di Giovanni De Gennaro

Credibilità ed affidabilità...

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Signor Ministro, le sono molto grato per la sua presenza che onora questa cerimonia di insediamento del nuovo Capo della Polizia, così come lo sono nei confronti delle autorevoli personalità che hanno accolto il nostro invito ed a cui va il mio caloroso indirizzo di saluto.
Sette anni fa, signor Ministro, in questa stessa aula, abbiamo rivolto il nostro saluto al Prefetto Masone, che lasciava il suo incarico, ed è qui che quello stesso giorno è iniziato il mio percorso al vertice del Dipartimento della pubblica sicurezza.
Anche in quella occasione Ella ci onorò con la sua presenza nella veste di Presidente del Consiglio dei Ministri e ricorderà forse il mio esordio denso di trepidazione e carico di emozione.
Identici sentimenti mi accompagnano anche oggi.
È impossibile non avvertire emozione e commozione nell’atto di lasciare un lavoro così pieno di responsabilità ed allo stesso tempo così esaltante per le occasioni che, giorno dopo giorno, ti offre di mettere la tua opera al servizio di milioni di cittadini italiani e di decine di migliaia di donne ed uomini della Polizia di Stato che costituiscono, così come tutti gli appartenenti alle forze di polizia, una risorsa insostituibile per garantire le libertà fondamentali ed il rispetto delle regole della democrazia nel nostro Paese.
Non si può non essere trepidanti allorché ci si accinge ad assumere un incarico altrettanto impegnativo quale quello di dirigere l’ufficio di diretta collaborazione del Ministro dell’Interno.
Quando le ho manifestato, signor Ministro, il mio intendimento ed il mio desiderio di rimanere a lavorare nell’Amministrazione dell’Interno, nella quale ho servito con orgoglio ed altrettanta dedizione per oltre 34 anni, e di poter continuare ad assolvere alle delicate funzioni di Prefetto della Repubblica, affidatemi dal Governo ben 13 anni fa, ed allorché le ho offerto la mia incondizionata disponibilità ad assumere qualsiasi incarico correlato alla mia funzione di Prefetto ed in qualsiasi sede, non potevo certo sperare che Ella mi avrebbe chiamato al suo fianco per assolvere al delicatissimo compito di Capo del suo Gabinetto.
Grazie, signor Ministro per la fiducia che ha voluto ancora una volta accordarmi, e che già il Presidente Prodi, cui va altrettanta gratitudine, mi aveva manifestato di fronte al Parlamento. Dedicherò al mio nuovo lavoro ogni energia con la serenità e l’equilibrio che mi sono propri, ma soprattutto animato da quello spirito di servizio che i miei colleghi già conoscono per averlo direttamente verificato, per tutto il tempo in cui ho assolto all’incarico di Capo della Polizia.
In questi sette anni mi sono sempre sforzato di supportare il loro lavoro, nel pieno rispetto delle loro decisioni, e ciascuno di essi mi ha visto altrettanto pronto a fornire, spesso direttamente talvolta attraverso i più qualificati collaboratori, il mio contributo di conoscenze, di idee, di risorse, in qualsiasi momento, anche di notte o nei giorni di festa.
Non solo lo ritenevo un mio preciso dovere, ma era anche una mia ferma convinzione per un duplice motivo: il primo, che ero e sono pienamente consapevole delle difficoltà e dei problemi che i miei colleghi quotidianamente affrontano e risolvono, il secondo perché credo fermamente nell’unicità di un sistema di lavoro, che non può e non deve vedere soluzione di continuità tra l’Amministrazione centrale e quella che esplica le proprie funzioni sul territorio.
Allo stesso modello comportamentale ispirerò la mia azione lavorando accanto a lei, signor Ministro, con la stessa lealtà e determinazione che lei conosce, e con la certezza di poter contare sulla comprensione e la benevolenza di quanti mi vedranno rapidamente imparare un nuovo lavoro. A tal fine ringrazio anticipatamente tutti i miei nuovi collaboratori che sono certo mi aiuteranno a colmare in tempi record ogni probabile lacuna.
