Annalisa Bucchieri

Crimini & Insetti

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Protagoniste indiscusse dell’entomologia, le larve sono preziosissime collaboratrici degli investigatori della Scientifica

"La dottoressa Kay Scarpetta sposta verso la luce di una candela la provetta di vetro e osserva la larva che galleggia nell’etanolo. Capisce immediatamente a che stadio della metamorfosi è l’esemplare biancastro. Se non fosse morto, si sarebbe trasformato in una calliphora vicina, una mosca dalle sfumature verde bottiglia, e avrebbe presumibilmente deposto le uova nella bocca o negli occhi di un cadavere, oppure nella maleodorante ferita di un vivo”. Si apre così uno dei più famosi science-thriller di Patricia Cornwell e se non fosse stato per Kay Scarpetta, l’anatomopatologa creata dalla sua penna, pochi avrebbero immaginato quanto insetti, pupe e larve siano d’aiuto agli investigatori della squadra omicidi. Sono diversi anni che lo studio della loro presenza sul corpo della vittima e sulla scena del delitto, grazie alla spinta della grande scuola francese di Lille, si è formalizzato in una disciplina altamente specifica, difficile da praticare quanto ostica da pronunciare, l’entomologia forense.

L’epoca della morte e non solo
In tutte quelle situazioni in cui non è possibile trovare risposte dall’esame medico-legale del corpo, ad esempio non è praticabile un’autopsia in senso stretto perché la materia organica è molto decomposta, lo studio degli insetti sul cadavere o nelle sue immediate vicinanze consente di stabilire l’epoca della morte con un margine di errore di 24 ore anche dopo diversi giorni dal ritrovamento. Non solo: permette di accertare se il corpo sia stato spostato dal luogo del delitto, oppure sepolto, cremato, esposto all’aria aperta, o anche sottoposto a traumi e mutilazioni. Tutto ciò è reso possibile dalle conoscenze finora acquisite sul comportamento ma soprattutto sull’“appetito” degli insetti.

A qualcuno piace freddo
Dal momento della morte, infatti, e man mano che si succedono gli stadi cadaverici, specifiche squadre, chiamate dal padre dell’entomolgia forense Müller les travaillers de la mort (gli operai della morte), si susseguono secondo uno schema fisso. Queste squadre di insetti possono essere classificate in quattro categorie: necrofagi (quelli che si cibano del cadavere), necrofili (parassiti o predatori dei necrofagi), onnivori (che si nutrono in particolare di tessuti, peli, eccetera), opportunisti (quelli che utilizzano il cadavere come rifugio).
Le prime ad arrivare, da qualche minuto fino a qualche ora dopo il decesso, sono le mosche (nel bacino mediterraneo e quindi in Italia si ha a che fare con la famiglia delle calliphore), le quali depongono migliaia di uova negli orifizi naturali (orecchie, naso, occhi, bocca, ano e anche nelle ferite da taglio e da arma da fuoco). I membri delle famiglie delle sarcophagiche arrivano subito dopo e le femmine depositano le larve vitali nelle stesse aree dove si trovano le uova delle calliphore. Le larve vanno incontro a tre fasi di sviluppo, aumentando vistosamente di dimensione a ogni stadio sino a diventare dieci volte più grosse. Al termine del terzo stadio la gran parte del corpo è stato ingerito dal piccolo verme. Segue lo stadio migratorio: le larve strisciano dal posto originario fino anche a 50 metri di distanza dai resti umani, per trovare una nicchia nella quale inizia la formazione della pupa. Dall’involucro pupale emergerà pochi giorni dopo l’insetto adulto.
Se le fasi iniziali sono assolutamente predominio delle mosche, quando sta per finire il processo solforoso della putrefazione del cadavere e sta per cominciare la fase ammoniacale, quindi la degradazione proteica, entrano in ballo i coleotteri. Gli ultimi che arrivano sono gli artropodi (millepiedi, ragni, anelliformi), sempre presenti sulla scena del delitto quando vengono ritrovati solo resti scheletrici.

AAA esperti cercasi
Inutile negarlo l’entomologia è materia da scienziati con lo stomaco forte. La visione di masse di larve che brulicano fra i tessuti cadaverici fa vacillare anche la rinomata freddezza professionale dei medici legali. Tuttavia non è principalmente questo il motivo per cui gli entomologi forensi sono poche decine in tutto il mondo (all’ultimo congresso internazionale svoltosi a Bari nel giugno scorso sono convenuti 120 esperti): il fatto è che la branca in cui devono raccapezzarsi è la più estesa e vertiginosamente dettagliata della zoologia. Basti citare qualche numero per provarlo: in natura esistono un milione e mezzo di specie animali, di cui ben la metà è costituita da insetti e, per scendere nel dettaglio, quella che chiamiamo in maniera semplificativa mosca è presente in 150 mila varianti a fronte delle quali le 4.500 specie di mammiferi sono una bazzecola per i classificatori biologici.

