Marina Graziani

Piccoli boss

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Presente in molte scuole il bullismo sta diventando un fenomeno sempre più allarmante che coinvolge genitori, figli e istituzioni. A parlarne il sociologo dell’Università di Torino, Franco Prina

Di bullismo si sente parlare sempre più spesso, ma è davvero in crescita oppure ha solo assunto nuove forme? Ne parliamo con Franco Prina, professore associato di Sociologia della devianza presso la facoltà di Scienze politiche all’Università di Torino, che oltre ad essere autore di numerosi saggi, ricerche nelle scuole e coordinatore di progetti europei di prevenzione del bullismo, è anche membro del comitato scientifico dell’Osservatorio internazionale sulla violenza nelle scuole ed ex-giudice onorario al Tribunale per i minorenni di Torino.
Professore, il bullismo oggi più di ieri?
Oggi c’è una certa emergenza legata anche alla maggiore visibilità del problema, però anche in tempi passati le forme di violenza sui soggetti più indifesi erano presenti nelle scuole come in altri contesti istituzionali. Oggi cambiano un po’ le forme e c’è più visibilità, che è data da una maggiore sensibilità intorno ai diritti delle persone, intorno all’esigenza di rispettare i più deboli, questo fa sì che si colgano anche fenomeni che in passato restavano più sommersi.
Quindi anche sulla stima del fenomeno influiscono fattori di tipo culturale?
Assolutamente. Noi percepiamo ciò che andiamo a cercare. Anche negli approfondimenti andiamo ad analizzare fenomeni quando emerge una sensibilità intorno ad essi. Per fare un paragone si pensi a quanto negli ultimi tempi si è sviluppata l’attenzione sulle forme di abuso all’interno della famiglia.
E negli altri Paesi europei?
La comparabilità delle ricerche è molto difficile soprattutto da un punto di vista quantitativo. Dipende appunto dai parametri culturali di riferimento. Ad esempio la sensibilità sui diritti dei bambini, sulle relazioni interpersonali, nei Paesi nordici è sviluppatissima tant’è vero che ci sono ricerche che dicono che c’è un alto tasso di violenza. Personalmente non ho certezze che sia molto più alto, penso solo che da noi si è tematizzato di meno.
La diversa incidenza del fenomeno può dipendere anche dal contesto sociale?
Può influire. Risulta che in alcune scuole che si trovano in contesti territoriali di criminalità organizzata gli episodi di violenza e di prevaricazione fisica sono pochi. Più spesso c’è una prevaricazione che passa attraverso l’intimidazione.
Perché si manifesta a scuola?
Il bullismo ha delle radici nel contesto generale, la scuola respira il contesto, quindi la percezione che ovunque, nella nostra società come in altre, ci sia un aumento della tendenza a regolare i conflitti con la violenza a far prevalere la legge del più forte, che vi sia una perdita del senso di legalità, che ci sia una affermazione dei diritti piuttosto che dei doveri, tutto questo non deve far dimenticare che vi sono delle responsabilità specifiche della scuola. Il bullismo si manifesta in determinate forme nella scuola proprio per essere quel tipo di contesto al di la del fatto se funziona bene o meno. La scuola oggi è l’unico contenitore in cui vengono definite delle regole, in cui i ragazzi vivono delle frustrazioni che possono essere legate all’insuccesso, in cui i giovani che hanno difficoltà ad esprimersi in certi modi che la scuola si aspetta si esprimono comunque in altro modo per essere visti, per dire io ci sono.
Non a caso questo fenomeno si è manifestato in maniera molto evidente in Paesi come la Francia, dove sono presenti moltissimi ragazzi anche problematici con difficoltà a stare a scuola. Qui si sono manifestate forme di aggressività molto forti addirittura contro gli insegnanti. Però la scuola può fare molto in termini sia di prevenzione che di capacità di gestire i conflitti in un modo costruttivo quando si manifestano.
Concretamente in che modo la scuola può avere un ruolo nella prevenzione?
Il primo fronte è quello educativo. Ci sono stati molti progetti internazionali su programmi e attività che possono essere svolti nel normale percorso curriculare, in cui gli insegnanti assumono il problema delle relazioni, delle regole, del rispetto degli altri, dell’educazione alla legalità, del rifiuto della violenza come sottofondo di un processo educativo che deve accompagnare il processo di insegnamento. Il secondo fronte è quello del come si reagisce quando emergono conflitti di questo tipo, quindi sul tipo di sanzione da adottare, che sia costruttiva, di tipo riparativo. Si tratta di soluzioni che si stanno già sperimentando nell’ambito più generale della giustizia minorile. Tolti i casi più gravi già contemplati come reati, occorre ragionare sulla sanzione più adatta per l’atto di bullismo commesso, affinché la sanzione abbia un contenuto educativo.
Prevedere una autonoma figura di reato può servire?
Personalmente penso di no. Non sono d’accordo con l’idea di prevedere una specifica e autonoma ipotesi di reato di bullismo (la configurabilità in termini di reato dei singoli episodi di violenza e di prevaricazione, a seconda della gravità, c’è già). Nemmeno sono favorevole a un abbassamento dell’età dell’imputabilità. La strada da percorrere non è quella della risposta penale. Le “sanzioni” dovrebbero essere lasciate prevalentemente alla scuola e alle famiglie. Qualora dovessero intervenire i tribunali per i minorenni le sanzioni dovrebbero avere carattere riparativo magari avvalendosi dell’opera degli uffici della mediazione.


