pci Pio La Torre, padre, insieme a Virginio Rognoni, della legge 646 del 1982 sull’aggressione ai beni dei mafiosi. Quel giorno Cosa Nostra aveva sparso terrore ma anche dimostrato di temere fortemente quella legge, che in seguito subì varie modifiche. La prima stesura già prevedeva l’inserimento di nuove misure di prevenzione a carattere patrimoniale, il sequestro e la confisca dei beni della criminalità organizzata, accanto a quelle già esistenti di tipo personale (soggiorno obbligato e sorveglianza speciale di ps). Ma solo con il decreto legge n. 230 del 14 giugno 1989 e la legge 109 del 1996 si arriverà al concetto di “riutilizzo” sia a fini istituzionali sia, soprattutto, sociali dei beni sottratti ai mafiosi. Ed è proprio questo lo scopo principale, senza dimenticare che quando si parla di “beni confiscati” tra questi, oltre agli immobili (3.372 destinati su 7.328 confische), sono ricompresi anche i terreni (810 ancora in gestione del demanio) e, soprattutto, le aziende (che al 31 dicembre 2006 sono 801) con i loro dipendenti (240 nelle 38 ancora attive). Partendo dal concetto che in molte parti ...


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01/07/2007