Nelle body factories statunitensi
Per applicare le conoscenze entomologiche ai fini investigativi sono necessarie strutture di ricerca costosissime e complesse, che finora possiedono solo le polizie di pochi Paesi, come gli Usa e la Francia. In Italia del resto sarebbero a tutt’oggi scarsamente utilizzate vista (per fortuna) la bassa casistica di omicidi che affrontano i nostri detective della Scientifica, come spiega dettagliatamente proprio uno di loro, Antonio Grande, medico capo della Polizia di Stato, tra i pochi che abbia dovuto affrontare esami autoptici con l’ausilio degli insetti. “L’entomologia forense si è sviluppata soprattutto negli States, grazie all’allestimento di enormi laboratori, come le body factories utilizzate dall’Fbi o dall’Università del Tennessee, dove gli scienziati hanno avuto a disposizione sia apparati tecnici adeguati sia numerosi cadaveri su cui studiare tutte le fasi evolutive di un insetto in diverse condizioni atmosferiche. Gli investigatori nordamericani hanno avuto prima di altri colleghi stranieri l’esigenza di investire nella ricerca entomologica a causa della estensione geografica del loro Paese. In quei territori sterminati la difficoltà di trovare materialmente il cadavere in tempi brevi dalla sua uccisione – in molti casi viene abbandonato in mezzo a ostili paludi o nei deserti rocciosi – li ha messi spesso in condizioni di non potersi basare sui classici segnali della medicina legale, in primis il rigor mortis, per desumere l’epoca del decesso ma di dover ricorrere ai segni che emergono dal corpo ormai in via di decomposizione. Ovvero ricorrere agli indizi lasciati dagli insetti, che diventano risolutivi, visto che più il ritrovamento della vittima avviene a lunga distanza temporale dall’uccisione più viene meno l’accuratezza della datazione del decesso”.

Cosa succede in laboratorio
Grande spirito d’osservazione e accuratezza della repertazione. Il lavoro dell’entomologo inizia sulla scena del delitto dove oltre a prelevare il campione dell’insetto per classificarlo, deve anche registrare la situazione ambientale in cui viene rinvenuto un cadavere. Si passa così in laboratorio: la classificazione viene effettuata al microscopio individuando la tipologia del cosiddetto “rostro”, l’apparato cefalodigestivo, cioè la parte posteriore che serve al movimento e alla digestione e il numero delle spire respiratorie. Superata questa fase si reperisce una larva della stessa famiglia per farla riprodurre in condizione simili a quelle in cui è stato trovato il cadavere, rispettando i cambiamenti climatici che possono essere avvenuti dal decesso al ritrovamento. Attraverso complessi calcoli statistici (indici istar) si arriva così a verificare il tempo intercorso tra la deposizione delle uova, solitamente a ridosso del decesso e lo sviluppo della larva fino alla fase evolutiva in cui è stata trovata sulla scena del delitto.

Nuove prospettive: Dna e tossicità
Gli ultimi sviluppi di questa difficile disciplina aprono la strada a nuove utilissime informazioni. “Il futuro è l’analisi del Dna prelevato dal contenuto gastrico delle larve che hanno colonizzato la salma, al fine di riuscire a identificare la vittima”, così si esprime Francesco Introna, che nel campo è una vera autorità, avendo fondato e diretto per oltre 20 anni nell’istituto di medicina legale di Bari un nucleo di entomologia forense che tuttora è unico in Italia. Spiega Introna che poiché gli insetti mangiano materiale cadaverico, sezionando la larva e analizzandone il materiale digestivo si riescono a isolare tracce biologiche, seppur piccolissime, dalle quali estrarre il profilo del Dna del cadavere. Elemento di notevole importanza quando l’identità della vittima è sconosciuta o ancor peggio, quando materialmente la vittima non si trova perché il cadavere è stato occultato per deviare le indagini, ma sulla scena del crimine rimangono ancora gli insetti che lo avevano colonizzato. Inoltre l’esame molecolare dei succhi gastrici permette di ottenere dati tossicologici. Ad esempio si può capire se al momento della morte la vittima era sotto effetto di veleni, droghe o farmaci come ansiolitici (nel caso di resti scheletrici è rilevabile solo l’avvelenamento da metalli pesanti).
A tutti gli effetti gli insetti conquistano il titolo dei più preziosi “informatori” degli investigatori della Scientifica. Vale per loro l’inverso proporzionale: piccolo reperto, grande indizio.
Csi: l’entomologia alza gli ascolti
È sicuramente l’entomologo più famoso in assoluto e a lui va il merito di aver divulgato questa scienza tramite il piccolo schermo. È Gilbert (semplicemente Gil) Arthur Grissom, al secolo l’attore William Petersen, che interpreta il personaggio del capo del turno di notte della Scientifica di Las Vegas nella serie tv Csi (Crime scene investigation), il programma televisivo più visto al mondo, premiato con il prestigioso Emmy award nel 2006 e che vanta già due spin-off (serie derivate) ambientati rispettivamente a New York e Miami.
Grissom è un personaggio sui generis: non cura i rapporti interpersonali, ha evidenti difficoltà con l’altro sesso, la sua vita è interamente dedicata alla ricerca. Prima di poliziotto preferisce essere definito scienziato; celebri sono i suoi esperimenti sui maiali (usati per simulare un cadavere) e sugli insetti, che venera quasi fossero esseri superiori e dai quali sostiene “si può sapere tutto”. Una volta parlando di un insetto, il cychrus italicus, Grissom disse: “È una zoofaga che si nutre di chiocciole e lumache. È affascinante e allo stesso tempo metodica. All’inizio stordisce la preda, poi la uccide e alla fine la mangia ripulendone accuratamente il guscio: fantastico, un omicidio con effrazione!”. La sua squadra lo ama ma, allo stesso tempo, lo teme per le sue trovate originali, come mettere i propri campioni nel frigorifero in comune dell’ufficio, oppure quando, tentando di concentrarsi al meglio su un caso particolarmente complicato, porta i suoi dipendenti sulle montagne russe di notte (a Las Vegas si può!). Uno dei sui motti è: “Le mosche morte non mentono mai!”.
Cristiano Morabito
01/06/2007