Raffaele Miele*

Stranieri

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Ingresso, soggiorno e lavoro

I DIRITTI FONDAMENTALI DEGLI STRANIERI E IL DIVIETO DI DISCRIMINAZIONE

I diritti fondamentali
Come vedremo nelle pagine seguenti, il cittadino straniero in Italia gode di diritti e prerogative in ragione della regolarità del suo soggiorno. Infatti, solo se è in possesso del permesso di soggiorno può esercitare determinate facoltà, prima tra tutte quella di soggiornare godendo dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano. Poi, ad esempio, la possibilità di esercitare una attività lavorativa, oppure accedere ai servizi sociali.
Esiste però un “nocciolo” di diritti incomprimibili della persona umana, consacrati dalla Costituzione e dalle convenzioni internazionali che lo Stato deve riconoscere e tutelare nei confronti di tutti: italiani e stranieri, regolari e clandestini.
Tra questi ricordiamo il diritto alla integrità fisica, alla libertà personale, alla professione del pensiero e della propria fede religiosa, alla segretezza della corrispondenza, il diritto d’asilo, il diritto di difesa davanti ai tribunali e il diritto a conoscere le accuse in una lingua comprensibile.  Il diritto all’assistenza sanitaria per le cure essenziali, anche se continuative, il diritto a contrarre matrimonio, il diritto del minore all’istruzione, il diritto al contatto con la propria rappresentanza consolare; ma anche il diritto a non essere espulso verso un Paese in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzioni per motivi di razza, sesso, lingua, cittadinanza, religione, opinioni politiche, condizioni personali o sociali o dove sia in pericolo la sua incolumità personale.

Atti di discriminazione
La legge vieta atti di discriminazione.
In ogni caso compie un atto di discriminazione:
- il pubblico ufficiale o la persona incaricata di pubblico servizio o l’esercente un servizio di pubblica necessità che nell’esercizio delle sue funzioni compia od ometta atti nei riguardi di un cittadino straniero, soltanto a causa della sua condizione di straniero o di appartenente a una determinata razza, religione, etnia o nazionalità;
- chiunque imponga condizioni più svantaggiose o si rifiuti di fornire beni o servizi offerti al pubblico a uno straniero soltanto a causa della sua condizione di straniero o di appartenente a una determinata razza, religione, etnia o nazionalità;
- chiunque illegittimamente imponga condizioni più svantaggiose o si rifiuti di fornire l’accesso all’occupazione, all’alloggio, all’istruzione, alla formazione e ai servizi sociali e socio-assistenziali allo straniero regolarmente soggiornante in Italia soltanto in ragione della sua condizione di straniero o di appartenente a una determinata razza, religione, etnia o nazionalità.
Quando il comportamento di un privato o della pubblica amministrazione produce una discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, può essere presentato ricorso, anche personalmente, al tribunale in composizione monocratica.

CONDIZIONI E MODALITA’ PER L’INGRESSO DELLO STRANIERO IN ITALIA

Le possibilità di ingresso in Italia da parte di un cittadino straniero sono diverse e dipendono sia dallo scopo (esempio: turismo, studio, cure mediche, lavoro, eccetera), che dalla sua cittadinanza. In ogni caso per fare ingresso in Italia deve essere in possesso di un documento di identità, passaporto o documento equipollente, in corso di validità. Ciò significa che, in determinate circostanze, il cittadino straniero avrà facoltà di entrare in Italia senza richiedere alcuna autorizzazione, mentre in altri casi dovrà richiedere preventivamente il visto d’ingresso. Si ricorda che per stranieri si intendono gli apolidi e i cittadini che non appartengono ai 27 Paesi dell’Unione europea (Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Spagna e Svezia, Cipro, Malta, Slovenia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Polonia, Lituania, Estonia, Lettonia e dal 1 gennaio 2007 Bulgaria e Romania), ai Paesi dello Spazio economico europeo (Islanda, Liechtenstein e Norvegia), ed alla Confederazione svizzera.

Ingresso senza visto
I cittadini di numerosi Paesi stranieri possono entrare in Italia senza particolari difficoltà in quanto sono esonerati dall’obbligo del visto d’ingresso, ma solo se il motivo del loro ingresso è esclusivamente quello del turismo, missione, affari, invito e gara sportiva ed il loro soggiorno non supererà la durata di 90 giorni. In ogni caso lo straniero per poter entrare in Italia deve dimostrare alla frontiera di essere in possesso di adeguati mezzi finanziari rapportati al periodo di soggiorno, di biglietto di andata e ritorno (o prenotazione), della disponibilità di un alloggio, di una polizza assicurativa contro gli infortuni.
Qualora i cittadini delle nazioni in esenzione di visto intendano entrare in Italia per motivi differenti da quelli turistici, come nel caso del lavoro, dovranno anch’essi richiedere un visto d’ingresso.

