Scatto vincente

CONDIVIDI

Poliziamoderna prolunga i termini del concorso fotografico e raddoppia il tema. Ecco perché

La rivista rilancia il concorso fotografico Scatto Vincente (il bando completo è visibile sul sito www.poliziamoderna.it) per dare tempo fino al 10 gennaio 2007 agli abbonati di inviare non solo immagini che raccontino la polizia ma anche immagini “a tema libero” che rappresentino al meglio la loro creatività. Fotografia come mezzo di documentazione, fotografia come espressione individuale: lo scatto raddoppia, la possibilità di vittoria pure. Del senso di questa scommessa ci parla il presidente della giuria del concorso Emanuele Costanzo, direttore di FotoCult, una delle riviste più giovani e innovative del settore.

Un grande autoritratto
Quando sento la parola polizia penso a quello che disse Pasolini, quando mise in crisi la sinistra affermando di sentirsi molto più vicino ai poliziotti, veri figli del popolo, che agli studenti contestatori con le spalle coperte. E che per diverso tempo ho pensato di diventare poliziotto anch’io, prima di cedere al conformismo di una carriera nel diritto. Il caso ha voluto, buon per me, che mi innamorassi della Fotografia in tempo utile a non vestire la toga. Con tutto il rispetto per la toga, s’intende. E da innamorato della fotografia, credo che contribuirà a meglio delineare l’immagine che ho della Polizia di Stato. Non è la prima volta che sono chiamato a presiedere la giuria di un concorso fotografico, ma questa, in particolare, mi incuriosisce perché il tema porta con sé non solo implicazioni di carattere tecnico, ma anche psicologico: le fotografie che parteciperanno al concorso saranno frammenti di un unico grande autoritratto, quello di un’istituzione e dei suoi componenti.

Il successo di un concorso fotografico
In genere un concorso fotografico è un momento di confronto, crescita, stimolo, sia per chi partecipa sia per chi si limita a osservare gli sforzi altrui. Lo dico anche per esperienza personale: al primo concorso cui ho partecipato non sono stato neanche segnalato; all’ultimo – sono passati ormai un po’ di anni – ho vinto il primo premio, e la soddisfazione è stata enorme. Il buon esito di un concorso nel suo complesso, oltre che dal valore dei partecipanti, è dato innanzitutto dalla giuria, dalla sua buona fede e dai canoni di valutazione ai quali si ispira. La fotografia amatoriale italiana, ad esempio, per qualche decennio è stata penalizzata dai soliti noti, ovvero un gruppo di giurati provenienti dai circoli più influenti che, premiando ciclicamente i propri affiliati e amici, hanno fatto sì che anche il resto dell’inconsapevole gregge iniziasse a fotografare allo stesso modo. Internet e l’intelligenza collettiva, cui in certi casi dà vita, stanno lentamente ponendo rimedio alla stasi delle menti creative. Il linguaggio fotografico sta assumendo le forme più variegate, una sorta di nuovo brodo primordiale da cui emergerà una forte corrente dominante. A ben vedere, essere giurati oggi dà una certa responsabilità: è tempo di porsi di fronte alle nuove espressioni con mente sgombra da schemi e pregiudizi.

L’aspetto narrativo e quello tecnico-stilistico
Nella lettura di una fotografia è importante unire l’aspetto stilistico a quello narrativo in contrapposizione a quello tecnico. Tempo fa una lettrice ha spedito in redazione cinque fotografie in verità piuttosto insignificanti prese singolarmente e anche tecnicamente imperfette; ho preferito non dare subito il parere richiesto e il giorno appresso, dopo una riflessione inconscia, mi sono trovato a sovvertire l’ordine di quelle fotografie e a trarne un poetico racconto. Io non ho aggiunto nulla, tutto era già presente, solo in modo disordinato. La cosa è piaciuta tantissimo alla ragazza, tanto che ha iniziato a capire le potenzialità del mezzo fotografico e a fare, come conseguenza inevitabile e naturale, dei reportage. Per assecondare la sua spinta narrativa ha dovuto affinare la tecnica, dapprima sottovalutata, e lo stile è divenuto sempre più personale e adeguato all’iter narrativo. Ora lavora per una nota agenzia di fotografi, ma non sarebbe arrivata dov’è senza una preparazione completa sia sotto il profilo tecnico che culturale.

Perchè mostrare le proprie foto e farle giudicare
Fotografare dà la misura di sé, ci si conosce meglio anche solo ragionando sul fatto che un genere di fotografia ci attrae più di un altro. Mostrare le proprie fotografie trasforma l’atto creativo, che a volte può anche essere mosso da puro autocompiacimento, in una condivisione dalla valenza enorme, purtroppo spesso sottovalutata dalla maggior parte dei fotografi.
Fotografare è un’urgenza, una necessità sentita da vasti strati della popolazione, di qualsiasi età, sesso, censo. Si fonda sulla necessità di comunicare, di diffondere, di condividere. È un volano della conoscenza. Chi fotografa con questo spirito non sa trattenere la propria voce, non sa chiudere le proprie foto nel cassetto.       

01/11/2006