I consigli della polizia
Ormai al terzo posto in Europa, dopo la Gran Bretagna e la Francia per la sua diffusione, il bullismo nel nostro Paese registra un fatto nella cronaca di ogni giorno. Da tempo anche la Polizia di Stato ha elaborato progetti per aiutare genitori e ragazzi ad affrontare il fenomeno e aiutare a prevenirlo. Moltissime questure oltre a realizzare opuscoli da distribuire hanno organizzato incontri nelle scuole con l’aiuto di esperti psicologi e sociologi per chiarire l’argomento e offrire suggerimenti. Individuare alcuni comportamenti può essere utile per riconoscere aggressioni fisiche, verbali e psicologiche. I luoghi della violenza possono essere la scuola, la strada o i posti di ritrovo dei ragazzi. Riportiamo alcuni dei consigli degli esperti della polizia (tutti rintracciabili sul sito www.poliziadistato.it) che possono essere di aiuto ai ragazzi.
- Quando il bullo vuole provocarti, fai finta di niente e allontanati. Se vuole costringerti a fare ciò che non vuoi, rispondi “no” con voce decisa.
- Se gli altri pensano che hai paura del bullo e stai scappando da lui, non preoccuparti.
- Ricorda che il bullo non può prendersela con te se non vuoi ascoltarlo.
- Il bullo si diverte quando reagisci, se ti arrabbi o piangi. Se ti provoca, cerca di mantenere la calma, non farti vedere spaventato o triste. Senza la tua reazione il bullo si annoierà e ti lascerà stare.
- Quando il bullo ti provoca o ti fa del male, non reagire facendo a botte con lui. Se fai a pugni, potresti peggiorare la situazione, farti male o prenderti la colpa di aver cominciato per primo.
- Se il bullo vuole le tue cose, non vale la pena bisticciare. Al momento lasciagli pure prendere ciò che vuole però poi raccontalo subito ad un adulto.
- Fai capire al bullo che non hai paura di lui e che sei più intelligente e spiritoso. Così lo metterai in imbarazzo e ti lascerà stare.
- Molte volte il bullo ti provoca quando sei da solo. Se stai vicino agli adulti e ai compagni che possono aiutarti, sarà difficile per lui avvicinarsi.
- Ogni volta che il bullo ti fa del male scrivilo sul tuo diario. Il diario ti aiuterà a ricordare meglio come sono andate le cose.
- Subire il bullismo fa stare male. Parlane con un adulto di cui ti fidi, con i tuoi genitori, con gli insegnanti, con il tuo medico. Non puoi sempre affrontare le cose da solo.
- Se sai che qualcuno subisce prepotenze, riferiscilo subito ad un adulto. Questo non è fare la spia ma aiutare gli altri. Potresti essere tu al suo posto e saresti felice se qualcuno ti aiutasse.
- Se incontri il poliziotto di quartiere, puoi chiedere aiuto anche a lui.
Gianluca Picardi