Ingresso con visto
Il visto è una fustella adesiva applicata sul passaporto o su altro valido documento di viaggio del richiedente. È una vera e propria autorizzazione concessa allo straniero dall’ufficio visti dell’ambasciata o del consolato italiani nel Paese dove risiede abitualmente.
Attenzione: il cittadino straniero può entrare e soggiornare in Italia anche con un visto rilasciato dalla rappresentanza diplomatica o consolare di un Paese aderente alla Convenzione di Schengen (fanno parte dell’area: Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, Svezia, Islanda e Norvegia). Infatti la Convenzione stabilisce che uno straniero in possesso di un visto d’ingresso (detto uniforme) rilasciato da uno degli Stati aderenti alla stessa Convenzione, possa circolare fino a un massimo di tre mesi (ma solo per motivi di turismo) in tutti i Paesi dell’Area, senza necessità di richiedere altri visti.
Attualmente i tipi di visto sono i seguenti e ciascuno corrisponde al motivo per il quale è richiesto l’ingresso: adozione, affari, cure mediche, diplomatico, familiare al seguito, gara sportiva, invito, lavoro autonomo, lavoro subordinato, missione, motivi religiosi, reingresso, residenza elettiva, ricongiungimento familiare, studio, transito aeroportuale, transito, trasporto, turismo, vacanze-lavoro.


Sono esonerati dall’obbligo di richiedere il visto 
I cittadini dei seguenti Stati: Andorra, Argentina, Australia, Bolivia (fino al 1 aprile 2007 e da quella data rientra tra i Paesi sottoposti ad obbligo di visto), Brasile, Brunei, Canada, Cile, Corea del Sud, Costa Rica, Croazia, El Salvador, Giappone, Guatemala, Honduras, Israele, Malesia, Messico, Monaco, Nicaragua, Nuova Zelanda, Panama, Paraguay, Singapore, Stati Uniti, Uruguay, Venezuela. I cittadini di San Marino e Città del Vaticano sono esonerati dall’obbligo del visto, qualunque sia il motivo del loro ingresso in Italia. I cittadini della Svizzera sono equiparati a quelli comunitari.


SOGGIORNO IN ITALIA: ADEMPIMENTI E FACOLTA’

Il permesso di soggiorno e la dichiarazione di presenza
Prima richiesta

Possono soggiornare nel territorio dello Stato gli stranieri entrati regolarmente, con o senza visto (se in esenzione di visto) e che siano in possesso della ricevuta della dichiarazione di soggiorno (se esonerati dall’obbligo di richiedere il permesso di soggiorno), oppure di carta di soggiorno (ovvero, dal 14 febbraio 2007, dell’equivalente permesso di soggiorno Ce per soggiornanti di lungo periodo) o di permesso di soggiorno (oppure della ricevuta attestante il deposito o l’inoltro della richiesta del permesso di soggiorno) e del passaporto o documento equipollente in corso di validità.
Il permesso di soggiorno deve essere richiesto entro otto giorni lavorativi dall’ingresso nel territorio dello Stato. Il ritardo è giustificato solo per cause di forza maggiore. L’inosservanza dell’obbligo è punita con l’espulsione.
Dal 16 febbraio 2007, per effetto del decreto legge 10 febbraio 2007, n. 10, è stato soppresso l’obbligo di richiedere il permesso di soggiorno nei casi di soggiorno in Italia non superiore a novanta giorni. La richiesta è stata sostituita da una dichiarazione di presenza presentata direttamente all’ufficio della polizia di frontiera ovvero, entro otto giorni lavorativi dall’ingresso, in questura o presso un commissariato che ne rilasciano copia datata e timbrata per ricevuta. La mancata dichiarazione di presenza entro otto giorni è stata sanzionata con l’espulsione. Questa facilitazione, però, è temporaneamente venuta meno in quanto il Parlamento non ha convertito in legge il provvedimento del Governo, con la conseguenza che a partire dal 17 aprile 2007 è stato reintrodotto l’obbligo di richiedere il permesso di soggiorno anche per soggiorni inferiori a novanta giorni. Al tempo stesso in Parlamento è iniziato l’esame di un disegno di legge, a firma Bianco/Sinisi, che persegue lo stesso obiettivo di semplificazione delle procedure con l’abolizione del permesso di soggiorno per motivi di visita, turismo, affari e studi qualora la durata del soggiorno stesso sia non superiore a tre mesi. L’approvazione del disegno di legge e la sua entrata in vigore sono previsti entro il mese di aprile 2007. Da quel momento i cittadini stranieri che fanno ingresso in Italia per uno dei motivi detti e per un periodo non superiore a novanta giorni dovranno unicamente dichiarare la loro presenza alla questura con apposito modello approvat

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01/05/2007