Giulio Rosi

Il paradiso ai confini del mondo

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Infestata da trafficanti di droga e contrabbandieri fino a un decennio fa, Gibilterra, l’ultima colonia inglese mostra un nuovo volto. Soprattutto commerciale

Sull’estremo lembo sud occidentale della penisola iberica, proprio di fronte alla costa africana, troneggia un imponente promontorio tra l’Oceano Atlantico e il Mediterraneo. È Gibilterra, l’ultima colonia inglese in territorio europeo; una delle due mitiche Colonne d’Ercole. L’altra è a Ceuta, l’enclave spagnola sulla frontiera del Marocco. Gli antichi naviganti non osavano oltrepassarle perché si credeva che marcassero la fine del mondo. La sua posizione l’ha resa ideale come base militare fin dal 1779, quando gli spagnoli cercarono inutilmente di riconquistarla, soccombendo sotto le cannonate degli inglesi. Durante la seconda guerra mondiale, Gibilterra fu teatro delle leggendarie incursioni sottomarine italiane, contro la flotta inglese, a bordo dei cosiddetti “maiali”. Di queste epiche imprese sono rimasti visibili molti arsenali ed impianti dalla inconfondibile fisionomia militare, oltre a 60 chilometri di grotte scavate nella roccia e quattro ospedali sotterranei capaci di accogliere 18 mila persone in completa autosufficienza per sei mesi. Politicamente Gibilterra fa parte dell’Impero britannico, rappresentato in loco dal governatore Sir Robert Fulton; ma a capo del governo c’è un primo ministro eletto dal popolo gibraltaregno, Peter Caruana, 50 anni, una moglie e sei figli. È salito al potere nel 1996, conquistando la fiducia della gente per le sue capacità manageriali, soprattutto perché rifiutò il ritorno di Gibilterra sotto il dominio della Spagna, come previsto dal Trattato di Utrecht del 1713, nel caso improbabile, che l’Inghilterra avesse rinunciato alla sovranità sulla colonia. A Gibilterra non ci sono problemi di religione. Oltre alle due cattedrali cattoliche, ci sono quattro sinagoghe, una moschea e un tempio indù. Attualmente su un territorio di 6,5 chilometri quadrati, convivono pacificamente 30 mila abitanti di ogni razza, gli inglesi sono in maggioranza, ma anche portoghesi, spagnoli, ebrei, indiani, marocchini, maltesi e discendenti dei genovesi che qui trovarono rifugio per sfuggire all’arruolamento nell’esercito di Napoleone. Altri ne arrivarono con i bastimenti degli emigranti che facevano scalo a Gibilterra prima del salto verso l’America. Molti restarono perché sfiniti dal primo tratto di viaggio, o perché attratti dalla morfologia che ricorda la costa ligure, e crearono una comunità, di cui sono ancora testimoni i cognomi e lo stile di alcune casette marinare sulla Catalan Bay.

È, o non è, un paradiso fiscale?
“Dipende da quello che si intende per paradiso fiscale – risponde Peter Caruana – se con questo termine si vuole indicare un luogo dove le tasse per le attività commerciali e per le società internazionali che vi operano sono inferiori a quelle di Spagna, Francia o Inghilterra, allora sì, siamo un paradiso fiscale. Ma se invece si vuole indicare un territorio dove, grazie alla permissività della legge e alla complicità della polizia, sia facile esercitare attività illegali, come il riciclaggio dei soldi provenienti dal narcotraffico e da altre forme di criminalità, le dico subito che è completamente falso”. A conferma di queste dichiarazioni, Louis Wink, capo della polizia di Gibilterra, assicura che in tutti gli istituti bancari gibraltaregni, nazionali o esteri, è tassativamente vietato versare qualsiasi tipo di valuta in contanti, e che ogni operazione deve avere una provenienza chiara e documentata. “Da noi il denaro nero non ha alcuna possibilità di cambiare colore – rincara Morris Napoli, responsabile dell’unità di polizia giudiziaria – ed a riprova della qualità delle misure adottate contro il riciclaggio, il nostro governo ha invitato gli esperti del Fondo monetario internazionale a condurre un’inchiesta sulle società residenti a Gibilterra. Al termine del lavoro hanno dichiarato che, grazie alla seria regolamentazione ed ai rigorosi controlli esercitati in campo finanziario, la nostra colonia è in perfetta regola con tutte le normative mondiali”. Questo per i rapporti internazionali. Ma anche all’interno della colonia le regole sono rigide e finalizzate al corretto sviluppo sociale. “Per esempio – sottolinea John Barabich, responsabile della pubblica sicurezza e della polizia marittima – la legge non solo proibisce la vendita di alcol e sigarette ai minori di 16 anni, ma punisce anche chi si presta ad acquistarli per loro conto”.
Secondo Louis Wink, la tranquillità delle persone va tutelata come bene fondamentale per la convivenza, il progresso economico e la civiltà. “Qui – precisa l’alto dirigente – la sicurezza occupa il primo posto nella scala dei valori sociali. Scippi e rapine sono inesistenti ed i furti molto rari. Nelle zone pedonali è proibito andare in bicicletta o su pattini a rotelle. Perfino l’uso di moto acquatiche – che data la vicinanza del Marocco si presterebbe al contrabbando di droga – è vietato in gran parte delle acque territoriali. La loro importazione ed il loro impiego vengono scoraggiati attraverso una complessa burocrazia”. Wink spiega che, sempre per motivi di sicurezza, questi mezzi possono essere usati solo dai legittimi proprietari e che, in base alle passate esperienze, è stato vietato anche l’impiego di gommoni di lunghezza superiore ai sei metri. “Prima del 1996 – racconta John Barabich – Gibilterra era infestata dai contrabbandieri di sigarette e dai trafficanti di droga, che coinvolgevano perfino i loro figli in un enorme giro di quattrini e di degrado morale. Le scuole venivano disertate, il turismo languiva. I fuorilegge si servivano di potenti imbarcazioni, in grado di coprire in meno di dodici minuti le sedici miglia che ci separano dal Marocco. Erano impudenti, arroganti, esibivano macchine di lusso, gioielli ed orologi d’oro massiccio. Disponevano di radio ed equipaggiamenti di ultima generazione. Quando arrivò Caruana ci dette mano libera – ricorda Barabich – e in una sola notte sequestrammo tutte le 120 lance che formavano la loro flotta, mettendo la parola fine al commercio illecito”.

