Claudio Coluzzi*

All’ombra della Reggia

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Caserta continua a mostrare una doppia identità: città di illustre patrimonio culturale chiamata a misurarsi con la criminalità organizzata

Nell’antica denominazione era Terra di Lavoro, l’area forse più qualificante della Campania Felix, che si estendeva da Napoli al confine col basso Lazio.
Agricoltura florida, grandi e prestigiose città monumentali come Aversa, Capua e Santa Maria Capua Vetere. Una storia di convivenza civile e democratica che affondava le sue radici nello sviluppo di popolazioni preromane (ne è testimonianza il Mitreo di Santa Maria Capua Vetere), romane (l’anfiteatro di S. Maria), normanne (il centro storico di Aversa), medievali (il Borgo di Caserta vecchia) e borboniche (la Reggia del Vanvitelli, ma anche il Real Sito di San Leucio, primo esempio in Italia di organizzazione industriale a statuto speciale, famoso in tutto il mondo per la lavorazione della seta).
Terra di Lavoro ha poi compiuto dei passi da gigante anche se non sempre lo sviluppo urbanistico, quello industriale e commerciale, la riduzione degli spazi riservati all’agricoltura e la valorizzazione di prodotti tipici legati alla zootecnia (una per tutte la produzione di mozzarella), hanno dato vita ad un’articolazione ordinata ed efficiente. Il risultato è che ora esiste una vasta fascia completamente urbanizzata e più vicina a Napoli (l’Agro aversano), una parte litoranea con ben 27 chilometri di costa bellissima, ma aggredita dall’inquinamento e dalla crisi del turismo (litorale Domitio), ed una zona montana ancora incontaminata fatta di monti, verdi vallate e paesini in cui il tempo sembra essersi fermato (il Matese).
In questo contesto, purtroppo, le attività criminali, organizzate e non, hanno avuto ed hanno larga diffusione. Il clan dei Casalesi, originario dell’Aversano; i La Torre sul litorale domiziano; i ...


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01/12/2006