Lorenzo D’Onofrio

Nuove regole per le intercettazioni

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La diffusione indiscriminata di conversazioni telefoniche registrate in modo illecito ha reso necessaria l’emanazione di nuove e più severe norme di controllo

Premessa
La legge 281 del 20 novembre 2006 ha convertito con modificazioni il decreto legge n. 259 del 22 settembre 2006, recante disposizioni urgenti per il riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche.
Il provvedimento, che si compone di cinque articoli (il quinto riguarda l’entrata in vigore, avvenuta il 22 novembre 2006), ha la finalità di contrastare la diffusione dei contenuti di intercettazioni illecitamente effettuate e di documenti formati con illegale acquisizione di informazioni.
Il testo legislativo è in sintonia con l’art. 15 della Costituzione, il quale prescrive che la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili e che la limitazione può avvenire solamente per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge.

Documenti anonimi, atti relativi
ad intercettazioni illegali e documenti contenenti informazioni illegalmente acquisite
L’art. 1 ha sostituito l’art. 240 del codice di procedura penale, cambiando la rubrica da “Documenti anonimi” a “Documenti anonimi ed atti relativi a intercettazioni illegali” ed aggiungendo al comma 1, che è rimasto invariato, altri 5 commi.
Il non modificato comma 1 dispone che i documenti che contengono dichiarazioni anonime non possono essere acquisiti né in alcun modo utilizzati, salvo che costituiscano corpo di reato o provengano comunque dall’imputato.
In relazione a tale norma l’art. 333, comma 3 cpp prescrive che delle denunce anonime non può essere fatto alcun uso, salvo quanto disposto dall’art. 240. Si richiamano in materia anche gli articoli 108 delle disposizioni di attuazione del cpp e l’art. 5 del regolamento per l’esecuzione del cpp, che disciplinano le modalità ed i termini (5 anni) per la conservazione delle denunce e dei documenti anonimi. Abbastanza articolata è la procedura, indicata nel prosieguo dell’articolo, per l’eliminazione degli atti relativi alle intercettazioni illegali ed ai documenti contenenti notizie illecitamente acquisite.
Il pubblico ministero dispone l’immediata secretazione e la custodia in luogo protetto dei documenti, supporti ed atti concernenti dati e contenuti di conversazioni o comunicazioni illegalmente formati o acquisiti, nonché dei documenti formati attraverso la raccolta illegale di informazioni. Di tali atti non è consentito effettuare copia, né alcuna utilizzazione e di essi il pm entro 48 ore dall’acquisizione chiede al giudice per le indagini preliminari la distruzione.
Il gip entro le successive 48 ore fissa l’udienza da tenersi entro 10 giorni, ai sensi dell’art. 127 cpp, (la norma riguarda il procedimento in camera di consiglio), dando avviso alle parti interessate, che potranno nominare un difensore di fiducia almeno tre giorni prima della data dell’udienza.
Nel corso dell’udienza il giudice, sentite le parti comparse, adotta e legge il provvedimento e nel caso ritenga la sussistenza dell’illecita acquisizione della documentazione di cui sopra, ne dispone la distruzione e vi dà subito dopo esecuzione alla presenza del pm e dei difensori delle parti.
Delle operazioni di distruzione è redatto verbale nel quale si dà atto dell’avvenuta intercettazione o detenzione o acquisizione illecita dei documenti, dei supporti e degli atti sopra indicati, nonché delle modalità e dei mezzi usati oltre che dei soggetti interessati, senza alcun riferimento al contenuto dei documenti, supporti ed atti, di cui è stata disposta la distruzione.
L’art. 2 ha integrato l’art. 512 del cpp relativo alla lettura nel dibattimento di atti per sopravvenuta impossibilità di ripetizione, aggiungendo al comma 1 il comma 1-bis, il quale dispone che è sempre consentita la lettura dei verbali relativi all’acquisizione ed alle operazioni di distruzione degli atti di cui in precedenza si è accennato.