Istruzione e Interno contro il bullismo
Un no deciso al bullismo è venuto dal ministro della pubblica Istruzione, Giuseppe Fioroni, che per contrastare il fenomeno ha recentemente presentato una serie di iniziative che coinvolgeranno ragazzi, famiglie e soprattutto la scuola. Il pacchetto si intitola “Smonta il bullo” e comprende la creazione di un Osservatorio permanente presso ogni Regione che lavorerà con le istituzioni locali, un numero verde (800.669.696) dove segnalare casi di bullismo a cui risponderanno una équipe di esperti (psicologi, insegnanti, genitori e personale del ministero della pubblica Istruzione) e anche sanzioni per i ragazzi recidivi alla violenza ma anche corsi di recupero.
Già in funzione il sito www.smontailbullo.it, dove i ragazzi potranno trovare informazioni utili messe a disposizioni dagli osservatori e dagli esperti del numero verde, oltre a numerose iniziative promosse dalle scuole. È qui, infatti, che si formano e si incontrano i ragazzi ed è qui, come ha sottolineato il ministro, che deve partire l’educazione al rispetto della dignità delle persone. Novità anche dal Viminale. Il ministro Amato, su una idea del Comitato nazionale antidiscriminazione e antisemitismo del ministero dell’Interno, ha previsto la creazione di un blog in cui i ragazzi potranno scrivere post per segnalare episodi di violenza, confrontarsi e fare domande agli esperti.


Difendersi anche con i libri
Ogni giorno la cronaca riporta episodi di violenza. Soprattutto dentro la scuola ragazzi sono vittime di minacce, derisioni e umiliazioni. Sono sempre più numerosi i libri di psicologi e sociologi che approfondiscono il fenomeno in costante aumento nel nostro Paese e offrono suggerimenti su come aiutare i propri figli. Tra gli ultimi contributi editoriali citiamo tre recenti pubblicazioni.

Devianze e criminalità in adolescenza (Experta edizioni, pp. 252, € 19,00) di Maura Manca, Isangela Mascia, Pasquale Striano, Gaetano Pascale). Frutto della collaborazione di psicologi, dottorandi, ricercatori e poliziotti, parte da alcuni fatti di cronaca raccontati da quotidiani e telegiornali di molte città italiane per esaminare le condotte devianti e criminali dell’età adolescenziale. Un contributo alla comprensione del bullismo e un approccio scientifico per affrontarlo.
A parlare della violenza e in particolare di quella infantile anche la psicologa e psicoterapeuta Anna Oliverio Ferraris, autrice di Piccoli bulli crescono, (Rizzoli, pp. 200, € 17,50). Secondo l’esperta l’aggressività fa parte della natura umana e del quotidiano ed è utopico pensare di contrastarla solo con interventi delle istituzioni. È necessario quindi salvare aggressori e aggrediti senza contare che la multiculturalità della società odierna impone un nuovo modo di intendere le relazioni umane, che siano più solidali verso chi è diverso. Aiutare i genitori a educare con autorevolezza i figli, riscoprire lo sport, la musica e l’arte come arricchimento della personalità, sono le possibili soluzioni per combattere anche la violenza.
Altro testo è Difendere i figli dal bullismo (Tea, pp. 349, € 9,80) scritto da Evelyn M. Field, psicologa e consulente familiare australiana. Oltre a essere rivolto a insegnanti e professionisti, il manuale ha la caratteristica di poter essere letto contemporaneamente da genitori e figli aiutandoli a riconoscere i sintomi fisici e psicologici del bullismo. Schemi e storie stimolano una riflessione comune sulla rabbia, sulla stima di sé, e sulla verifica di alcuni atteggiamenti che i ragazzi provano quando vivono l’esperienza della violenza. Uno strumento utile con consigli pratici su come capire paure e sofferenze e riuscire a gestirle e a trasformarle in esperienze di apprendimento.
Cristiano Morabito

01/03/2007