Paolo Graldi*

A ciascuno il suo ruolo

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Noi facciamo i poliziotti, voi fate i giornalisti. Possono esserci momenti in cui è utile, indispensabile confrontarsi e molti altri nei quali ciascuno deve poter fare il proprio mestiere

Il direttore ci chiamava “gli inviatini della nera”. Eravamo “ragazzi”, acerbi e appassionati, ai primi passi nella cattedrale del giornalismo, il mitico Corriere. Ci abitavano Biagi, Montanelli, Buzzati, Montale. A noi, appena arrivati, ci buttavano sui fatti di cronaca nera: delitti, intrighi, rapine, sequestri. La sera alle sette andavamo, a turno, alla Mobile. Era l’ora della conferenza stampa del capo. In quegli anni, a Roma, su quella poltrona incandescente c’era Salvatore Palmeri. Sbirro di gran classe. Sapeva suonare tutti gli strumenti dell’investigatore. Era nato a Barcellona, quella in Sicilia, e s’era portato dietro l’accento della sua terra ma anche l’umanità di quella gente. Aveva un gran fegato, il dottor Palmeri. Una volta fu trafitto da un proiettile e stava per rimetterci la pelle. S’era fatto avanti per disarmare un matto che si credeva Pecos Bill.
Lui, Salvatore Palmeri, ci fece toccare con mano qualcosa che avremmo ritrovato tante altre volte nel nostro lungo corso di cronisti, ma che in lui aveva un tratto speciale: il rispetto del ruolo. Noi facciamo i poliziotti, voi fate i giornalisti. Possono esserci momenti in cui è utile, indispensabile confrontarsi e molti altri nei quali ciascuno deve poter fare il ...


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01/03/2007