Limiti del provvedimento distruttivo e rilevanza probatoria del relativo verbale
La relazione al decreto legge 259/2006 chiarisce “che per illecita intercettazione o illecita acquisizione dei dati si devono intendere quelle effettuate senza l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria”, si dovrebbe quindi ritenere che rimangano fuori da tale disciplina le intercettazioni effettuate con l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria, ma eseguite fuori dei casi consentiti dalla legge (art. 103. co. 5 e 266 cpp) o qualora non siano state osservate le disposizioni del cpp indicate dall’art. 267 e dai commi 1 e 3 dell’art. 268. In questi casi, a norma del successivo art. 271, commi 1 e 3, è pure prescritta la distruzione della documentazione delle intercettazioni, ma con disciplina diversa, essendo previsto che il giudice, in ogni stato e grado del processo, dispone la distruzione dell’anzidetta documentazione, salvo che costituisca corpo del reato.
Non ci dovrebbero essere dubbi circa l’estensione di questa legge alle intercettazioni ambientali, senza l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria, alle quali non fa espresso riferimento la disposizione in esame, sia perché soggette, come le altre, all’autorizzazione dell’autorità giudiziaria, sia perché gli interessi lesi sono gli stessi, anzi in questi casi l’intrusione nel privato è più rilevante.
Le intercettazioni preventive di cui all’art. 226 delle disposizioni di attuazione del cpp non hanno rilevanza nel procedimento penale, ma solamente finalità investigative. Per effettuarle è richiesta l’autorizzazione del procuratore della Repubblica del distretto dove si trova il soggetto da sottoporre a controllo o, nel caso non sia determinabile, del distretto in cui sono emerse le esigenze di prevenzione. Al termine delle operazioni detta autorità, verificata la conformità delle attività compiute all’autorizzazione, dispone l’immediata distruzione dei supporti e dei verbali.
Nel caso di illegale intercettazione di tali comunicazioni, cioè senza l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria, è da ritenere che anche le stesse siano soggette, in deroga a quanto disposto dal citato art. 226, alla disciplina della presente legge.
I documenti formati attraverso l’illegale raccolta di informazioni possono essere di vari tipi, ma tra questi rientrano indubbiamente anche quelli in contrasto con le disposizioni del dlgs 196/2003, relativo alla protezione dei dati personali.
Con il verbale di distruzione viene eliminato il contenuto delle intercettazioni e dei documenti, ma evidenziata l’attività illecita svolta ai fini di provare la responsabilità di chi ha operato illegalmente.

Detenzione illegale di materiale di cui è stata disposta la distruzione
L’art. 3 punisce con la reclusione da 6 mesi a 4 anni la consapevole detenzione degli atti, supporti o documenti di cui sia stata disposta la distruzione. La pena è la reclusione da 1 a 5 anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio.
In relazione all’entità della pena è consentito l’arresto in flagranza (art. 381, comma 1 cpp), ma non il fermo di polizia giudiziaria (art. 384 cpp).
In questi casi la polizia giudiziaria dovrà poi accertare se l’autore dell’illecita detenzione sia anche responsabile della ricettazione di tali atti oppure l’autore o il concorrente nella formazione o acquisizione illecita degli stessi.
Si richiamano in materia le disposizioni del cp, tra cui l’art. 617 (cognizione, interruzione o impedimento illeciti di comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche), nonché l’art. 167 del già citato dlgs 196/2003, che sanziona penalmente varie violazioni alle norme poste dallo stesso testo normativo a protezione dei dati personali.

Azione riparatoria
L’art. 4 prescrive che i soggetti ai quali gli atti o i documenti illegalmente acquisiti fanno riferimento possono chiedere, a titolo di riparazione, all’autore della pubblicazione degli atti o documenti illegali, al direttore responsabile e all’editore, in solido tra loro (art. 1292 cc), una somma di denaro corrispondente a 50 centesimi per ogni copia stampata (l’estensione della responsabilità è prevista solamente in questa ipotesi); oppure da 50.000 a 1.000.000 di euro, secondo l’entità del bacino di utenza ove la diffusione sia avvenuta con mezzo radiofonico, televisivo o telematico; in ogni caso l’entità della riparazione non può essere inferiore a 10.000 euro.
L’azione si prescrive nel termine di cinque anni dalla data della pubblicazione (si prescinde dalla data della effettiva conoscenza e si richiede non la semplice diffusione, ma la pubblicazione).
Agli effetti della prova della corrispondenza degli atti o dei documenti pubblicati con quelli illegalmente acquisiti fa fede il verbale di distruzione degli stessi.
Il procedimento per ottenere la somma a titolo di riparazione è quello previsto per i procedimenti cautelari di cui agli artt. 669 bis e seguenti del codice di procedura civile.
Rimangono ferme le competenze del Garante previste dal dlgs 196/2003 per la protezione dei dati personali, circa i provvedimenti che può adottare ove rilevi, d’iniziativa o su segnalazione dell’interessato, l’illecita diffusione di dati o documenti.
La somma a titolo di riparazione, pur essendo di natura civile, non preclude l’azione per il risarcimento dei danni, che può essere esperita in sede civile o mediante la costituzione di parte civile nel procedimento penale (art. 74 cpp in relazione all’art. 185 cp). In questo caso il giudice per la determinazione del danno terrà conto della somma corrisposta a titolo di riparazione.
La disposizione presenta analogie con quanto previsto per il reato di diffamazione commesso col mezzo della stampa. L’art. 12 della legge 41/1928 prescrive per questo delitto che la persona offesa può chiedere, oltre al risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 185 cp, una somma a titolo di riparazione, che è determinata in relazione alla gravità dell’offesa ed alla diffusione dello stampato.              

01/01/2007