Si chiude oggi per me un periodo intenso di vita professionale dedicato per la maggior parte ai temi della sicurezza e dell’ordine pubblico, che mi ha riservato soddisfazioni e sofferenze ed a cui guardo senza nostalgia, ma con grande intensità emotiva.
Lascio il testimone ad un alto dirigente dello Stato, il Prefetto Antonio Manganelli, ma non è uno scambio di consegne, perché con lui il vero scambio di consegne è avvenuto un quarto di secolo fa, allorché insieme, nello stesso ufficio, abbiamo abbracciato un ideale comune di amore per la giustizia e per la libertà, che ancora oggi ci unisce dopo 25 anni di lavoro durante i quali abbiamo attraversato rischi, successi, sofferenze, soddisfazioni e dolori.
Non sarò certo io ad illustrare le qualità morali e professionali del Prefetto Manganelli: la sua storia parla da sola, ma desidero oggi ringraziarlo pubblicamente per l’impegno, la lealtà, la professionalità e l’affetto con cui in tutti questi anni mi è stato vicino e mi ha aiutato ad assolvere alle mie funzioni.
Grazie Antonio ed auguri di cuore per la nuova sfida che ti aspetta.
Voglio, però lasciarti in regalo le parole che il Capo dello Stato ebbe a dirmi il giorno in cui mi presentai al suo cospetto nelle mie nuove funzioni di Capo della Polizia. Nell’accompagnarmi all’uscita del suo studio mi guardò, mi strinse la mano e mi disse: “non dimentichi mai che lei ha la responsabilità di garantire la tenuta democratica di un’Istituzione fondamentale per la libertà e la democrazia nel nostro Paese e che me ne risponderà personalmente”.
Ringrazio oggi commosso il Presidente Ciampi per l’affettuosa telefonata con cui dopo le recenti decisioni sue, signor Ministro, e quelle del Consiglio dei Ministri, mi ha ringraziato dicendomi che il mio lavoro aveva rappresentato per lui un punto di riferimento certo in termini di tranquillità e di sicurezza.
Signor Capo della Polizia ho ereditato una Istituzione sana, non temo smentite nell’affermare che ti lascio una Polizia altrettanto sana, forte, trasparente, orgogliosa, consapevole dei suoi doveri di rispetto della legalità, dal più alto dirigente al più giovane agente, e soprattutto capace di guardare al suo interno con rigore e severità per prevenire e reprimere qualsiasi manchevolezza, da chiunque sia stata commessa, e per questo capace di mantenere inalterata la sua credibilità ed affidabilità, come dimostrano la fiducia e l’affetto che i poliziotti italiani riscuotono presso la quasi totalità dei cittadini. Non è mia consuetudine guardare indietro a ciò che è stato fatto. Oggi però è un mio preciso dovere dare testimonianza dei risultati conseguiti a quanti mi hanno accompagnato in questi sette anni, offrendomi una collaborazione resa ancora più preziosa da un costante confronto dialettico.
Tre sono gli aspetti dell’intenso lavoro svolto che mi preme sottolineare e sottoporre alla vostra attenzione.
Il primo è rappresentato dal riassetto organizzativo, che senza alterare l’assetto preesistente delineato dalla legge 121, ha comunque consentito alle strutture centrali del Dipartimento di configurarsi in modo tale da poter corrisponder alle mutate esigenze di sicurezza secondo le priorità che una società sempre più intransigente, in un mondo sempre più globalizzato, poneva alla nostra attenzione.
Sono così nati alcuni nuovi uffici quali la direzione centrale per l’immigrazione, la polizia postale e delle comunicazioni, le potenziate strutture antiterrorismo, i nuovi uffici di staff, i rinnovati organismi interforze. L’intera azione riformatrice è stata al contempo agevolata da un migliorato supporto logistico che ha consentito di coniugare i concetti di economicità, di efficacia e di efficienza.
Il secondo è costituito dall’impulso dato alla formazione. Questa Scuola che ci ospita ne è l’esempio più tangibile. Dalle sue aule escono ora dirigenti più consapevoli del loro ruolo nella società, veri comandanti di uomini e sapienti gestori delle risorse.
