Giulia Bertagnolio

Ascanio, un cantastorie di oggi

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Fa teatro in modo nuovo, pescando nella memoria della gente comune. Celestini racconta il suo successo con la s minuscola

Ascanio Celestini è uno dei più giovani e impegnati autori-attori del filone “teatro della memoria”. Con i suoi monologhi e le sue arti affabulatorie incanta: una voce pacata e riflessiva, uno stile semplice, pulito, emozionante. Fatto di piccole storie, di vicende familiari, della vecchia Roma, di quotidianità. Negli spettacoli a teatro le voci si moltiplicano; a parlare sono i posti, i ricordi, le strade, le persone. Mentre la platea tace, assorta. Nel 2002 l’Associazione nazionale dei critici di teatro gli ha assegnato un premio e anche il riconoscimento speciale per la sua ricerca della “storia dentro la storia”. Da allora, una sequenza di successi: Scemo di guerra, Radio Clandestina, Fabbrica. Ma senza clamore. Nella giungla delle produzioni commerciali Celestini è un’isola. Più che mai “felice”, ora che è papà.
Nelle sue opere la storia e la memoria sono molto presenti, quasi sempre un filo conduttore. Perché questa scelta?
Io dico sempre che “la memoria è un po’ come un mazzo di chiavi”: devo sempre ricordarmi dove lo metto, perché mi servirà ogni giorno per aprire la porta e fare rientro nel mio spazio più intimo. Il passato ci deve servire come carico per essere migliori. Ecco perché amo raccontare le vicende dei miei genitori o dei miei nonni, intrise di semplicità. Non mi piace associare il concetto di “memoria” a qualcosa di nostalgico o vecchio. Come trovo pericoloso anch ...


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01/01/2007