Franco Di Mare*

Meglio di Capitan Miki

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Continuo a vedere quella scintilla negli occhi dei nostri poliziotti (...) quando faccio l’inviato del telegiornale, impegnati in operazioni multinazionali, o nella città del nostro Paese, mentre lavorano per garantire sicurezza e legalità, sempre a fianc

Sono nato a Napoli, città difficile e meravigliosa, qualche decennio fa. Quando ero bambino i miei genitori si trasferirono in un quartiere di nuova costruzione. Eravamo in una di quelle aree che gli urbanisti definiscono di nuova residenzialità.
La città cresceva velocemente, spinta dal boom economico e in quel quartiere in espansione si trovava un po’ di tutto, come in un’abitazione nuova dopo un trasloco, quando, tra scatoloni e pacchi, ai mobili vecchi si affiancano quelli nuovi. Così al vecchio tessuto agricolo della zona si aggiungevano i fili delle nuove abitazioni borghesi e gli edifici pubblici sostituivano i prati, l’edilizia residenziale occupava il posto delle terre coltivate a melanzane.
La trama sociale del quartiere era disordinata almeno quanto quella urbanistica. La presenza dei contadini si riduceva sempre più, mentre la zona si popolava di impiegati, operai e professionisti. In quella sorta di isola cittadina in cui era capitata la mia famiglia sembrava non esistesse una distinzione urbanistica legata all’estrazione sociale o al reddito. E così capitava che chi possedeva una Lancia Flavia si trovasse a vivere porta a porta con chi aveva firmato pile di cambiali per acquistare la lavatrice.
Noi ragazzini crescevamo senza saperlo in un laboratorio sociale e umano unico. I m ...


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01/12/2006