L’intero comparto formativo di tutti i ruoli ne ha beneficiato anche in termini di razionalizzazione del sistema ed i positivi effetti non tarderanno ad evidenziarsi.
Il terzo è quello dell’ordine pubblico.
Quando ho assunto la direzione del Dipartimento della pubblica sicurezza ho dovuto subito prendere atto che le strutture deputate alla gestione dell’ordine pubblico non erano adeguate alle nuove esigenze che si profilavano in termini di necessità di fronteggiare una nuova effervescenza della “piazza”.
Per quasi trent’anni, dai terribili anni ’70, non si erano più registrate nel nostro Paese esigenze di gestione di manifestazioni di contestazione anche connotate da elementi di violenza. Era questo un fattore certamente positivo di crescita nella libera manifestazione del pensiero nelle nostre strade e nella nostre piazze. Gli unici episodi di intolleranza e di violenza si erano in fondo evidenziati soltanto nel ristretto ambito delle manifestazioni sportive.
Ma tutto ciò aveva al contempo determinato una sorta di desuetudine dei nostri funzionari e dei nostri reparti a confrontarsi con manifestanti inclini alla violenza.
Fin dalla fine dell’anno 2000 ho preso consapevolezza della necessità di porre mano con immediatezza ad un’intensa opera di riorganizzazione di quelle strutture in termini di formazione tecnica e culturale.
Il mio primo atto concreto nel mese di febbraio del 2001 è consistito nell’emanazione di una circolare contenente precise direttive sulla gestione dell’ordine pubblico. Nel periodo successivo tutti i reparti a ciò destinati sono stati rinnovati nei vertici e nei quadri, sono stati dotati di nuove attrezzature (nei prossimi giorni arriveranno anche i nuovi mezzi) e di nuove sedi, si sono susseguiti per alcuni anni corsi di formazione specialistica per tutti gli operatori anche in sede interforze.
Oggi possiamo dire con soddisfazione, dopo alcuni anni d’intenso lavoro, di essere in grado di gestire l’ordine pubblico con grande professionalità ed equilibrio. Ed anche i più recenti fatti di cronaca ce ne danno atto.
Per tutto questo ringrazio i miei collaboratori, che vorrei poter citare ad uno ad uno: mi limito a ringraziarne uno solo e, certi di interpretare i sentimenti di tutti, rivolgo quindi il mio grato pensiero al Prefetto Giuseppe Procaccini, esempio illustre di servitore dello Stato, cui va la mia ammirazione di uomo, di collega, di padre.
Un ringraziamento all’Arma dei Carabinieri ed ai quattro Comandanti generali, che mi hanno affiancato nel corso del mio mandato, e grazie a tutti i vertici delle forze di polizia, dei servizi d’informazione, delle forze armate, con cui in questi anni ho avuto la fortuna di collaborare.
Il mio grazie più sincero e sentito agli uomini e alle donne della Polizia di Stato, esempi inimitabili di dedizione, generosità, altruismo, capacità di soffrire e di attaccamento al dovere. Mi hanno offerto la loro collaborazione in silenzio, con il loro sacrificio spesso oscuro, mai abbastanza riconosciuto, ed io l’ho letto nei loro sguardi, nelle loro richieste troppe volte inevase, nelle migliaia di lettere di sconosciuti cittadini che mi hanno puntualmente segnalato i loro semplici, ma significativi gesti di ordinario quotidiano eroismo.
Grazie a loro, alle loro famiglie, ai loro rappresentanti sindacali, riferimento e stimolo costante nel richiedere attenzione sulle esigenze ed i bisogni del personale di ogni ordine e grado.
Un abbraccio commosso a quanti hanno sacrificato la loro vita per il bene comune ed ai loro familiari, eroi gli uni, vittime gli altri, ma entrambi uniti dagli ideali di libertà e di giustizia per cui si è pronti a donare il bene più prezioso.
Concludo, signor Ministro, con un ringraziamento ed un augurio speciale al mio predecessore, il Prefetto Carlo Mosca, il cui esempio di onestà, professionalità e rettitudine, mi sarà di guida nel mio nuovo lavoro.
01/07/2007