Suggestive origini geologiche
La nascita di Gibilterra risale al periodo giurassico, quando il continente europeo era unito a quello africano mediante una roccia che separava l’Atlantico da una immensa vallata, che poi venne riempita d’acqua diventando il Mediterraneo. Tutto cominciò con uno di quei giganteschi terremoti che accompagnarono l’assestamento geologico della Terra. Conseguentemente il diaframma si staccò e si capovolse. La parte sommersa emerse come la punta di un iceberg per un’altezza di 425 metri, lasciando aperta una grande voragine fra l’Atlantico e la valle. Quel grande masso calcareo, lungo quattro chilometri e largo uno e mezzo divenne il Pennone di Gibilterra. Con l’apertura della diga le acque dell’oceano irruppero nella vallata, formando una cascata mostruosa, cinquanta volte più grande delle cascate Vittoria, forse cento volte più ampia di quelle del Niagara. Il fragore assordante delle acque che si riversavano rabbiosamente nel fondovalle si poteva udire a centinaia di chilometri di distanza. Per un secolo le acque dell’Atlantico continuarono ad affluire nella grande vasca, fino a quando i due mari raggiunsero lo stesso livello. Era nato il Mediterraneo. Uno stretto passaggio lo separava dall’Atlantico: lo Stretto di Gibilterra, appunto. Ed è per il dominio di questo varco, grazie al quale si aprivano nuove strade commerciali e strategiche, che per diversi secoli si intrecceranno miti, interessi, accordi, dispute e perfino guerre.

La Gibilterra di oggi
Attualmente il turismo, favorito dal basso costo della benzina, del tabacco, dei liquori e di altri prodotti in esenzione dell’Iva, svolge un ruolo fondamentale nell’economia della colonia. Le strutture alberghiere sono in grado di accogliere convegni internazionali di vaste proporzioni. A Gibilterra ci si può sposare in un giorno come a Las Vegas. Fra le coppie celebri che lo hanno fatto figurano Sean Connery e Diane Cilento, John Lennon e Yoko Ono. Gli abitanti non pagano tasse di successione ed i residenti stranieri vengono favoriti sotto il profilo fiscale. Ovviamente i prezzi delle abitazioni sono elevati, perché i vantaggi fiscali, consistenti soprattutto nell’obbligo di pagare solo una franchigia fissa delle imposte, sono legati al possesso di una residenza. Il settore finanziario off-shore è trainante; tutte le banche del mondo vi sono rappresentate ed esistono 120 studi di avvocati, uno ogni 250 abitanti, anziani e bambini compresi.
Prima di lasciare il Mediterraneo, le più grandi navi da crociera fanno scalo e rifornimento nel porto di Gibilterra, rinomato per le riparazioni navali. Ovviamente il commercio è fiorente e i negozi sono aperti tutti i giorni feriali, quelli indiani anche la domenica. Per chi voglia tentare la fortuna sono disponibili un casinò e diverse agenzie di scommesse off-shore che pagano i premi al netto delle imposte. Le strade sono piene di ristoranti, pub e taverne di vecchio stile britannico. Tutto è utile per attrarre il turismo, anche le scimmie. La colonia inglese, infatti, è l’unico angolo d’Europa dove questi simpatici primati circolano liberamente. Una leggenda vuole che quando l’ultima scimmia andrà sotto terra, anche gli inglesi dovranno sloggiare da Gibilterra. Che la leggenda venga presa sul serio è dimostrato dall’attenzione con cui le scimmie sono curate e controllate. Se una di loro muore, c’è da giurare che viene segretamente sostituita con un’altra importata dall’Africa. La vecchia profezia potrebbe avverarsi. Da pochi mesi anche l’aeroporto, che era riservato unicamente ai collegamenti con l’Inghilterra, è stato aperto al traffico con Madrid e, di riflesso, col resto del mondo. La vicinanza della Spagna e del Marocco favorisce un turismo molto originale. Gibilterra, infatti, è l’unico luogo partendo dal quale, in una sola giornata, è possibile visitare tre nazioni (Inghilterra, Marocco e Spagna). La sua segreta ambizione, a quanto si dice, è quella di diventare una seconda Montecarlo.

01/04/2007