Carmen Lasorella
Impertinenza e umanità
Ci sarebbero due o tre occasioni, assolutamente diverse tra loro, in cui della Polizia ho potuto apprezzare il tratto umano, la competenza e perfino l’impertinenza
Frugo nella memoria, ma qualcosa di veramente importante per raccontare il mio rapporto con la polizia non la trovo, (per fortuna?!) almeno con quella italiana. All’estero, ho vissuto un fermo nello Yemen – e quella cella piena di scarafaggi e di puzzo di urina, aggiunge solo una pagina al diario di un inviato – a Parigi ho affrontato un processo, perché correvo a rotta di collo con una vespa dopo la notizia della bomba all’Etoile, a Berlino ho preso un colpo di manganello (ma con tante scuse) durante una manifestazione di skinheads, a Vienna, l’ottusa intransigenza di un ufficiale nella stagione di Haider sfociò in un alterco, che poteva finire peggio.
Episodi pressoché normali anche questi, comunque, per chi fa il mio mestiere, laddove il volto della polizia ovunque è duro e cortese: “dai giornalisti mi liberi Iddio, che ai ladri ci penso io!” Però, pensandoci bene, escluse multe, furti subiti e feste e parate ci sarebbero due o tre occasioni, assolutamente diverse tra loro, in cui della polizia – e mi riferisco allo nostra – ho potuto apprezzare il tratto umano, la competenza e perfino l’impertinenza.
L’impertinenza? Ebbene sì. Devo tornare indietro di molti anni.
Ero minorenne, ma guidavo una moto di grossa cilin