Paolo Graldi*
Patto per le città
Sorveglianza elettronica, task force e soprattutto cooperazione tra corpi di polizia. Questi i punti chiave del protocollo d’intesa per la sicurezza tra Viminale e sindaci
“Patto per la sicurezza”. Con questo titolo, solenne e impegnativo, Viminale e Comuni italiani hanno sottoscritto un protocollo d’intesa che raccoglie la diffusa richiesta di una maggiore sicurezza, in particolare nelle grandi città e offre un ampio ventaglio di risposte operative. Il tema, imponente e scottante, investe, in diversa misura e con differenti effetti, gran parte del territorio. Ecco, allora, nascere dalla collaborazione tra ministero dell’Interno e sindaci una strategia mai immaginata prima in termini tanto ampi e coinvolgenti: un nuovo modo di affrontare con tutti gli strumenti disponibili e con la creazione di attacchi mirati e l’utilizzo delle tecnologie più moderne le sacche di criminalità organizzata ma anche di criminalità comune oltre alle numerose zone d’ombra nelle quali il disagio sociale, l’emarginazione, l’immigrazione clandestina, divengono altrettanti fonti di comportamenti illeciti, illegali, criminali.In realtà si tratta non di uno ma di due patti per la sicurezza. Il primo coinvolge le undici città metropolitane e molti altri comuni per sviluppare progetti condivisi contro la criminalità. L’altro impegna governo e sindaci delle metropoli a siglare, nell’arco dei prossimi due mesi, singoli protocolli per la legalità che “prevedono risorse organizzative e finanziarie adeguate da parte di tutti i soggetti contraenti”. Soggetti che, dal sindaco di Roma a quello di Napoli, Torino, ed anche Milano (Letizia Moratti ha molto insistito sulle risorse da adeguare), hanno mostrato aperta soddisfazione per una svolta definita epocale. Senza giri di parole il ministro Giuliano Amato ha espresso “grande soddisfazione per la doppia intesa”: “è stato raggiunto un risultato non facile ma di grande importanza”. E ancora: “ Il protocollo e il lavoro che faremo si fondano sul principio del diritto alla sicurezza di ogni cittadino e sull’affermazione che questo diritto si realizza attraverso azioni coordinate dello Stato e degli Enti locali: ciascuno, nelle sue funzioni, garantirà il diritto dei cittadini ad avere città più sicure e più vivibili”.
Per il vice ministro Marco Minniti si deve parlare di un “accordo che costituisce un riferimento di assoluta importanza…per una piena collaborazione, una grande alleanza per affrontare modernamente il tema della sicurezza e della qualità della vita”.
Un modello strategico che cambierà il modo di intendere e di produrre sicurezza, è il giudizio incondizionato degli aderenti al patto.
“Un lampione acceso in una strada di periferia, talvolta, può più di una pattuglia. E lo stesso si deve dire di una telecamera che scruta e vigila sui flussi di traffico, rileva targhe, individua comportamenti, identifica soggetti”, con una immagine solo all’apparenza surreale un “tecnico”, tra quelli chiamati a fornire soluzioni, ha fissato uno dei tanti aspetti riconducibili ad un effettivo ed efficace controllo del territorio. Perché è il controllo delle città, delle periferie, dei vasti hinterland che distende con successo la rete di protezione intorno ai cittadini. Vedere, capire, sapere, intervenire sono i verbi intorno ai quali si muove la strategia. Ed ecco allora un pacchetto di soluzioni-innovazioni capaci di incidere come un bisturi sulle situazioni che producono le infezioni criminali. Ecco il ventaglio della deterrenza. Pattuglie miste di poliziotti, carabinieri, vigili urbani e un più intenso coordinamento operativo tra le diverse forze in campo. Numeri unici sul modello dell’americano “911” per entrare in contatto con assoluta facilità con la rete operativa delle forze dell’ordine e dei diversi tipi di intervento e soccorso. In diversi paesi europei il modello “911” è già stato adottato da tempo. Periferie degradate, abbandonate, poco sorvegliate: su queste zone verrà significativamente rafforzato il controllo integrato ed è evidente che nel mirino finirà il mondo degli spacciatori, quello della prostituzione per arrivare a colpire il pianeta della illegalità diffusa legata al lavoro nero, all’immigrazione clandestina. È previsto il rafforzamento delle unità impegnate su questi fronti caldi.
Per le emergenze è al vaglio la costituzione di una task force di un migliaio di uomini, sul modello già adottato a Napoli: questi reparti saranno impegnati, attraverso spostamenti rapidi là dove è richiesto il loro intervento, nelle situazioni particolarmente a rischio o nel caso di attività repressive e preventive di eccezionale portata. Ma un grande aiuto potrà venire da un ampliamento della cultura della sorveglianza elettronica. Gli occhi elettronici possono molto: vedono bene e possiedono memorie infinite. Gli incidenti negli stadi o in altre situazioni di ordine pubblico a rischio hanno rivelato la grande utilità sul piano della prevenzione e della ricerca dei responsabili di violenze. Su questo terreno la cooperazione tra corpi di polizia e polizie locali potrà accrescere i risultati positivi già raggiunti. Questi interventi si sposano con progetti di recupero del territorio, là dove il degrado si è accentuato e l’arredo urbano mostra troppe zone buie, autentico rifugio a cielo aperto per attività illecite di qualsiasi genere.
Il grande patto per la sicurezza, naturalmente, ha affrontato anche il delicato tema dei finanziamenti, quegli stessi che la Finanziaria ha previsto appositamente per la realizzazione di programmi straordinari ad incremento dei servizi di polizia e di soccorso tecnico nelle città, dandone facoltà di attuazione al ministero dell’Interno attraverso la formula di convenzioni con Regioni ed Enti locali. Piani su misura, che s’adatteranno come calzamaglie alle diverse condizioni nelle diverse città, affronteranno proprio il tema delle risorse. Anche questo, dopo i sessanta giorni che verranno, sarà un grande banco di prova per il “patto per la sicurezza”.
*Editorialista de Il Messaggero e de Il Mattino
01/04/2007